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Marco Giusti per Dagospia
Reality di Matteo Garrone.
Avanti, Garrone! Come da copione. Dopo il disastro dei film veneziani, Bellocchio&Co., che nelle prime settimane di settembre si sono immolati maldestramente al botteghino massacrati da qualsiasi filmone e filmetto americano, arrivano i campioni di Cannes. Magari a loro andrà meglio. Ecco quindi "Reality" di Matteo Garrone, che venne premiato a Cannes, presidente Moretti, con il Grand Prix della Giuria, dietro il notevole, ma tristissimo "Amour" di Michael Haneke e l'oscuro "Post tenebras lux" di Carlos Reygadas.
Tenero ritratto dello shock da Grande Fratello (entrerò? non entrerò?) che colpisce un pescivendolo napoletano, Luciano Ciotola, interpretato dallo strepitoso e inedito Aniello Arena (attore-carcerato del penitenziario di Volterra e quindi non presente a Cannes), e di conseguenza tutta la sua piccola comunità , sia quella familiare che quella della piazzetta dove lavora. Ora, Garrone è uno dei registi di maggior talento che si siano visti in questi ultimi anni sulla scena internazionale e "Reality" conferma le sue grandi qualità di metteur en scène già viste e premiate in "Gomorra".
E in tanti lo salutammo lo scorso maggio, tra i migliori film visti al festival, più originale e più commovente ad esempio del presuntuoso â'De rouille et d'os' di Jacques Audiard, con Marion Cotillard lacrimosa con le sue mezze gambe finte, più sofferente e vero delle tardone di "Paradies: Liebe" di Ulrich Seidl., anche se non può possedere la forza della "Gomorra" di Saviano e soffre, soprattutto nella seconda parte, di uno sviluppo non completamente riuscito, forse perché prevedibile (soprattutto per chi qualcosa ne sa di televisione).
Figlio stretto di "Gomorra", quasi un episodio a margine o una sua controstoria, ma anche del cattolicesimo felliniano della "Dolce vita" (ha lo stesso inizio con la discesa dell'elicottero dall'alto, che non porta la statua della Madonna, ma un nuovo idolo della tv), delle ossessioni dagospiane dei "morti di fama", del voler essere celebri a tutti costi, famosi per essere famosi, "Reality" funziona nella grande costruzione iniziale della piccola comunità napoletana, che Garrone domina con una scenografia magistrale e un gruppo di attori strepitosi, da Nando Paone, l'amico, a Nunzia Schiavo, la moglie, a Salvatore Misticone, il venditore del banco accanto.
Funziona anche quando segue ossessivamente il suo protagonista, riprendendolo come in un reality vero, portandolo al provino per il Grande Fratello nella Cinecittà di Fellini. Non c'è moralismo, solo affetto per questo pazzo che si sente toccato dall'occhio di Dio. Il suo amico Michele, cioé Nando Paone, sa bene che "Siamo tutti osservati da Nostro Signore", e cercherà inutilmente di trasportare la follia dell'amico in fede religiosa.
Ma Luciano sa che la vita è solo lì dentro, davanti alle telecamere della tv. Ma, come gli spiega la moglie Mary: "Secondo te la televisione perde tempo e soldi appresso a uno scemo come te?". Questa continua chiave ironica e la perfetta conoscenza dell'umanità napoletana, nonché la compattezza del suo cast, salvano il film dall'ossessività un po' fine a se stessa e dalla totale negatività di "Primo amore".
Alla fine Luciano Ciotola ha ragione nel sentirsi spiato, ma non dall'occhio di Dio o della tv, ma da quello di Garrone e dei suo sceneggiatori, Massimo Gaudioso&Co., che giocano con lui per capire qualcosa dell'Italia attuale che ci sfugge, e le cronache attuali ben dimostrano quanto sia lontana l'Italia vera da quella mostrata in tv o sui giornali, ma che non può sfuggire a chi guarda questo mondo non dall'alto verso il basso, ma dalla stessa altezza del suo protagonista e del suo piccolo mondo, quello sì un vero Grande Fratello.
Il lato più interessante di "Reality" è questa ossessione per la ricostruzione della realtà , per la sua messa in scena da grande cinema, anche se Garrone non è Fellini e i suoi sceneggiatori non sono Pasolini e Flaiano. Purtroppo il lato meno interessante è forse nell'aver scelto il Reality, cioè un gioco televisivo ormai defunto e poco provocante, come posta dell'intera storia. Oggi il reality si è trasformato, semmai, nella campagna elettorale firmata Giorgio Gori e Fausto Brizzi per Matteo Renzi ("Adesso!") e i nuovi eroi da reality sono i Fiorito che spuntano tra YouTube e "Porta a porta".
E' come se Garrone, dopo aver tentato, dopo il successo di "Gomorra", di mettere in piedi un film su un personaggio complesso, ambiguo, ma moderno come Fabrizio Corona, con tutto il suo apparato di Belen, Lele Mora e video scandalosi, fosse poi arretrato verso un territorio più facile e meno spigoloso. Più sicuro, ma anche più ovvio. "Reality" rimane un film bello e importante che ha le carte in regola per arrivare in tutto il mondo, ma da Garrone ci saremmo aspettati un passo in avanti, una scelta più rischiosa e difficile. In uscita il 28 settembre.
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