DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Amatrice, agosto 2016, sesto grado della scala Richter: da allora la città vive in altro modo. Nel ricordo, nella fantasia, nel dolore, nel vuoto.
«Quella notte – ore 3,36 – ero lì con marito, figlia e cane. La scossa, la paura, la fuga, la casa lesionata e poi venuta giù con gli affetti e le sicurezze di un’intera vita, qui a Poggio Vitellino, una delle 69 frazioni di Amatrice: una ventina di anime d’inverno, dieci volte tanto d’estate, un’oasi persa per sempre. Ci siamo salvati, ma è una salvezza che assomiglia a un’altra realtà».
Questo libro cerca di ricordare la realtà precedente, più vera di quella delle macerie. E si interroga su quel “per sempre”, cui non danno risposte né la terapia post-traumatica, né le cronache degli spettacoli di solidarietà, né la speranza della ricostruzione. La risposta sta invece nella memoria che accerchia, accarezza e attraversa ciò che non esiste più.
Questo è dunque un libro terapeutico, sconsolato e a suo modo perfino istruttivo. Parla di un piccolo lembo d’Italia, crocevia di tradizioni e sapori fra Lazio, Umbria, Abruzzo e Marche: un cratere di natura, di civiltà e di memorie annientate. Amatrice era un posto bellissimo, e forse continuerà a esserlo se gli dei e gli uomini sapranno tenerlo ancora nel cuore.
Da quel poco che resta, le briciole ormai, può partire una rigenerazione che però tarda ad arrivare. Questo libro, infine, è un dono: per ricordare e per sostenere la rinascita di un luogo che non c’è più, ma c’è ancora. Perché il terremoto distrugge ciò che continua a vivere nell’anima.
Descrizione del libro
Amatrice, 24 agosto 2016, ore 3,36: la catastrofe si compie con una scossa del sesto grado della scala Richter. Quella notte, Elena Polidori, giornalista del quotidiano «la Repubblica», era lì, insieme con suo marito, la loro figlia e il cane. Erano nella loro casa così tanto amata, il rifugio dove usavano ritirarsi ogni volta che gli impegni di lavoro a Roma e altrove glielo permettevano. Quando la scossa arriva, il terrore si impadronisce di tutti. Mentre ogni cosa intorno è ormai sul punto di collassare, trovano il modo di fuggire precipitosamente. La casa risulterà profondamente lesionata, e dopo qualche giorno verrà giù definitivamente.
A Elena e ai suoi sembrerà che con quelle antiche pareti siano venuti meno gli affetti e le sicurezze di una vita intera in questo posto unico che si chiama Poggio Vitellino ed è una delle 69 frazioni di Amatrice. Un posto dove c'erano una ventina di anime d'inverno, e dieci volte tante d'estate. Un posto che era un'oasi meravigliosa, e che ora pare perduto per sempre.
«Ci siamo salvati, ma è una salvezza che assomiglia a un'altra realtà», dice Elena Polidori. Il terremoto, infatti, distrugge la consistenza fisica di qualcosa che tuttavia resta tenacemente nel cuore. E infatti da quella fine d'agosto 2016 la città di Amatrice vive in un altro modo: nel ricordo, nella fantasia, nel dolore, nel vuoto. Intenso e struggente, questo memoir rappresenta per l'appunto la necessità e quasi l'urgenza di far rivivere dentro di sé quel luogo raso al suolo. Di tornare a guardarlo con gli occhi dell'anima per ritrovarlo intatto e vitale com'era sempre stato, e intimamente intrecciato con l'esperienza della propria vita vissuta. Un libro che, infine, vuole anche essere un dono. Non soltanto per ricordare, ma anche per sostenere, attraverso i diritti d'autore, la rinascita di un luogo che non c'è più, ma c'è ancora.
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