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“TUTTO TACE COMPRESA LA NOSTRA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO” – LA MAMMA DI ALBERTO TRENTINI, IL COOPERANTE ITALIANO DA OTTO MESI IN CARCERE IN VENEZUELA, ACCUSA LA MELONI: "IL SUO SILENZIO E’ INSOSTENIBILE. IL NOSTRO GOVERNO DEVE ATTIVARSI COME HA FATTO QUELLO SVIZZERO CON IL COMPAGNO DI PRIGIONIA DI MIO FIGLIO, CHE È STATO LIBERATO DA POCO E HA RACCONTATO AI MEDIA LE TERRIBILI CONDIZIONI DI DETENZIONE IN CUI SI TROVA ALBERTO” (IN CARCERE I TOPI PASSANO VICINO ALLA FACCIA E SI HANNO 45 MINUTI D'ARIA TRE VOLTE A SETTIMANA) – “OGNI GIORNO DI INERZIA IN PIÙ CORRISPONDE A INDICIBILI SOFFERENZE” – DALL’ARRESTO “SENZA MOTIVO” ALLA TELEFONATA DEL 16 MAGGIO: TUTTE LE TAPPE DELLA VICENDA…
Irene Famà per "la Stampa" – Estratti
Mamma Armanda è fuori dal tribunale di Roma a portare il suo dolore, il suo amore e il suo coraggio per quel figlio, Alberto Trentini, da otto mesi in carcere in Venezuela. «Ma tutto tace compresa la nostra presidente del Consiglio».
Accanto a lei c'è un'altra mamma, Paola Regeni, che nell'aula di tribunale confida nella giustizia e nel vedere condannati i quattro 007 egiziani che hanno ammazzato e torturato suo figlio Giulio e abbandonato il corpo sull'autostrada che da Alessandria porta al Cairo.
Mamma Armanda lo dice chiaro: «Questo silenzio, per me e per la mia famiglia, è insostenibile». Nel suo cuore, chissà, la speranza che il suo appello smuova le coscienze.
Soprattutto quelle dei potenti. «Il nostro governo deve attivarsi come ha fatto quello svizzero con il compagno di prigionia di mio figlio, che è stato liberato da poco e ha raccontato ai media le terribili condizioni di detenzione in cui si trova Alberto».
Quell'uomo uscito dalla prigione di El Rodeo, la stessa dove dal 5 novembre 2024 è rinchiuso il cooperante italiano, aveva parlato di «quell'inferno dove i topi ti passano vicino alla faccia e si hanno 45 minuti d'aria tre volte a settimana». Aveva descritto torture, umiliazioni.
Armanda Trentini si rivolge alle istituzioni: «Dimostrino di avere a cuore la vita di un connazionale e si adoperino con urgenza ed efficacia per riportare a casa nostro figlio mettendo in campo qualsiasi strumento di diplomazia, come è stato fatto in altri casi». Duecentoquaranta giorni senza Alberto.
E poco dovrebbero importare eventuali interessi in ballo, eventuali equilibri politici o diplomatici. «Otto mesi sono troppi e dobbiamo ribellarci - dice - Contatti non ce ne sono e noi aspettiamo con fiducia che qualcuno faccia ciò che è necessario. Ogni giorno di inerzia in più corrisponde a indicibili sofferenze».
Alberto lavora per la Ong Humanity&Inclusion, in prima fila nell'assistenza alle persone con disabilità. In Venezuela era arrivato lo scorso 17 ottobre per una missione umanitaria. Poi, il 15 novembre, mentre stava raggiungendo Guasdalito dalla capitale Caracas, viene fermato a un posto di blocco insieme all'autista dell'organizzazione. Viene arrestato senza ragione e gettato in quella prigione gestita direttamente dai servizi segreti del presidente Maduro. Per mesi non si sono avute sue notizie. Il 16 maggio, la telefonata concessa. Il quarantaseienne cerca di rassicurare i familiari, dice di stare bene.
Ieri, fuori da piazzale Clodio, prima che iniziasse l'udienza sull'omicidio di Giulio Regeni, mamma Armanda e mamma Paola erano lì, insieme, a tenere alto lo striscione: «Alberto Trentini Libero». Accanto a loro l'avvocata Alessandra Ballerini e la segretaria del Partito Democratico. Elly Schlein chiede «ogni sforzo per la liberazione di Alberto». E ancora: «Questo silenzio non può continuare. Bisogna attivare ogni canale per riportarlo a casa». Al presidio c'è anche don Luigi Ciotti, fondatore dell'associazione Libera.
Non utilizza mezzi termini: «C'è un presidente, un tiranno, che si professa cattolico e che manda i suoi figli nelle scuole cattoliche. Si ponga una mano sulla coscienza perché Dio ci invita a impegnare la vita per i diritti di tutti. Signor presidente Maduro faccia la propria parte e la faccia anche la nostra presidente».
Don Ciotti parla di «troppi silenzi che hanno accompagnato questi mesi. Troppe prudenze, troppe deleghe e troppe ambiguità». Alberto, dice, «è un nome che non porta con sé nessuna colpa. Anzi, porta con sé la generosità di andare nel mondo a sostegno dei più fragili». E aggiunge: «Per Giulio Regeni, per Mario Paciolla, non siamo arrivati in tempo. Allora chiediamo per loro verità e giustizia per la loro morte. Per Alberto siamo in tempo per chiedere rispetto per la sua vita, la libertà e la verità».
Raccontano che proprio ieri il segretario di Stato americano Marco Rubio e il ministro degli Esteri Antonio Tajani abbiamo parlato della situazione venezuelana. E sarebbe stato proprio a Rubio a sottolineare come gli occidentali detenuti dal regime di Caracas siano da considerare «degli ostaggi» utili a fare pressione sui governi. I ben informati, però, dicono «come l'Italia, a differenza degli Stati Uniti, non voglia esasperare i toni contro Maduro per non chiudere un possibile canale di dialogo».
Ieri il sit-in fuori da Palazzo di Giustizia a Roma.
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Alberto Trentini
genitori di regeni e avvocato famiglia alberto trentini petizione
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