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CHECCO ZALONE OSPITE ALLUNIVERSITA CATTOLICA DI MILANO
Marco Giusti per Dagospia
Tempo di consuntivi per il cinema italiano. E arrivano i dolori. E i mal di pancia. Ovvio che la stagione eccezionale che abbiamo tutti osannato fosse segnata dall’arrivo di un solo film, “Sole a catinelle” con Checco Zalone, dai 54 milioni d’incasso e dagli 8 milioni e passa di spettatori, che non poteva certo salvare il solito mezzo disastro nazionale, ma solo attutire i colpi e nascondere la continua mancanza di investimenti, di spettatori e, soprattutto, di idee della nostra macchina cinema.
Paolo Sorrentino Raffaele La Capria
Ovvio pure che se da una parte il film di Checco Zalone salva un po’ di sale pronte alla chiusura e solleva le sorti della Medusa, da un’altra spinge sempre di più i nostri produttori a puntare su film comici e semicomici che non faranno altro che affollare i pochi mesi buoni, cioè da novembre ad aprile, lasciando del tutto sguarniti i mesi estivi e eliminando o quasi qualsiasi altro genere che non sia commedia o cinema garantito da sovvenzionamento statale.
Crollano le coproduzioni. Certo, se punti solo sulla comicità nazionale sarà sempre peggio. Crollano gli investimenti. Certo, se pensi che puoi fare cinema con due battute e un paio di comici pescati in tv o su youtube, non hai tanto da investire, ma non hai certo un incasso sicuro.
Ma ci sono altri dati interessanti. Come i 335 film italiani prodotti in questa stagione e che nessuno credo abbia mai visto. E c’è da domandarsi come sono stati prodotti e perché. E c’è da domandarsi ancora fino a che punta convenga al nostro cinema questa schizofrenia tra commedia e film d’autore. I primi spesso non hanno né una pianificazione produttiva né un palinsesto logico di uscita. I secondi affollano i festival e i giornali sempre più inutilmente, ma vengono snobbati in sala.
Ma le commedie, in gran parte, non possono entrare nel salotto buono delle premiazioni nazionali, come il David, provocando una situazione assurda di un cinema che si autocelebra, ma poi esclude la sua parte più ricca e vitale non considerandola adeguata.
Non esiste, poi, nessun altro genere oltre i due che abbiamo descritto, commedia e film d’autore, anche se il pubblico potrebbe volere film romantici, avventurosi, thriller, horror, fantasy. No. Su 335 film non ci sono di massima che due generi. Se Zalone trova che c’è un buco di spettatori, e riesce a riprenderli o portarli al cinema, magari esistono altri buchi di generi nel nostro cinema. Ma nessuno ha il coraggio di rischiare nulla.
La crisi, insomma, è profonda, ma nasce dalla più profonda crisi del nostro paese. Mancanza di coraggio, di alternanze, di sperimentazioni. Anche gli autori considerati maggiori, spesso, cercano solo di ripetere il film riuscito due, cinque dieci anni prima.
Almeno Paolo Sorrentino ha sognato in grande e ha puntato a un pubblico internazionale. E, a vedere i film che si stanno girando adesso, da quello di Matteo Garrone a quello di Luca Guadagnino, tutti pensati per un pubblico internazionale, forse in quella direzione qualcosa si muove. Magari è osando che si risolverà qualcosa.
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