
DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
Fabiana Giacomotti per “il Foglio”
Incontro Stefano Guindani allo stand di Moreschi nel padiglione centrale di Pitti Uomo. Da quando, circa vent' anni fa, aprì la sua società di fotogiornalismo offrendo reportage completi delle sfilate a testate di moda in cui il denaro scorreva a fiumi e la torta per un servizio fotografico veniva ordinata a Parigi non una ma due volte, casomai la prima consegna non fosse stata soddisfacente, la SGP,
Stefano Guindani Press, è diventata la leader nazionale del settore, garanzia dell' importanza di un evento come la firma del pr di grido in calce all' invito tanto che, dalla A di Armani alla Z di Zegna, la sua lista clienti è più lunga degli associati alla Camera nazionale della moda.
Gianluca Isaia ha impegnato tutta la squadra per la presentazione del suo primo short movie, l'ironico thriller "Tailor made crime" in programma domani alla Triennale di Milano: quattrocento inviti e quattrocento conferme fra grandi firme, attori come Sergio Assisi, volti noti, l' intrattenitore maximo Guido Lembo dell'"Anema e core" di Capri e un folto drappello di "carini", ovvero società civile di rilevanza estetica ed economica.
I famosi, non solo italiani perché la moda aiuta inevitabilmente a superare i confini, fanno la fila per piazzarsi davanti all' obiettivo dei ragazzi di SGP, riconoscibili per i completi di buon taglio e per le belle maniere anche quando scattano volutamente a vuoto, cioè azionando i flash per l' orgoglio del paparazzato ignoto e impiazzabile che però, ormai, è quasi un non dato.
Negli anni della spettacolarizzazione spasmodica universale di tutto e di ciascuno in ogni momento, dai jeans Diesel in banner su YouPorn all' album di David Bowie diffuso tre giorni prima dell' annuncio ufficiale della sua morte che, al di là di ogni valutazione di merito e fuor di metafora, è il colpo mediatico ultimativo e state certi che finirà per essere studiato ed emulato, di famosi a vario titolo c' è molto bisogno. Dunque, Guindani è potente e rispettato e i flash scattano a pieno ritmo.
Al contrario, i direttori delle torte di un tempo ora tengono boutique e quelli di oggi chiedono uno sconto di venti euro su foto standard di personaggi qualunque che a listino ne costerebbero centoventi.
"Piuttosto che mettermi a trattare una miseria, lo scatto preferisco regalarlo, ti pare?", dice Guindani con le vocali pastose della sua Cremona di nascita, passandosi una mano fra i riccioli che tiene da sempre negligentemente lunghi. Il calzaturiere Francesco Moreschi lo abbraccia con l' affetto di cui non ha più bisogno di dar prova ai direttori, tutti invece in fila ad aspettarlo stirando le labbra nel sorriso trepidante dei questuanti che vogliono darsi un tono.
Prima di Natale, Guindani ha presentato un libro -reportage a favore delle attività della Fondazione Francesca Ra va, frutto di due anni di lavoro nelle case dell' associazione Nuestros Pequenos Hermanos, e a commuoversi per le immagini degli orfani del centro America c' erano tutti: i direttori delle foto a cento euro "fammi un piacerino" e le aziende che sono diventate le sue prime, e in realtà quasi uniche, committenti.
La progressiva consunzione dei magazine nati negli anni Ottanta a fini estetico pubblicitari e l' imperio dei social media hanno infatti ribaltato rapporti di forza che sembravano immutabili.
Settimanali e mensili sono diventati i recipienti, in senso metaforico ma anche proprio, di messaggi e di immagini costruite, pagate, diffuse e sostanzialmente imposte dagli stessi imprenditori che negli anni Ottanta strisciavano per una riga di citazione. Per chiunque investa anche un solo euro di pubblicità, e vi assicuro che non mi fa piacere scriverlo avendo vissuto e parecchio goduto negli anni delle torte parigine, i giornali si sono trasformati in luoghi di occupazione ben più arrendevoli di Raqqa.
chiara ferragni twittata da selvaggia
Per chi non investe, al contrario e a meno di non poter contare su un publicist di peso, sono invece inespugnabili come la Rochelle subito dopo l' ultimo tocco di calcina di Vauban.
Sul treno che mi riporta a Milano incrocio Roberto Capucci che mi confessa, amareggiato, quanto sia ormai inutile lavorare bene se non si hanno denari da spendere in pubblicità tabellare e banner, e dove sono le nevi di un tempo. D' altronde, vi sarà chiaro come, a centocinquanta euro medi di borderò a pagina immagini comprese per riviste patinate che in edicola costano dai tre ai cinque euro, le stesse immagini debbano essere per forza gratuite. O si paga chi ha scritto l' articolo, o si pagano le foto, non si scappa e ci sono famiglie da mantenere anche nelle case editrici dall' aria più snob.
