IL CINEMA DEI GIUSTI - CINEMA DIDATTICO, CON SPONSOR, PER SPIEGARE COSA FARE DELLE CONFISCHE AI MAFIOSI - SENZA RUBINI-ACCORSI “LA NOSTRA TERRA” SOFFRIREBBE MOLTO

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Marco Giusti per Dagospia

 

La nostra terra di Giulio Manfredonia

 

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Diciamo che siamo dalle parti del cinema didattico, per le scuole, per spiegare in maniera semplice la situazione delle terre confiscate ai mafiosi e cosa farne in un Sud ancora parecchio compromesso. Diciamo che le bandiere della Unipol alla fine fanno un po’ l’effetto dell’acqua Pejo nei film di Tomas Milian o delle sigarette Marlboro nei film di Nino Manfredi. Si deve fare? Si fa.

 

Diciamo anche che l’idea di mettere insieme una squadra composta da un contadino del posto, un lavoratore nero, una coppia gay, una bionda caruccia, uno psicotico simpatico, un handicappato in una cooperativa è un po’ troppo esile. Ma quello che forse si perdona meno, non solo a questo film, il gradevole “La nostra terra” di Giulio Manfredonia, ma ai tanti che si sono girati e che ancora si stanno girando e che usciranno sui nostri schermi, è l’idea che il nostro Sud sia questo mischione di dialetti diversi dove una parla napoletano, una pugliese, uno non si sa cosa.

 

stefano accorsi la nostra terrastefano accorsi la nostra terra

No. Se è la nostra terra, come da titolo, ognuno dovrebbe parlare il dialetto suo. Al punto che quando entra in scena Sergio Rubini col suo meraviglioso accento pugliese si respira e tutto diventa credibile, ma il teatrino delle diversità e di questi linguaggi diversi non fa certo crescere un film che avrebbe dalla sua intenzioni più che giuste per raccontare una storia e una realtà importante.

 

Perché anche se costruito come una favola meridionale, “La nostra terra” cerca di raccontarci le difficoltà di una piccola cooperativa di brave persone che si oppongono al potere della mafia o camorra che sia nel recuperare una terra confiscata e farne un bene produttivo. Solo che il boss in questione, Nicola Sansone, interpetato da Tommaso Ragno, ritornerà grazie ai domiciliari proprio nella villa che domina la terra della cooperativa e le cose si complicheranno.

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Il gruppetto dei buoni è composto da Stefano Accorsi, bravo ragazzo del nord che decide di affrontare la situazione con la forza della legalità e della trasparenza, il contadino Cosimo, cioè Rubini, la bionda del posto Rossana, cioè Maria Rosaria Russo, un altro contadino incattivito, un bravissimo Nicola Rignanese, la squinternata Iaia Forte, il pazzariello Frullo, cioè Giovanni Esposito, una coppia omo, Massimo Cagnino e Giovanni Calcagno, l’handicappato Salvo, Silvio Laviano, il nero Michel Leroy.

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Funziona come funzionava il gruppetto di “Si può fare” dello stesso Manfredonia. Il meccanismo è identico, solo che lì c’era Claudio Bisio ad amalgamare il tutto e qui il compito spetta a Accorsi. Le cose migliori, e ce ne sono, vengono dall’incontro Accorsi-Rubini, anche perché stabiliscono un rapporto reale fra di loro che alla fine fa muovere tutto il film e la neutralità emiliana di Accorsi fa esplodere la fisicità meridionale di Rubini, che torna a questi ruoli meravigliosi che solo lui sa interpretare al cinema.

la nostra terra di manfredoniala nostra terra di manfredonia

 

Ecco, la voglia che viene, è vederlo in un film dove tutto sia davvero credibile. Con il suo “La terra” ci era in gran parte riuscito. In questo “La nostra terra” magari un po’ meno. In sala dal 18 settembre.

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