DAGOREPORT - ED ORA, CHE È STATO “ASSOLTO PERCHÉ IL FATTO NON SUSSISTE”, CHE SUCCEDE? SALVINI…
Alessandra De Luca per Avvenire
Settantadue minuti di puro terrore hanno restituito ieri al Festival di Berlino la strage di Utøya, avvenuta sull' isola norvegese dove il 22 luglio 2011 i cinquecento giovani che partecipavano a un campo estivo furono attaccati da un trentaduenne simpatizzante di estrema destra, Anders Behring Breivik, che vestito da poliziotto e armato fino ai denti sparò a 168 persone. Tra queste 69 furono le vittime e 99 i feriti, per non parlare delle 300 persone rimaste gravemente traumatizzate. Il regista Eric Poppe ha osato trasformare l' evento shock in un film che si apre a Oslo, dove poche ore prima l' esplosione di una bomba al Palazzo del Governo aveva ucciso 8 persone, per poi trasferire la scena sull' isola.
In Utøya July 22, la macchina da presa segue la diciannovenne Kaja, che nel campo sta trascorrendo qualche giorno di vacanza con la sorella Emilie. Le due hanno appena litigato, Emilie vorrebbe essere altrove e non ha alcuna voglia di andare al barbecue. Kaja decide di andarci da sola. Improvvisamente il primo sparo risuona nell' aria dando il via a un' atroce caccia, terminata solo 72 minuti dopo. Kaja fugge, come tanti altri ragazzi, tenta di mettersi in salvo, si nasconde nella foresta, ma l' isola è piccola, non ci sono molti luoghi dove rifugiarsi.
Al tempo stesso la ragazza cerca disperatamente sua sorella Emilie, che non risponde al cellulare, piange al telefono con sua madre, corre tra i corpi senza vita rimasti a terra, conforta chi è ferito o spaventato.
Nessuno sa cosa stia accadendo. Chi sta sparando loro addosso? Qualcuno dice che ad attaccarli è la polizia, ma la polizia non risponde, impegnata a far fronte all' emergenza di Oslo. Intanto gli spari e le urla continuano a terrorizzare chi scappa così come gli spettatori inchiodati alla poltrona, anche loro sotto attacco, mentre il misterioso terrorista si avvicina sempre di più.
Realizzato su un' isola vicina a quella del massacro in tempo reale e in un unico piano sequenza, una inquadratura cioè lunga tutto il film, Utøya July 22 restituisce l' agghiacciante esperienza di quei ragazzi ricostruendo dal loro punto di vista quello che accadde, a partire dai tanti racconti dei sopravvissuti. E denuncia l' enorme, colpevole ritardo col quale furono soccorsi. La macchina da presa, sempre in movimento, pedina la protagonista nella sua corsa per la salvezza e ci scaraventa nel cuore di quella insensata tragedia.
«Ho voluto realizzare questo film con un unico piano sequenza - dice il regista - perché fosse chiaro il tempo trascorso dall' inizio alla fine dell' attacco. Un tempo interminabile. Esisteva una sceneggiatura molto dettagliata alla quale gli attori, che hanno provato a lungo a teatro, dovevano attenersi, ma è stato necessario concedere loro anche libertà di improvvisazione».
Al film non sono state risparmiate critiche in patria. «Alcuni pensano che sia arrivato troppo presto - continua Poppe -, ma sono stati gli stessi giovani sopravvissuti e le loro famiglie a chiedermi di non aspettare. Basta guardarsi intorno oggi in Europa per accorgersi di come il neofascismo stia crescendo giorno dopo giorno. Dobbiamo allora ricordare cosa è accaduto in quel luogo e a cosa possono condurre gli estremismi, a costo di suscitare un' angoscia ai limiti del tollerabile.
IL SALUTO DI BREIVIK AL PROCESSO PER LA STRAGE DI UTOYA
Se questo film non vi farà del male, allora vuol dire che è già troppo tardi. È dura, ma tutto questo fa parte di un lungo processo di guarigione. Abbiamo deciso di realizzare un film di finzione e non un documentario per ragioni etiche, affinché i parenti delle vittime, che ci hanno sempre supportato, non identificassero i personaggi con i propri cari perduti. E una équipe di psicologi ha seguito le riprese per aiutare gli attori e i residenti dell' isola».
«Non capirai mai, ascoltami e basta» dice la protagonista all' inizio del film, prima dell' inizio della tragedia, parlando al telefono con sua madre, ma guardando in realtà lo spettatore dritto negli occhi. E infatti Ingrid Marie Vaag Endrerud, una delle sopravvissute, ha raccontato ieri a Berlino: «Quando tento di spiegare quello che mi è accaduto, mi sembra di farlo da una certa distanza, mentre il cinema è capace di raccontare questa storia entrando in profondità».
NORVEGIA IL PROGETTO PER IL MEMORIALE A RICORDO DELLA STRAGE DI UTOYA
La giovane attrice protagonista, Andrea Berntzen, aveva 12 anni all' epoca del massacro, ed è rimasta traumatizzata dalla notizia. «Quando ho saputo che sarebbe stato realizzato un film su Utøya anche io ho pensato che forse i tempi non erano ancora maturi. Ma leggendo la sceneggiatura e scoprendo che al centro del film ci sarebbero stati i ragazzi sull' isola e non l' uomo responsabile di tanto dolore, ho capito quanto fosse importante essere parte di questo progetto».
utoya- sopravvissutibreivikOSLO-UTOYA
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT - BENVENUTI AL “CAPODANNO DA TONY”! IL CASO EFFE HA FATTO DEFLAGRARE QUEL MANICOMIO DI…
DAGOREPORT: BANCHE DELLE MIE BRAME! - UNICREDIT HA MESSO “IN PAUSA” L’ASSALTO A BANCO BPM IN ATTESA…
FLASH – IL GOVERNO VUOLE IMPUGNARE LA LEGGE REGIONALE DELLA CAMPANIA CHE PERMETTE IL TERZO MANDATO…
FLASH – IERI A FORTE BRASCHI, SEDE DELL’AISE, LA TRADIZIONALE BICCHIERATA PRE-NATALIZIA È SERVITA…
DAGOREPORT – MARINA E PIER SILVIO NON HANNO FATTO I CONTI CON IL VUOTO DI POTERE IN FAMIGLIA…