Se poi, al centro dello sfoglio, c' è un servizio di moda che è costato invece il giusto e che garantisce appunto l' allure superciliosa da inalberare con le aziende ricche e provinciali, le uniche rimaste a farsi abbindolare da testate altisonanti e promesse di inviti alle feste che verranno appunto riprese da Guindani, tutte le altre pagine devono addirittura costare zero o poco più.
Da questo semplice computo nascono le infinite immagini segnalate come "courtesy of" in costa e la truppa di giornalisti che si pagano la scrittura dei pezzi gratuiti e la conseguente "visibilità", curando sottobanco sfilate e cataloghi di vendita di intimo e accessori per la casa, mentre gli editori italiani fingono di non sapere e l' Ordine dei giornalisti pure, tanto e tutto sommato trattasi di moda e simili quisquilie.
Non di rado, giornalisti anche in posizione apicale curano gli eventi e le azioni promozionali per la stessa casa editrice in cui lavorano, che vendendo ai clienti pacchetti tutto compreso, cioè pubblicità, creazione e cura dell' evento di presentazione, più la pubblicazione delle foto dei famosi intervenuti sui propri mezzi,
cerca di far quadrare i bilanci, sostituendosi alle stesse pr che, oltre a subire la concorrenza di quelli che una volta erano i naturali interlocutori, ne vedono scemare la partecipazione a conferenze stampa e presentazioni: "Dicono di non poter partecipare al tuo evento perché sono impegnati a sostenere il loro. Ma in tutto questo, il giornalista chi è?", sbotta l' amica Emanuela Barbieri.
0026 chiara ferragni trv 2970 copia
La compravendita di notizie e di volti più o meno noti che facilitino la pubblicazione delle stesse è trasversale, magmatica, difficilmente riconducibile a una linea strategica unica o a un percorso evolutivo costante. Fra carta stampata, siti, blog e account instagram, l' offerta di media o, come si dice adesso, di piattaforme disponibili, è infatti strabocchevole e in diretta competizione nonostante gli accorati dinieghi e i distinguo.
Sotto alla cuspide dei quotidiani nazionali e dei mensili con le edizioni stampate, i siti e i blog delle firme più in vista, nella piramide alimentare della borsetta firmata scalpitano i blogger autonomi, talvolta così abili da essersi trasformati in imprenditori dello stile da 7 milioni di euro di fatturato all' anno e sedici dipendenti a libro paga che è il caso della ventottenne Chiara Ferragni, cremonese anche lei e oggetto di studio ad Harvard.
Se i blogger vantano tariffari da attore di media notorietà e dunque esigono bonifici da decine di migliaia di euro per presenziare a un evento al quale dedicheranno un paio di post e un sorriso grazie ai milioni di follower conquistati non di rado a pacchetto e a caro prezzo, dunque da ammortizzare il più in fretta possibile, pronti a sostituirli ci sono i cosiddetti influencer, nuova professione per nulla sapienti di estro e vanità.
Li avete tutti ben presenti perché anche i tg più rigorosi non resistono alla tentazione di infilarli nell' inquadratura: nei periodi delle sfilate, costituiscono da soli il cosiddetto servizio di alleggerimento, quello che si trasmette a un minuto dalla sigla di chiusura per strappare un sorriso ai telespettatori affranti dal bail -in e incerti sulla prossima vacanza in Turchia.
0024 chiara ferragni;shea marie trv 2084
Vestiti con la massima appariscenza possibile e almeno un dettaglio molto fuori posto "altrimenti faccio effetto completino", a Pitti gli "influenzatori" aspiranti e in cerca di notorietà sostano nel cortile centrale, quieti e invitanti, mentre a Milano e ovunque nel mondo stazionano sui marciapiedi prospicienti ai luoghi di sfilata, aspettando l' invito allo scatto di qualche fotografo del genere di Scott Schuman, a sua volta divenuto famoso raccogliendo le icone degli eccentrici mondiali.
Come le stelline del festival di Cannes di un tempo e al netto della percentuale di nudità esibita, perché almeno in questo caso le carni esposte contano molto meno di quelle scientemente vestite, gli influencer puntano innanzitutto ad esserci, a farsi invitare e a farsi notare: sono convinti che il resto verrà da sé, sotto forma di consulenze per le griffe, di sontuosi viaggi pagati in luoghi esotici o almeno di una cena a scrocco.
Che, quasi sempre, non sappiano un' acca di moda e tanto meno di gestione commerciale dei marchi, per loro è un dettaglio di nessun conto, e talvolta lo è perfino per chi li ingaggia.
