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Francesco De Dominicis per “Libero Quotidiano”
Dunque, ci siamo: parte ufficialmente il Grande fratello dei conti correnti bancari. Chiunque finirà sotto la lente del fisco. Da oggi l' agenzia delle Entrate avrà a disposizione tutti i dati sui clienti degli istituti di credito: saldi, giacenza media, movimenti, bonifici, carte di credito e bancomat, assegni. Una valanga di informazioni che dovrà essere sfruttata per la lotta all' evasione.
Fatto sta che l' amministrazione finanziaria saprà quando siamo andati a cena e il conto pagato al ristorante, quando facciamo benzina, se facciamo la spesa al supermercato o all' alimentari sotto casa, dove fanno sport i nostri figli e le informazioni sulle vacanze. E ancora: i libri che leggiamo, gli abbonamenti a giornali e riviste, ai servizi online, pay tv, utenze domestiche (e relativi consumi).
La lista potrebbe essere nettamente più lunga, ma la sostanza non cambia. Visto che ormai paghiamo quasi tutto con carte di credito, bancomat e bonifici (solo i furbetti delle tasse usano in via esclusiva il cash), la nostra vita è tracciata passo passo dai movimenti bancari.
E al cervellone del fisco, da oggi, arriveranno tutti i dati relativi al 2015. Financo quelli relativi al numero di accessi alle cassette di sicurezza. La tracciabilità riguarderà anche i passaggi fisici di denaro e di preziosi.
IL NODO PRIVACY
E poco importa se il Garante della privacy assicura che le regole sulla protezione dei dati personali verranno rispettate. Il passaggio è epocale: addio segreto bancario, la nostra vita è a disposizione degli 007 dell' agenzia delle Entrate.
Certo, l' obiettivo è «nobile», sulla carta: aggredire l' evasione fiscale, che ammonterebbe a circa 120 miliardi di euro. La Cgia di Mestre sostiene che a questo punto il fisco non ha più scuse per non «stanare» gli evasori.
BANCHE DATI A RAFFICA
Del resto, oltre all' abolizione del segreto bancario, secondo l' associazione degli artigiani di Mestre esistono «almeno una dozzina di provvedimenti che attualmente sono a disposizione del fisco per contrastare efficacemente l' evasione».
Dagli studi di settore al blitz contro la mancata emissione di scontrini e ricevute; dal redditometro allo spesometro; dal 117, il numero di pubblica utilità della Guardia di finanza, a Serpico, il supercervellone che registra decine di migliaia di informazioni al secondo per mettere a confronto dichiarazioni dei redditi, polizze assicurative, informazioni del catasto, del demanio, della motorizzazione;
dalle metodologie di controllo delle pmi e dei lavoratori autonomi al limite all' uso dei contanti fino a 3mila euro; dall' uso del Pos (point of sale, le macchinette per fare pagamenti con le carte) per le transazioni commerciali alla fattura elettronica e alla reverse charge.
RECUPERO DI GETTITO
Lo Stato è all' angolo, in teoria. Stavolta il fallimento non è ammesso e il fisco deve gioco-forza recuperare gettito da chi di solito fa spallucce di fronte ai versamenti tributari. Il là al Grande fratello fiscale è legato a una norma approvata dal governo di Mario Monti alla fine del 2011 col decreto «Salva Italia».
In realtà i primi passi per la creazione della super anagrafe tributaria dei conti correnti erano stati compiuto quando a palazzo Chigi, nel 2006-2008, c' era Romano Prodi e le leve del fisco erano in mano a Vincenzo Visco (all' epoce viceministro dell' Economia e delle finanze).
L' iter, insomma, è stato lungo e alcuni aspetti legati alla privacy hanno rallentato la messa in moto della macchina-spia. Ora ci siamo: è fissato infatti al 31 marzo il termine per l' invio della comunicazione integrativa annuale per il 2015 mentre la comunicazione mensile dei dati di gennaio e febbraio 2016 è stabilita al 30 aprile.
I DUBBI
Paure e rischi. La paura è di finire intrappolati in qualche accertamento avviato sulla base di informazioni mal interpretate oppure di spese che non si riescono necessariamente a giustificare, a distanza di mesi. Il rischio è creare un mostro difficile da gestire, capace di rastrellare poco dalle tasche dei contribuenti disonesti e di innescare, invece, una mole enorme di ricorsi e contenziosi.
Tutto questo mentre una fetta del mancato incasso tributario - come osservato ancora dalla Cgia - è attribuibile alle manovre elusive dei grandi gruppi imprenditoriali, delle banche e delle assicurazioni «che hanno spostato le sedi fiscali in paesi con una marcata fiscalità di vantaggio» solo «per pagare meno tasse». Scelta legittima, per carità.
Ma alla fine della giostra nella rete dell' amministrazione finanziaria potrebbero finire soprattutto i pesci piccoli. Con buona pace del recupero di gettito.
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