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NEL 1999, IL NEOPREMIER PUTIN DISSE: “AMMAZZEREMO I TERRORISTI ANCHE AL CESSO” - EPPURE 18 ANNI DOPO CONTINUANO GLI ATTENTATI E PER I RUSSI I RESPONSABILI SONO I CECENI, I “CAUCASICI”, TRASFORMATI DALLA PROPAGANDA ISLAMICA DA RIBELLI NAZIONALISTI IN JIHADISTI

ramzan kadyrov ramzan kadyrov

Anna Zafesova per “la Stampa”

 

Nel settembre 1999, un politico all' epoca quasi sconosciuto, il neopremier Vladimir Putin, rassicurò i russi promettendo di «ammazzare i terroristi anche al cesso», una frase che fece schizzare alle stelle la popolarità del futuro presidente russo, e formò la sua immagine di «uomo forte».

 

ramzan kadyrovramzan kadyrov

Diciotto anni dopo, Putin è ancora Presidente, e il terrorismo continua a colpire, anche se le stragi di centinaia di persone, come le bombe sotto i palazzi di Mosca nel 1999, e le prese di ostaggi al teatro sulla Dubrovka, nel 2002, e alla scuola di Beslan, nel 2004, per fortuna non si sono più ripetute.

 

Ma gli aerei, i treni, i filobus e i mercati restano un bersaglio, nonostante i metal detector onnipresenti, le videocamere e i body scanner, e gli annunci nella metropolitana che mettono in guardia contro gli oggetti sospetti lasciati incustoditi.

 

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Per i russi tutti questi massacri hanno un solo nome: i ceceni, i «caucasici» in generale, gli eterni nemici, i cattivi per eccellenza. Ieri alcuni propagandisti televisivi hanno lanciato l' ipotesi di una «pista ucraina», ma la foto dell' ipotetico attentatore diffusa dalla polizia ha regalato all' opinione pubblica il volto del solito sospetto barbuto e dalla pelle scura.

 

CECENIA - MANIFESTAZIONE CONTRO LE VIGNETTE SU MAOMETTOCECENIA - MANIFESTAZIONE CONTRO LE VIGNETTE SU MAOMETTO

Una guerra cominciata molto prima della nascita dell' Isis e addirittura di al Qaeda: a parte i trascorsi ottocenteschi dell' imam Shamil, è dal 1995, quando Shamil Basaev sequestrò centinaia di persone nell' ospedale di Bubionnovsk per chiedere (e ottenere) una tregua in Cecenia, che per i russi la minaccia parla ceceno.

 

Grozny veniva accerchiata e bombardata con modalità simili alla Aleppo di vent'anni dopo, e i guerriglieri parlavano di nazione e libertà, menzionando Allah solo sporadicamente. Poi arrivarono gli imam e i soldi dei sauditi e dei turchi, la nuova leva di ribelli si cinse la fronte con la fascia verde e importò dal Medio Oriente l'uso dei kamikaze: per più di dieci anni le «vedove nere» sono state un incubo di chiunque si sedesse in un aereo accanto a una donna con il capo coperto.

GUERRA IN CECENIAGUERRA IN CECENIA

 

Il terrorista così si trasformò da semplicemente ceceno in islamista, e le simpatie pacifiste dei media furono abbandonate, «con i terroristi non si tratta» è la parola d'ordine del Cremlino, e nel teatro Dubrovka nel 2002 il gas delle truppe speciali fece molte più vittime dei guerriglieri ceceni, 125 contro 5.

 

Da allora, gli attacchi terroristici di origine caucasica - i kamikaze venivano non solo dalla Cecenia, ma dall'Inguscetia e dal Daghestan, da tutto il Caucaso russo, musulmano, tribale, povero e corrotto - non furono più un ricatto politico, ma terrore puro. E ogni attacco aveva ricadute politiche interne: dopo la Dubrovka fu dato un colpo alle tv indipendenti, dopo le 330 vittime di Beslan Putin lanciò la sua riforma politica più massiccia, abolendo le elezioni dirette dei governatori regionali, dopo il duplice attentato con 34 vittime a Volgograd negli ultimi giorni del 2013 furono approvate le leggi contro i blogger e le manifestazioni in piazza.

 

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Fu l'ultimo grande attentato rivendicato dai fondamentalisti caucasici: dopo, l' agenda del Cremlino mise in cima l'Ucraina e la nuova Guerra fredda, e il problema ceceno sembrava passato in secondo piano, ridotto dal pugno di ferro del presidente ceceno Ramzan Kadyrov a una guerriglia locale di bombe e imboscate quotidiane, globalizzata con il jihad in Siria e altrove, di cui però si preferisce non parlare.

 

Così come, nell'ottobre 2014, il Cremlino accettò molto malvolentieri l'idea che l'aereo con più di 220 turisti russi esploso sopra in Sinai fosse una strage dell'Isis, temendo il venire meno dell' entusiasmo dell' opinione pubblica per l' intervento in Siria a fianco di Bashar Assad.

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La strage a Pietroburgo - colpita per la prima volta, dopo che per anni il terrorismo fondamentalista aveva preso di mira Mosca e le città limitrofe al Caucaso - arriva in una settimana già difficile per Vladimir Putin, dopo le proteste dei giovani nelle piazze russe e l' ipotesi di un' alleanza con Donald Trump sempre più remota. Poche ore prima aveva annunciato il rinvio della annuale diretta televisiva in cui il Presidente risponde alle domande dei russi. Ora dovrà anche rassicurarli per il ritorno di una paura, il terrorismo, che dopo vent' anni sembrava passata in secondo piano.

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