Davanti al profluvio di scatti e di "like", agli account instagram pieni di immagini di sfilate e feste presti giose a cui mostrano di aver partecipato, qualcuno abbocca sempre, fosse pure l' occhialeria del centro di Roma e non cito a caso. Entrare nel giro dei "social bystander", titolo della rubrica più seguita del mensile inglese Tatler dagli anni della sua fondazione nel 1707 per opera di un influencer vero e che rispondeva al nome di Richard Steele, è il primo gradino per assicurarsi la notorietà e tutti i benefit a essa collegati.
Restarci è un' altra faccenda e anche il vero problema, perché non si può campare di soli pranzi gratis, come certi vecchi principi romani che così riempiono le proprie giornate, o di foto compiacenti. Bisogna, appunto, monetizzare, dunque saper quantificare il proprio valore e farselo corrispondere. Il sogno di ogni blogger è l' agente e per l' appunto lo standing di un attore.
Mariano di Vaio, professione ufficiale modello, 2,7 milioni di follower ufficiali, cioè circa novecento volte la vendita media in edicola non dichiarata, ma ahinoi effettiva, di uno dei tanti mensili maschili che organizzano eventi, chiede circa 15 mila euro a presenza, esattamente come un attore delle fiction Mediaset. Questa volta, però, a Pitti presentava la sua linea di scarpe (tutti i blogger disegnano borse e scarpe: sanno che per fare vestiti si deve conoscere l' anatomia umana generale oltre alla propria), dunque era indisponibile per chiunque altro.
Che "gli amici" più famosi di un marchio sorridano a comando e in proporzione all' assegno staccato o al guardaroba gentilmente fornito è evidenza talmente nota da non valere una riga e tutto sommato comprensibile: sono testimonianze pubblicitarie a tutti gli effetti, e come tali è giusto che vengano retribuite o almeno generosamente ricompensate. Sono anche indicatori non secondari della floridezza economica di un brand e del suo potere attrattivo, tanto da finire nel computo dei cosiddetti intangible assets.
Perché un evento abbia davvero successo, però, è cruciale che gli vengano assicurati, oltre al volto noto e alla sua prova di amicizia che in rari casi è addirittura effettiva e dunque manda ai pazzi gli agenti, i "nice people", i carini ai quali si accennava all' inizio: imprenditori da prima pagina e di gentile aspetto incarnati da tempo immemorabile e ormai a prescindere in Marco Tronchetti Provera,
belle signore nullafacenti e molto spendenti, ma anche e solo molto decorative, che a Milano si incarnano nella moglie del designer Fabio Novembre, la bella Candela dallo sguardo attonito e grato, e a Roma non si sa perché il ricorso massiccio al botox e alla scollatura strizzata l' hanno resa inadatta a usi sofisticati e un vero incubo per gli organizzatori di eventi come l' eclettico artista Angelo Bucarelli,
a cui pare si rivolgano i ricchi e famosi per farsi organizzare compleanni, feste e ricorrenze in luoghi inaccessibili alle moltitudini, esattamente come facevano i borghesi dell' Italia pre -Ventennio con Gabriele d' Annunzio, del quale Bucarelli ha ordinato il guardaroba per il museo del Vittoriale tre anni fa e che in effetti era a sua volta un influencer non da poco e ancora più disponibile di Mariano di Vaio.
Nel complesso gioco delle convenienze e della spendibilità estetica e/o economica, ogni città ha i propri nice people, ogni settore pure, compreso quello televisivo che nella moda è l' unico ai margini, l' esecrato in quanto patrimonio di massa difficilmente compatibile con chi vende almeno in apparenza esclusività. Le poche eccezioni sono invece ambitissime e non a caso indisponibili.
Se la conduttrice del rotocalco pomeridiano non verrebbe mai presa in considerazione, tutti farebbero invece carte false per assicurarsi la presenza di Lilli Gruber o di Sarah Varetto, direttore di delicate fattezze e ferreo piglio di Sky tg24. Ci si potrebbe non credere, ma nel mondo dei follower e dei consulenti per lo sfruttamento personale dei big data che girano le piazze come Tom Cruise in Magnolia, chi fa semplicemente il proprio mestiere è tuttora il più ricercato.
DAGOREPORT – GIORGIA MELONI, FORSE PER LA PRIMA VOLTA DA QUANDO È A PALAZZO CHIGI, È FINITA IN UN…
LE INSOSTENIBILI DICHIARAZIONI FILO-TRUMP DI CONTE HANNO MANDATO IN TILT SCHLEIN - TRA I DUE…
DAGOREPORT - ALTA TENSIONE TRA IL MONDO FINANZIARIO AMERICANO E KING TRUMP - PRIMA DI DICHIARARE…
DAGOREPORT: LA MELONI SOGNA LA PRESA DELLA MADUNINA – MANCANO DUE ANNI ALLE ELEZIONI AMMINISTRATIVE…
FLASH – PARE CHE LUCA ZAIA, DOPO AVER LETTO L’INTERVISTA-MANIFESTO RILASCIATA DA MARINA BERLUSCONI…
DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRI…