
DAGOREPORT - DIRE CHE SERGIO MATTARELLA SIA IRRITATO, È UN EUFEMISMO. E QUESTA VOLTA NON È…
Alberto D’Argenio per “la Repubblica”
Sarà di nuovo scontro tra governo e Commissione europea. E questa volta gli esiti del confronto potranno cambiare gli equilibri politici in Italia e tra Bruxelles e le capitali della zona euro. Perché su Roma pende la minaccia di una nuova manovra correttiva e della pubblicazione di un early warning sui conti pubblici, primo passo di una procedura per deficit eccessivo in base alla regola del debito. Un durissimo uno due che la Commissione sta preparando per il 24 novembre. Ma si negozia, e l’esito del dialogo interno alla squadra di Juncker e tra Bruxelles e Roma non è scontato. La partita è aperta.
matteo renzi pier carlo padoan
Lo scorso 29 ottobre la Commissione uscente, guidata da Barroso, aveva evitato di respingere la Legge di Stabilità italiana perché non aveva ravvisato palesi violazioni delle regole Ue. Ma per scampare la bocciatura Renzi aveva negoziato una correzione di 3,3 miliardi del deficit strutturale — un successo visto che sulla carta avrebbe dovuto fare più del doppio — con la quale credeva di essersi messo al riparo da sorprese future. Ma non è così.
Ora la palla è passata al nuovo esecutivo comunitario, quello di Juncker. Che il 24 novembre si esprimerà sulle manovre di tutti i paesi dell’eurozona. E in queste ore per l’Italia si parla di imporre una ulteriore correzione, altri 3,3 miliardi, in modo da portare nel 2015 l’abbattimento del deficit strutturale (calcolato al netto del ciclo economico) dallo 0,3% allo 0,5%.
Richiesta che sarebbe motivata da un nuovo calcolo fatto dai tecnici di Bruxelles alla luce delle previsioni economiche Ue della scorsa settimana. In sostanza, la correzione messa fin qui in cantiere del deficit strutturale (diverso quello nominale, con l’Italia proprio sul filo del fatidico 3% di Maastricht) non impatterebbe sufficientemente sul debito, che continuerebbe a salire violando il Fiscal Compact.
Uno schiaffo per l’Italia, al quale si potrebbe aggiungere un altro, durissimo, colpo: la pubblicazione contestuale di un rapporto scritto in base all’articolo 126.3 del Trattato di Lisbona. Tradotto, un early warning sui conti, il primo step di una procedura per deficit eccessivo per la regola del debito che non sarebbe ancora operativa, ma che potrebbe partire in ogni istante con pesanti richieste di correzioni dei conti che per l’Italia potrebbero non essere sostenibili dal punto di vista economico e politico. Non solo, la Commissione accompagnerebbe il cartellino giallo con un programma sui tempi di approvazione delle riforme e sulla tenuta del debito, che di fatto metterebbe le briglie al governo Renzi.
Questo scenario, confermato a Repubblica da fonti concordanti, preoccupa il governo. Ma anche in Commissione non tutti sono d’accordo con un approccio così rigorista dettato dalla sfiducia che diversi dirigenti europei hanno sulla capacità italiana di completare le riforme. A favore della linea dura, raccontano a Bruxelles, ci sarebbero i due vicepresidenti con competenze economiche, il finlandese Katainen e il lettone Dombrovskis, entrambi ex premier.
Al momento resta sfumata la posizione del commissario agli Affari economici Moscovici, sulla carta amico della flessibilità, mentre le speranze sono riposte in Juncker, che sembra avere la volontà di non andare allo scontro con l’Italia ma che deve trovare una difficile quadra politica all’interno della Commissione e con le capitali, Berlino in testa.
In caso prevalesse la scelta di non picchiare, il 24 novembre l’Italia riceverà solo una serie di osservazioni sulla manovra, ma Bruxelles continuerà a tenere il fiato sul collo di Roma con un pressing più soft, magari con una serie di lettere informali per pungolare il governo ad andare avanti sulle riforme.
Pierre Moscovici and Marie Charline Pacquot article A D E DC x
Ma poi a marzo e aprile ci sarebbe comunque la resa dei conti, che Renzi e Padoan potrebbero però affrontare magari con diverse riforme approvare e dunque con più argomenti per difendersi. Resterebbe co- munque possibile, a gennaio, l’apertura di una procedura per squilibri macroeconoimci, meno pesante di quella sul debito, ma comunque in grado di garantire a Bruxelles un controllo sull’operato del governo e sulle riforme.
Dall’esito del confronto delle prossime due settimane si capiranno gli equilibri interni alla Commissione, con Juncker che si è sempre detto a favore di un nuovo corso politico sull’economia, ma che poi ha piazzato sopra alla “colomba” Moscovici due vicepresidenti come Katainen e Dombrovskis. Sarà anche un nuovo test europeo per Renzi, che non a caso nei prossimi giorni cercherà di rafforzare l’asse anti-austerity interno al Partito socialista europeo con una tappa a Bucarest per sostenere il collega Victor Ponta al ballottaggio e andando al congresso del Ps portoghese.
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