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LO SHOW DI BANSKY CHE METTE IN CRISI IL SISTEMA DELL'ARTE
Luca Beatrice per "Il Giornale"
Strano che il dibattito in¬torno a Banksy alla fine si riduca alla liceità delle sue imprese, con una netta divisione tra supporter e detrattori, tra chi lo considera un genio dell'arte e chi un im¬brattamuri perseguibile dalla legge. Occorrerebbe spingersi più in là , a cominciare dal luogo di provenienza del misterioso in¬glese: Bristol, città che negli anni '90 fu un punto di riferimento della musica elettronica alterna¬tiva. Non bastasse, fa fede la scrit¬ta pubblicata sul suo sito che cita Paul Cézanne, secondo cui qual¬siasi pittura realizzata all'ester¬no ha più valore di un quadro nel¬lo studio.
Come ai tempi dell'Im¬pressionismo e del Postim¬pressionismo il teatro dell'ar¬te è l'intera cit¬tà , e Banksy di¬pinge en plein air , a New York invece che a Parigi. Nonostante la globalizzazio¬ne abbia rivo¬luzi¬onato la ge¬ografia dell'ar¬te, Manhattan resta il palco¬scenico dove un artista rice¬ve la consacra¬zione.
Banksy non sceglie i mu¬sei, le gallerie e neppure quelle forme di intrattenimento colto che si chiamano workshop, resi¬denze o open studio, tanto gradi¬ti al pubblico selezionato ma ben poco incisivi nella realtà . Semplicemente si è preso New York per un mese (e siamo anco¬ra in attesa del botto finale, se ci sarà ) disseminando la sua parti¬colarissima Street Art¬ che ha po¬che p¬arentele con le forme stori¬cizzate degli anni ' 80, Basquiat e Haring in testa- per le strade, sot¬to i ponti, al centro e in periferia.
Il meccanismo di azione è piut¬tosto simile a quello dei Rave Par¬ty (ancora gli anni '90); di più, l'impatto è moltiplicato dalla re¬te, lo strumento con il quale Banksy ha ottenuto fama e con¬senso vero. Il gioco è semplice: il 1 ottobre Banksy è sbarcato a New York dipingendo due figu¬re di ragazzini che afferrano una bomboletta dal cartello «Graffiti is a Crime».
In pochi minuti la fo¬to dell'intervento è stata postata sul suo sito, accessibile in tempo reale in qualsiasi parte del mon¬do, mentre il sindaco Michael Bloomberg cominciava a scate¬nargli i Ghostbuster anti Street incaricati di cancellare imme¬diatamente quei disegni che per lui non sono arte, anzi costitui¬scono un abuso contro la pro¬prietà pubblica e privata. Il 5 otto¬bre Banksy ha fatto girare per tut¬ta la città un camion convertito in giardino mobile. Due giorni dopo su un muro di Brooklyn ha appiccicato un palloncino a for¬ma di cuore incerottato, parodia dell'opera milionaria di Jeff Ko¬ons.
L'artista inglese ha mescola¬to i suoi interventi più celebri di figure in bianco e nero con instal¬lazioni e performance, come quella dell'11 ottobre, un ca¬mion che trasporta gli animali al macello colmo di irriverenti e te¬neri peluche, immagine che de¬ve parecchio alle sculture di Mike Kelley.
La beffa più clamorosa, solo in parte riuscita, è l'allestimento di una bancarella a Central Park do¬ve un anziano s¬ignore propone¬va opere autografe del nostro ad appena 60 dollari. In pochi le hanno comprate, perché l'arte portata fuori dal contesto non ha più valore, e quindi prevale il ti¬more di buttar via i soldi per un ta¬rocco.
Banksy ha poi giocato con il clown di McDonald, citando in¬direttamente Bruce Nauman, e infranto il tabù delle Twin Towers. Ha installato, era il 18 ot¬tobre, due dipinti sotto un ponte di West 24th Street presidiati da un guardiano. Ha replicato una sfinge di Giza in pietra nei Que¬ens e invitato al Luna Park un ma¬nichino vestito come la morte.
In attesa del possibile megae¬vento nella notte di Halloween, e al netto del can can mediati¬co, con questa sua mostra nel¬l'open space di NYC, Banksy si è dimostrato un artista davvero intrigante.
2. BANKSY RIFIUTATO DAL NEW YORK TIMES, Ã POLEMICA
da "la Repubblica"
à arrivato a New York solo qualche settimana fa. Ma Banksy, il misterioso artista di strada inglese, scatena polemiche quasi ogni giorno. L'ultima è scoppiata dopo un articolo rifiutato dal New York Times. E che lui, per ripicca, ha pubblicato sul suo sito.
Il testo sarebbe stato bocciato in quanto molto critico nei confronti del One World Trade Center, l'altissimo e sfavillante edificio innalzato al posto delle due torri abbattute negli attentati dell'11 settembre 2001. Nell'articolo, Banksy definisce la nuova struttura «un disastro», «un grattacielo timido», «senza spina dorsale» né «audacia o entusiasmo », che sancirebbe «la vittoria dei terroristi», oltre che il declino di New York.
Non solo: dopo il rifiuto del Nyt, Banksy si è vendicato con una nuova opera "americana", in cui si legge un aspro e allusivo «questo sito contiene messaggi bloccati».
Il New York Times, però, smentisce l'artista e sottolinea come l'editoriale ricevuto da Banksy, che non è stato ritenuto accettabile in diversi suoi punti, era diverso da quello successivamente pubblicato sul suo sito.
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