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Vittorio Feltri per “il Giornale”
Noi anzianotti, per non dire quasi vecchi o vecchi del tutto, siamo un po' nostalgici anche se fingiamo di non esserlo, pertanto, dovendo parlare del Processo del lunedì, il nostro pensiero corre immediatamente ad Aldo Biscardi che per una decina di anni, dal 1984, ne curò l' edizione di maggior successo con uno stile personale, incurante di ogni sottigliezza linguistica, ma con una impareggiabile efficacia sul piano calcistico e su quello degli ascolti.
Aldo era un fenomeno. Nato a Larino (Campobasso), non abbandonò mai il lessico molisano e, nonostante ciò, stabilì un feeling straordinario col pubblico patito del pallone, interpretandone gli umori e i malumori in modo magistrale. Egli, con i suoi strafalcioni dosati come spezie, riuscì a diventare una star, più popolare di Raffaella Carrà e di Lorella Cuccarini. Ovvio.
Aveva l' animo del tifoso, era abile nello sfruttamento di ogni spunto polemico fornito da un fuorigioco dubbio o da un rigore discutibile, senza però mai tradire per quale squadra tenesse. Cosicché era in grado di rendersi credibile agli occhi delle masse calciofile, che vedevano in lui un giudice inappellabile, degno di essere preso sul serio.
In sostanza, Biscardi, ad onta della grammatica, per tacere della sintassi, è stato un grande giornalista televisivo. Chi ne metta in dubbio le qualità di formidabile comunicatore è in malafede. Qui desidero rendergli omaggio, confessando onestamente che la mia simpatia per lui deriva inoltre dal fatto che anche io ho calpestato le «terre del sacramento», descritte accoratamente da Francesco Jovine (Guardialfiera). Coloro che hanno respirato la stessa aria da ragazzi s' intendono e si comprendono.
Ora, sappiamo che molta acqua è passata sul letto del Biferno, ma il Processo del lunedì, reso celebre dal mio amico Biscardi, è ancora vivo e ne seguo ogni puntata con affetto e passione. Il timone è saldo nelle mani di Enrico Varriale, giornalista di talento e animale televisivo di collaudata esperienza, che si avvale di collaboratori mai banali come Cristiano Lucarelli, Andrea Scanzi, Andrea Delogu, Mara Maionchi e altri, ottenendo risultati lusinghieri.
L' ultima puntata della nuova serie del fortunato programma è stata particolarmente divertente, grazie anche alla partecipazione di Massimo Ferrero, detto Viperetta, presidente della Sampdoria, il quale è riuscito nell' ardua impresa di essere più comico del suo imitatore, Maurizio Crozza.
La trasmissione fila via spedita e non cade in momenti di noia. È gradevole e chi mastica di calcio vi trova argomenti di stringente attualità, ben trattati e scevri dei soliti luoghi comuni che, in altre sedi, trasformano questo sport in un materia più odiosa della politica politicante. Non è un merito da poco per chi la guida.
Ciò detto ad alta voce, dobbiamo muovere qualche appunto al rinato Processo, riguardante un aspetto che esso trascura del campionato, esattamente come viene snobbato in qualsiasi altro spazio riservato al football, inclusa la Domenica sportiva.
Caro Varriale, mi spiega per quale motivo per voi specialisti del ramo esistono solo il Milan, il Napoli, l' Inter, la Roma e la Juventus? E sorvolate perfino sulla Fiorentina, che è a due passi dalla vetta della graduatoria? Ignorate il Sassuolo, che è l' unica squadra italiana davvero, l' Empoli, il Chievo, l' Atalanta e financo il Torino e il Genoa, figuriamoci il Carpi e il Frosinone? Vi fanno schifo benché giochino meglio, nella loro autarchia rara, delle blasonate?
Vi ricordo che l' Italia è il Paese dei comuni, e che, sorvolando sullo spirito campanilistico, il torneo delle pedate è asettico e sciapo quanto il circo equestre. Un calcio che non abbia il profumo dell' erba cresciuta sui campetti dell' oratorio non ci piace. Un calcio solo metropolitano, che non evochi le epiche partitelle della nostra infanzia, non ci importa quasi nulla.
PROCESSO VARRIALE FELTRI
andrea delogu
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