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Luigi Ferrarella per il “Corriere della Sera”
Non è ancora nato, anzi era stato appena concepito quando nel novembre 2015 il padre morì, e dopo un mese la madre (che conviveva con l' uomo dal quale aveva già avuto due bambini) si accorse di essere incinta di questo loro terzo figlio:
ma come fare per tutelare il nascituro, sotto il profilo del riconoscimento di paternità, se da un lato per i conviventi non vale la presunzione di paternità che vale tra gli sposati, e se dall' altro lato il padre era stato cremato, e dunque al momento della futura nascita del figlio la prossima estate non sarà più possibile esumare il corpo del genitore?
futuri accoppiamenti fatti con dna
In un modo che la IX Sezione civile del Tribunale di Milano individua per la prima volta in Italia: e cioè con una ordinanza nella quale il giudice estensore Giuseppe Buffone dichiara ammissibile, dopo la morte del padre cremato, l' azione cautelare promossa dalla madre del nascituro concepito fuori dal matrimonio, e finalizzata ad accedere a materiale biologico del genitore (sangue recuperato in due provette) allo scopo di conservare elementi di prova da spendere poi nel futuro accertamento giudiziale della paternità in sede civile.
gli scheletri faranno il test del dna
In base al codice esso è infatti oggi possibile anche dopo il decesso del presunto padre biologico, perché il nascituro, una volta venuto al mondo, è soggetto già legittimato ad esercitare questa azione a mezzo della rappresentanza della madre: ma la particolarità di questa vicenda è che l' interesse giuridico è «in questo momento non rappresentato da un soggetto attuale, poiché il concepito è l' essere umano nella fase primordiale dello sviluppo biologico e, dunque, non è ancora persona fisica».
Sotto aspetti diversi, «stante il naturale relativismo dei concetti giuridici», sia le Sezioni Unite della Cassazione, sia la Corte Costituzionale, sia la Corte di Strasburgo, pur non arrivando a postulare la soggettività (che è una tecnica di imputazione di diritti ed obblighi) del nascituro, lo hanno però considerato oggetto di tutela. Ma nel caso in esame l' ulteriore problema è che la tutela dovrebbe passare dall' esumazione del padre, non più possibile in quanto l' uomo è stato cremato.
L' Azienda sanitaria comunica però di avere ancora in custodia due provette di sangue congelate nelle immediatezze del prelievo, idonee a indagini di tipo genetico a condizione che si agisca «con sollecitudine onde evitare di incorrere in alterazioni che possano renderle non più fruibili per un test del Dna».
Da qui la decisione del Tribunale di «designare immediatamente un consulente affinché conduca un accertamento teso a verificare se il defunto fosse il padre del nascituro», accertamento che potrà «anche essere condotto basandosi sul Dna fetale in circolazione nel sangue materno».
Non finisce qui, perché già si pone pure un dilemma etico sui diritti degli altri due fratellini rispetto all' azione del nascituro. Per legge, infatti, la domanda per la dichiarazione di paternità va proposta nei confronti del presunto genitore o, in sua mancanza, nei confronti dei suoi eredi.
Ma qui eredi non esistono, salvo proprio gli altri due figli della coppia convivente: i quali, essendo minori, nella causa dovrebbero essere rappresentati dalla madre, la quale però nell' azione di riconoscimento di paternità rappresenterebbe già il nascituro, e dunque verrebbe a trovarsi in potenziale conflitto di interessi: matassa che il Tribunale scioglie nominando anche un curatore speciale che tuteli gli interessi degli altri due fratelli ed eredi.
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