1. GRANDI E GIUSTI APPLAUSI DEI CRITICI ALLA FINE DE "LA TRATTATIVA" DI SABINA GUZZANTI 2. E NON SARÀ UN CASO CHE IN CONCORSO TROVIAMO TRE FILM BUONI, CIVILI E "GIUSTIFICATI", MENTRE LE OPERE PIU' BELLE E CONTEMPORANEE SONO AI MARGINI DELLA MOSTRA 3. SIA "BELLUSCONE" CHE QUESTO "LA TRATTATIVA" RAPPRESENTANO LA PARTE PIU' VIVA, INTERESSANTE E POLITICA DEL NOSTRO CINEMA O DI QUEL CHE NE RESTA E LA PARTE PIU' CLAMOROSAMENTE INDAGANTE SULLA TRATTATIVA TRA NOI, ITALIANI TUTTI, NON SOLO SICILIANI, LA MAFIA E IL POTERE, DA SCALFARO, MANCINO, NAPOLITANO, CASELLI O BELLUSCONE 4. SABINA RIESCE A INGLOBARE LA FICTION MAFIOSA CON NINNI BRUSCHETTA E LA BRUTTA GRAFICA SANTORIANA, I SERVIZI DI SANDRO RUOTOLO E LE LITANIE DEL ‘’FATTO’’. MA NE FA UN FILM FORSE MENO FOLLE E ESPLOSIVO DI "BELLUSCONE', MA ALTRETTANTO INDIMENTICABILE

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Marco Giusti per Dagospia

 

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Venezia 71. Grandi e giusti applausi da parte dei critici alla fine delle proiezioni de "La Trattativa" di Sabina Guzzanti. E non sara' un caso che mentre i tre film italiani in concorso, per carità buoni, civili e "giustificati" come ha detto Michel Ciment rispetto agli orrori nostrani di qualche anno fa, le opere piu' belle e contemporanee siano stati relegate ai margini della Mostra. Perche' sia "Belluscone" di Franco Maresco che questo "La trattativa" di Sabina Guzzanti, e fotografato da Daniele Ciprì, rappresentano realmente la parte piu' viva, interessante e politica del nostro cinema o di quel che ne resta e la parte piu' clamorosamente indagante sulla trattativa tra noi, italiani tutti, non solo siciliani, la mafia e il potere, sia questo rappresentati da Scalfaro, Mancino, Napolitano, Caselli o Belluscone.

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Siamo noi ad aver smarrito qualcosa in questi ultimi vent'anni che ci separano dalle stragi palermitane e dall'arrivo di Forza Italia e della pace mafiosa nel nostro paese. Lontani dai fofismi benedicenti sulla messa in scena rigorosa della 'ndrangheta o sulle riletture mereghettianieleopardesche, sia "Belluscone" che "La trattativa" lavorano sul rapporto realtà-ricostruzione televisiva-decostruzione cinematografica-morte del neorealismo arrivando a una sorta di Italia postatomica, forse priva del cinema come lo abbiamo amato finora, dove l'intervista vera a un magistrato o a un mafioso o a Dell'Utri diventa completamente identica a una ricostruzione felliniana in studio della confessione di un pentito come Spatuzza, che nel film della Guzzanti è meravigliosamente interpretato da Enzo Lombardo.

 

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E' la strada santoriana della ricostruzione in studio, si dira', che tanto fece colpo qualche anno fa, mischiata ai modelli di neorealismo alla Francesco Rosi, vedi la citazione non dichiarata di "Salvatore Giuliano", che oggi è finito a dir la sua, vecchissimo, sulla vita e le opere di Gianluigi Rondi, e mischiata pure alle derivazioni di cattivo realismo giornalistico come accadde nel non dimenticato "Il sasso in bocca" di Giuseppe Ferrara, che per primo oso' mischiare interviste reali e ricostruzioni cinematografiche sulle storie di mafia e i legami col potere democristiano e i servizi.

 

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Stracultissimo, si dira'. Anche Sabina Guzzanti non si vergogna proprio di buttarla in sketck, in parodia, presentando Massimo Ciancimino come fosse una macchietta, o i pentiti incappucciati come ridicoli pupazzi (lo fa anche Maresco). Arriva pure a mostrarci una meravigliosa riunione mafiosa che si svolge durante una processione, con i capi della mafia che parlano sotto alla statua della Madonna (o di Santa Rosalia).

 

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E si-ci concede di interpretare una teologa nella parte piu' bella e sorprendente del film, l'esame di teologia di Spatuzza in carcere, e di riprendere il suo vecchio e storico Berluscone, per dimostrarci quanto clamorosamente la tv degli anni 90 avesse capito da subito dove stavamo andando in Italia e quanto fosse invece confuso e indifferente il mondo del cinema.

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Arriva anche ad altro, mentre mette in scena, con civilta' e precisione, senza eccessi alla Travaglio, la storia documentata della trattativa stato-mafia che vede coinvolti non solo Mori, Mancino, Scalfaro, ma anche Caselli.

 

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Arriva anche a spiegarci che l'unica possibilita' di lettura e di superamento di questo orrore e' religioso, buddista o cattolico che sia il regista, e la chiusa col Spatuzza che si commuove pensando all'omicidio di Don Puglisi, ci fa finalmente capire il film e la sua complessa struttura dove la sola redenzione dall'orrore e' nel sorriso morale di fronte alla morte.

 

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Non siano nel mondo di Pif, delle Iene berlusconiane. Siamo di fronte a qualcosa di piu' profondo che scava in quello che abbiamo vissuto e documentato in questi vent'anni di tv e giornalismo politico. Sabina riesce a inglobare tutto questo, la fiction mafiosa con Ninni Bruschetta e la brutta grafica santoriana, i servizi di Sandro Ruotolo e le litanie del ‘’Fatto’’. Ma ne fa un film forse meno folle e esplosivo di "Belluscone', ma altrettanto indimenticabile.

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