DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Roberto Beccantini per il "Fatto quotidiano"
Uscire da Del Piero non è esattamente come uscire da Confindustria. Andrea Agnelli lo sapeva. E così una non notizia, l'addio del capitano a fine stagione, concordato da mesi, è diventata una storia, un caso. L'ultima storia, l'ultimo caso di una Juventus che, viste le difficoltà di cambiare libro, preferisce voltare pagina. D'accordo, ci sarebbe voluto più tatto, più eleganza: non un semplice applauso a comando. Chi scrive, non ne è rimasto scandalizzato: semmai, sorpreso. Così va il mondo.
Detto ciò, non credo che un romanzo d'amore possa e debba andare in frantumi per l'urto di una frase, ma queste sono paturnie mie. Nell'estate del 1995, quando comunicò, non già all'assemblea degli azionisti ma a un'assemblea di tifosi, che Roberto Baggio sarebbe stato ceduto al Milan, la Triade aveva pronto Alessandro Del Piero. Chi ha pronto, nell'autunno del 2011, Andrea Agnelli? Andrea è presidente dal 19 maggio 2010. Ha ereditato un bilancio da paura (94,5 milioni di rosso), cosa che ha imposto un drastico aumento di capitale e suggerito, mormorano i maligni, l'annuncio urbi et orbi della "pensione" di Del Piero, censurata persino da Luciano Moggi.
La Juventus del figlio di Umberto non è la Juventus del papà . La prese che era settima, in Europa League per grazia ricevuta, e settima, fuori da tutto, l'ha consegnata ad Antonio Conte. Il mestiere di presidente è duro ovunque, figuriamoci alla Juventus e figuriamoci, a maggior ragione , nella Juventus spappolata da Calciopoli. I rapporti con il cugino John Elkann, cioè Exor, cioè la proprietà , non sono mai stati idilliaci, anche se John l'ha voluto al vertice del club per nascondere i fallimenti della gestione Blanc, il suo grande errore, e ammansire la piazza. A proposito: su Del Piero, l'arrosto; su Elkann, il fumo. Lunga è la strada.
Non si può spiegare Andrea senza partire dal cognome e dal mandato, firmatogli in bianco dai tifosi, di riportare la Juventus al rango che le spetta: non proprio a tutti i costi (il passato dovrebbe aver insegnato qualcosa, o no?), ma quasi. Ecco, allora, il tono aspro, il piglio incazzoso, le irruzioni in Lega per battere cassa sui diritti tv, le crociate contro la Federazione, contro l'Inter, contro quello scudetto a tavolino che Moratti non molla, in barba all'evidenza.
Sono molti i sudditi che invocavano un capo così, per opporre al "celopurismo" degli interisti il "celodurismo" della vecchia Signora. Sospeso fra il golf e i gol, paladino della moviola in campo e del tempo effettivo, Andrea deve gestire, in pratica, due campionati in uno: quello canonico, che vede la Juventus in testa con l'Udinese, e quello extra, legato alle intercettazioni vecchie e nuove; ai verdetti sportivi; ai corsi e ricorsi al Tnas, al Tar, all'Uefa; alle sentenze di Napoli, in arrivo a cavallo del 37° compleanno di Del Piero, il 9 novembre, quando si dice il destino.
Bisogna risalire all'epopea di Giampiero Boniperti per trovare un presidente così operativo, così invasivo, così poco di facciata: penso ad Amauri, sotto contratto fino a giugno ed escluso dalla rosa per aver esercitato il diritto, sacrosanto, di rifiutare il Marsiglia. Se a Moratti dispiace annoiare il "giovin signore", all'Agnellino piace fare il Giraudo, anche se poi, la sera dell'inaugurazione del nuovo stadio, non invitò né lui né Moggi.
Durante l'estate di Calciopoli osservò un silenzio imbarazzato e imbarazzante, limitandosi a passeggiare con la Triade, sul prato del Delle Alpi, il pomeriggio di Juventus-Palermo (7 maggio 2006). Non disse una parola a carico o a discarico, si tenne tutto per sé. Chi tace, di solito, acconsente. Tanto è vero che oggi, a distanza di cinque anni, in piena Calciopoli 2, dopo tutto quello che è uscito sull'Inter, ha cambiato metodo e alzato il volume. Chiarezza, trasparenza, giustizia: avanti Savoia.
Per lui, gli scudetti continuano a essere ventinove. Per la rifondazione, ha arruolato Giuseppe Marotta, il cui primo mercato non è stato assolutamente all'altezza, come documenta l'operazione Martinez, prelevato dal Catania per dodici milioni di euro, e nel giro di una stagione, una sola, "regalato" al Cesena. Per carità , ci fu chi prese Felipe Melo, dalla Fiorentina, per 25 milioni, ma insomma, la Juventus dovrebbe essere un'altra cosa. Come Antonio Giraudo, Andrea antepone la testa al cuore, il pragmatismo al romanticismo, lo stiletto allo stile.
Ha incassato la battuta di quella linguaccia di Michel Platini, riferita all'esposto sull'Inter ("Poteva risparmiarsi il francobollo"), appartiene alla tribù dei guerrieri che preferiscono avere un brutto carattere: sempre meglio che non aver carattere. Il popolo era tutto con Andrea fino all'uscita di martedì. Mai come oggi gli juventini hanno bisogno di stampelle alle quali aggrapparsi. Di qui lo stupore, lo smarrimento, la malinconia. Nel web e sui giornali, Alessandro Del Piero "batte" Andrea Agnelli. Ai posteri (e alla classifica) l'ardua sentenza.
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