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Marco Giusti per Dagospia
Festa di Roma. “Le carote sono cotte”. Come si sospettava l’uomo in equilibrio sul filo non è solo il funambolo Philippe Petit interpretato da Joseph Gordon Levitt, l’eroe del bellissimo film di Robert Zemeckis, The Walk, che si proietta oggi all’Auditorium, ma anche lo stesso direttore della Festa o del Festival Antonio Monda, che incomincia a essere impallinato dai criticoni, più o meno come era stato impallinato il poro Muller l’anno scorso. Anche se da un’angolazione diversa.
carlo verdone paolo sorrentino antonio monda annalena benini
Allora, decidetevi. Volete fare un vero festival, e lì Muller era il numero uno, o volete fare una festa di buoni film già visti altrove? Volete togliere i premi, i red carpet, i film impegnati, i film troppo sperimentali. E, allora, cosa rimane? Monda ha chiamato un po’ di amici americani, un po’ di amici italiani, ma se si vogliono le star dei grossi film americani e internazionali la cosa si fa difficile.
E diventa ancor più difficile, come si era capito nell’era Muller, se devi portare a Roma delle prime visioni assolute, senza ricorrere cioè a quelli che arrivano da altri festival o già usciti in America. Perché se usi il metodo, già di altre ere pre-Muller, del supermercato da Toronto o da altri festival, certo, avrai dei buoni film, ma non ti verranno certo le star né i critici stranieri.
E infatti, stasera, non avremo il tappeto rosso con Zemeckis e Joseph Gordon-Levitt, ma solo Philippe Petit. Al massimo Isabella Rossellini col suo accompagnatore storico romano. E’ la vita. Comunque, “le carote sono cotte”, come ripetono per tutto il film il funambolo francese e la sua banda di amici. E The Walk, che Zemeckis ha girato con una sceneggiatura scritta assieme a Cristopher Browne, tratta da un romanzo dello stesso Petit, filmone da 35 milioni di dollari, uscito non con un grande successo in patria, solo 3,7 milioni questa settimana, è un grande e romantico film su un uomo che sfida il mondo, la forza di gravità, se stesso e nel 1974 cammina in equilibrio su un filo di ferro per 42 metri da un estremo all’altro delle Twin Towers appena costruite.
robert zemeckis, the walk ning
Per farlo ha bisogno di una preparazione, di una specie di padre artistico, Papà Rudy, vecchio funambolo da circo, interpretato da un magico Ben Kingsley, di una bella ragazza, Annie, Charlotte Le Bon, e di una serie di amici che si porta dalla Francia, James Badge Dale e César Domboy. Molto semplice nella struttura, tutto il film è in realtà costruito, un po’ come il gran documentario che girò nel 2008 James Marsh sulla stessa storia, Man on the Wire, sul “colpo” ideato da Petit, quello appunto di piazzare il filo fra le due torri nella notte e la mattina presto fare la “passeggiata” nel cielo.
“Perché lo hai fatto?”, gli chiedono i giornalisti a operazione conclusa. “Perché mi sembrava un bel posto dove farlo”. Ovviamente, però, se quello che aveva fatto Petit nel 1974 aveva dato alle Twin Towers una sorta di anima diversa, una nuova visione cittadina, e per questo Petit viene ricordato non come un pazzo, ma come un eroe newyorkese, quello che ha messo in scena oggi Zemeckis, dopo l’11 settembre, a torri scomparse, ha tutto un altro senso.
Senza mai dichiarare l’operazione, Zemeckis racconta una favola, per giunta vera, su un posto che non esiste più se non nel nostro immaginario e nelle immagini del tempo, che riporta in vita appunto il ricordo e l’anima delle torri dopo la caduta. E quindi la “camminata” di Petit acquista valore di ricordo commosso di un’era lontana e dovrebbe toccare il cuore di una città ancora ferita.
chiara gamberale antonio monda
Dei tanti ultimi film favolistici di Zemeckis ci sembra in assoluto uno dei più belli e riusciti, anche perché, ripeto, ha una struttura molto semplice e definita. Magari i personaggi sono un po’ troppo semplificati, anche se il Petit di Joseph Gordon Levitt è magistrale, ma la grande sequenza del colpo e della camminata sono incredibilmente realistici pur nel tono favolistico e raramente lo spettatore sente così da vicino la paura del vuoto. Pur sapendo che tutto andrò a finire bene, si rimane davvero inchiodati alle sedie. Esce nelle sale italiane il 22 ottobre, cioè questa settimana.
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