ferrari rom

TUTTE LE STRADE PORTANO AI ROM - LA PROCURA CHIEDE LA CONFISCA DI UNA FERRARI TUTTA SPECCHI (E DI UNA PORSCHE) A UN CLAN DI ZINGARI – MA L'ISTANZA VIENE RESPINTA: PER I GIUDICI NON ESISTE "LA PERICOLOSITA' SOCIALE" NONOSTANTE IL PROPRIETARIO SIA SOTTO INDAGINE PER TRUFFA - INOLTRE IL POSSESSO DEI BOLIDI SAREBBE GIUSTIFICATO DALLA SUA ATTIVITA' (COMMERCIO DI AUTOMOBILI)

Giuliana Ubbiali per bergamo.corriere.it

 

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Ferrari 458, velocità 320 chilometri all’ora, prezzo da nuova 205.000 euro che salgono a 240.000 per il modello speciale. È una delle auto di cui la procura aveva chiesto la confisca, come misura di prevenzione nell’indagine patrimoniale sulla grande famiglia rom Horvat/Nicolini/Hudorovich, ma che il tribunale ha rigettato. Grigia, con la carrozzeria a specchio, non poteva passare inosservata. Infatti, era stata notata dai passanti, a Grassobbio (Bergamo), ma prima ancora dalla Guardia di finanza che da anni controllava i componenti della famiglia allargata.

 

Era febbraio del 2016 e non è dato sapere dove sia finito questo bolide. Potrebbe essere stato venduto. È il lavoro del proprietario, 24 anni, che non era stato sottoposto nemmeno alla misura di sorveglianza speciale chiesta dalla procura a fine 2016, oltre che a quella patrimoniale. Una denuncia per truffa proprio in relazione a un’auto non basta per ritenerlo «socialmente pericoloso», ha motivato il collegio delle misure di prevenzione. Serve che si dimostri un’indole mai sopita a delinquere. Inoltre, la proprietà delle auto, oltre alla Ferrari una Porsche, si giustificano con la sua attività.

 

Le visioni della procura e del tribunale sono molto diverse. Come per altro è già emerso a proposito delle 14 su 20 richieste di sorveglianza speciale respinte. Il pm ha presentato appello (da discutere) così come le difese, al contrario, sui sei provvedimenti concessi (già discusso, si attende la decisione). Questa Ferrari entra nell’indagine della Guardia di finanza e dei carabinieri attraverso un giro largo. Un procedimento penale con due indagati per una truffa sulla vendita di una Ferrari, un’altra.

 

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L’acquirente paga 135.000 euro con un bonifico ma non vedrà mai l’auto dei suoi sogni. Secondo i militari quegli stessi soldi sono stati utilizzati dal ventiquattrenne (estraneo all’indagine penale) per acquistare la Ferrari argento. Nel 2016, anno delle verifiche, risulta aver comprato auto per 815.000 euro. Le commercia, ne ha vendute per 635.800 euro, ma nelle banche dati non risultano dichiarazioni dei redditi. Nemmeno accertamenti da parte dell’Agenzia delle entrate. La volta in cui l’auto è stata vista dai militari, anzi le volte sono due, la Rossa vestita d’argento era nelle mani di un cugino.

 

Ferrari, ma anche Bentley e Hummer, oltre che le più comuni Audi, Mercedes, Bmw e Volkswagen, tornano più volte nella ricostruzione dei patrimoni delle famiglie rom, che le commerciano. Altre richieste di confisca da parte della procura, altri no da parte del tribunale. Come nel caso di un altro ventiquattrenne per il quale erano state chieste sia la sorveglianza speciale che le confische, entrambe respinte. La fotografia si ferma sempre al 2016, perché le verifiche arrivano fino a quell’anno. Lui commercia auto, come il padre e il fratello, ma non ha mai aperto una partita Iva. Secondo i finanzieri, utilizza come prestanomi i familiari. Come la sua convivente, che risulta legale rappresentante di una società di commercio di vetture e che apre la partita Iva quando ha appena partorito il primo figlio. Ferrari e Bentley, solo per citarne due, sono bolidi intestati alla società ma secondo la procura sono di fatto del ragazzo. Da qui le richieste di confisca, che però non hanno retto il vaglio del tribunale: gli acquisti sono precedenti al manifestarsi della pericolosità sociale, che peraltro non viene riconosciuta al punto da sottoporlo alla sorveglianza perché il ragazzo ha un unico procedimento per truffa.

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C’è anche un’altra donna della famiglia che risulta intestataria di numerose auto. Non super lussuose, ma dalle utilitarie Citroen alle più pregiate Mercedes. Nel 2013 apre una partita Iva per il commercio di vetture, ma la sede dell’attività è una casa (allora) disabitata, a Montello. Nel giro di alcuni anni la donna acquista auto per un milione di euro. Ma secondo la procura è un’attività fittizia. Da qui la richiesta di confisca di 11 mezzi, oltre che la misura di prevenzione personale per la «pericolosità sociale» legata a una serie di truffe, la prima nel 1988, l’ultima nel 2014. Ma ancora una volta le richieste non hanno superato il vaglio del tribunale. Tolte prescrizioni o archiviazioni, a suo carico in quel momento (2016) rimane solo un procedimento per truffa del 2014. E la proprietà delle auto è giustificata dalla sua impresa.

 

 

Patrimoni rom. Le ferrari del diritto

 

Armando Di Landro per www.corriere.it

 

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Fa un certo effetto sapere che i componenti di un paio di gruppi familiari rom, piuttosto estesi, possano vivere per anni dichiarando un reddito pro capite medio di 100 euro al mese, accumulando nel frattempo un patrimonio, tra ville e auto di lusso, di circa 50 milioni di euro. E di fronte a certi dati fa ulteriore effetto, risultando forse incomprensibile alla maggior parte dei lettori, anche la disputa tra la procura — che aveva chiesto sorveglianze speciali per 20 persone, il sequestro di 4 ville e di tutte le auto di lusso — e il tribunale, che ha negato 16 sorveglianze, sequestrato tre ville e respinto i provvedimenti su tutte le auto. Una divergenza di vedute che può aprire alcune riflessioni. Perché se da un lato il diritto non è certo uno strumento per dare risposte alla pancia dei cittadini, dall’altro è altrettanto vero che qualche risposta, equilibrata, la deve pur dare.

 

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E invece in questo caso rischia di restare sul campo un bel po’ di confusione, soprattutto se si considera che, mentre il tribunale di Bergamo negava il sequestro delle Ferrari, quello di Roma dava mandato alla Finanza di venire proprio sul territorio bergamasco per sequestrare tre bolidi, di quegli stessi gruppi familiari. E quindi, lo strumento (il diritto) c’è, ma dipende sempre da chi lo applica. Nel caso di specie, ad esempio, il tribunale ha negato per più soggetti l’etichetta di «pericolosità sociale», necessaria per i sequestri, valutando ogni singolo profilo per quello che è. Ma resta il dubbio che un metodo rigoroso, in punta di diritto, non dia sempre la possibilità di ottenere risultati concreti, soprattutto in contesti intricati, come una galassia rom.

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