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DAGOREPORT – SE C’È UNO SPIATO, C’È ANCHE UNO SPIONE: IL GOVERNO MELONI SMENTISCE DI AVER MESSO…
Giulia Ulrich per www.ilgiornale.it
Potrebbe finalmente essere la volta buona dopo decenni di tentennamenti e proposte a vuoto: a breve le carceri italiane potrebbero essere dotate di "spazi per la cura degli affetti", tradotte giornalisticamente come "love rooms", e mettere la parola fine alla "pena accessoria di fatto" della negazione della sessualità dei detenuti.
Lo spunto è contenuto nel ddl che delega il governo a effettuare "modifiche al codice penale e al codice di procedura penale per il rafforzamento delle garanzie difensive e la durata ragionevole dei processi nonché all’ordinamento penitenziario per l’effettività rieducativa della pena", in questo momento in discussione nella commissione Giustizia del Senato.
All'art. 31 del provvedimento in esame, e che "se tutto va bene -dice il relatore, Felice Casson, ex magistrato e ben conscio delle condizioni carcerarie per la sua lunga esperienza di inquirente- potrebbe essere approvato in aula prima della pausa estiva" è la lettera "n" ad aprire la strada alle love rooms. Il governo viene delegato alla "previsione di norme che considerino i diritti e i bisogni sociali, culturali, linguistici, sanitari, affettivi e religiosi specifici delle persone detenute".
"Anche in questo campo -dice Casson- siamo molto arretrati rispetto al resto d'Europa. E non da poco tempo: già negli anni '80, dunque nel dopo Franco, andai per interrogatori nelle carceri spagnole di massima sicurezza, e lì venni a conoscenza di luoghi dedicati ai rapporti affettivi dei detenuti. In altri paesi questa è una condizione in atto da molti anni, e consentire la cura dei rapporti affettivi è fondamentale nell'ambito della pena come rieducazione, in piena attuazione dell'articolo 27 della Costituzione".
Una negazione, quella della vita sessuale e affettiva del detenuto, sia esso uomo o donna, che viene dalla notte dei tempi ma che nella storia recente della civile Europa appartiene sempre di più al passato. "Sui 47 Stati del Consiglio d'Europa sono ad oggi 31 quelli che, sotto varie forme che a volta cambiano anche all'interno dello stesso paese -dice Mauro Palma, recente presidente del collegio del Garante del detenuto- autorizzano le visite affettive ai detenuti": cioè la possibilità di avere spazi e tempi fuori dall'onnipresente controllo carcerario, per ottenere l'intimità negata dalle condizioni ristrette.
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