reinhold messner k2 la grande controversia

“OGGI L’ALPINISMO È UN MERCATO SUPERFICIALE” – REINHOLD MESSNER AL VELENO CONTRO IL NUOVO “TURISMO AD ALTA QUOTA”: “IN HIMALAYA SI RAGGIUNGONO I CAMPI BASE IN ELICOTTERO. FRA POCO CI SARANNO MILLE PERSONE AI PIEDI DELL’EVEREST. GLI ALPINISTI SI ALLENANO IN PALESTRA. E L’ARRAMPICATA È DIVENTATA UNO SPORT PERFINO OLIMPICO. È BELLISSIMO, MA È ALTRA COSA” – IL RE DEGLI OTTOMILA HA REALIZZATO UN DOCUMENTARIO SULLA SPEDIZIONE ITALIANA DEL 1954 SUL K2, I VELENI E LE ACCUSE CHE TRAVOLSERO WALTER BONATTI: “SOLTANTO CHI È STATO A QUELLE QUOTE PUÒ CAPIRE CHE COSA SIGNIFICHI IL FREDDO, LA STANCHEZZA…”

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Estratto dell’articolo di Enrico Martinet per “la Stampa”

 

reinhold messner 5

Storia del più grande successo italiano in montagna, la vetta del K2 il 31 luglio del 1954. Ardito Desio, geografo di fama mondiale, guida dodici alpinisti tra cui il più giovane è Walter Bonatti.

 

Il rilancio dell’Italia del Dopoguerra, l’organizzazione perfetta, la grande impresa. Apoteosi. Ma basta un articolo uscito sulla Gazzetta del Popolo di Torino nel 1964 e al successo alpinistico s’intreccia un velenoso racconto di accuse che s’abbatte come ombra nefasta su Bonatti. Dura 50 anni, poi il Club alpino italiano incarica tre saggi e nel 2004 tutto pare placarsi. «Ma c’è sempre il lato A e il lato B di questa storia», dice Reinhold Messner.

 

Il re degli Ottomila raccoglie la richiesta del presidente del Cai Antonio Montani per mettere un punto definitivo e ricostruisce quanto accadde tra il 30 e il 31 luglio del 1954 nel film «K2-La grande controversia».

 

documentario K2 - La grande controversia

[…] La vicenda avvelenata si svolge negli ultimi tre campi della montagna alta 8.611 metri, tra i 7.500 del campo 7 e gli 8.050 di campo 9. Ad arrivare in vetta furono Achille Compagnoni e Lino Lacedelli. Bonatti con il portatore pakistano Madhi portò le bombole di ossigeno fino agli 8.000 metri. Passarono la notte del 30 luglio in una buca. Rischiarono di morire.

 

L’articolo del 1964 ipotizzò che Bonatti avesse usato le bombole per sé e che avrebbe voluto andare lui in cima. Non poté più scendere fino al giorno dopo e chiamò invano i compagni che risposero: «Lasciate le bombole e scendete». Compagnoni disse poi che l’ossigeno finì 50 metri prima della vetta, poi raddoppiò la distanza.

 

Messner, come andò?

«Quell’articolo capovolse ogni cosa. Bonatti non avrebbe mai potuto usare l’ossigeno perché non aveva le maschere. Le avevano Compagnoni e Lacedelli. E non avrebbe mai potuto tentare la salita perché aveva fatto uno sforzo sovrumano. Era sceso dal campo 8 al campo 7 per recuperare le bombole, poi aveva raggiuntogli 8.000 metri per portarle a Compagnoni e Lacedelli».

 

Che non lo aiutarono.

documentario K2 - La grande controversia

«Al campo 9 avevano una tendina da due posti. Bonatti e Madhi non avrebbero potuto nemmeno entrarci. Il focus della vicenda sono i fatti e il racconto».

 

In che senso?

«L’alpinismo poggia sull’azione e il suo racconto. La storia del K2 insegna che sono gli alpinisti a dover raccontare ciò che fanno. L’articolo del 1964 capovolse la realtà».

 

Nessun può raccontare di alpinismo?

«Non senza i protagonisti. Ho cominciato il film con la ricostruzione di quella notte di Bonatti e Madhi a 8.000 metri, nella zona della morte. Walter ripete “non voglio morire”. Lui me lo disse. Aveva paura. Soltanto chi è stato a quelle quote può capire che cosa significhi il freddo, la stanchezza».

 

Nel film parla anche di un fattore psicologico.

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«Sì. Ardito Desio era ufficiale alpino nella Grande guerra e Achille Compagnoni nella Seconda. Le loro idee combaciavano e Bonatti era il “bocia”. Desio, non gli diede neanche una pacca sulla spalla. La fama di Compagnoni era scemata, mentre Bonatti era il più grande alpinista. L’anno dopo fece l’ultima grande salita, la Nord del Cervino d’inverno, da solo e lungo una via nuova. Era amareggiato».

 

Fu eroico al K2?

«Senza di lui la spedizione sarebbe fallita il 30 luglio. Fu lui a decidere di andare a prendere le bombole, un atto di grande generosità, non certo di egoismo. E fu Madhi ad accompagnarlo, mentre gli altri scesero, stremati».

 

L’alpinismo è cambiato e anche la frequentazione della montagna.

walter bonatti

«È un mercato superficiale. Per questo giro il mondo per raccontare l’alpinismo classico.

Oggi gli alpinisti si allenano in palestra. E l’arrampicata è diventata uno sport perfino olimpico. È bellissimo, ma è altra cosa. In Himalaya si raggiungono i campi base in elicottero. Fra poco ci saranno mille persone ai piedi dell’Everest, un campo base che appare come una cittadina. Poi ci sono situazioni a dir poco paradossali. Sodi una donna che ha offerto sei milioni in Nepal per avere la garanzia di arrivare sul tetto del mondo. E l’hanno esaudita».

 

Over turismo in montagna come nelle città d’arte. Tornare indietro?

«Non è possibile fare turismo in tutte le vallate. In qualcuna troppo, in altre zero. È una questione di scelte politiche. Bisogna capire che i contadini sono i custodi del paesaggio, quindi esiste la necessità di dar loro la possibilità di continuare a fare il loro lavoro. Fra i problemi c’è anche il lupo. Le aggressioni alle greggi sono una realtà e c’è il rischio di abbandono dei pascoli. I verdi sono per me fuori di testa con la protezione a ogni costo, non tengono conto dell’importanza dell’attività umana».

 

Lei parla sovente di alpinismo inutile.

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«Esiste una tensione fra la natura umana e la natura della montagna. Ma l’alpinismo è inutile e in più facendolo si può perfino incontrare la morte. Io stesso ho fatto cose folli. Questa tensione tra noi e la montagna è anche spiritualità che mi pare affievolita. La dimensione religiosa poi non c’è più, se l’è portata con sé papa Francesco.

 

Riguardo all’alpinismo io ho quattro concetti chiari che rispondono alle sue caratteristiche, inutile, pericoloso e assurdo. Il quarto è il racconto che per me offre il senso all’alpinismo. Io sono venuto di lì, cioè dallo storytelling, da quanto ho letto degli alpinisti delle generazioni precedenti». […]

walter bonatti

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