DAGOREPORT – MATTEO FA IL MATTO E GIORGIA INCATENA LA SANTANCHÈ ALLA POLTRONA: SALVINI, ASSOLTO AL…
Estratti da “Che Stupida”, di Ilary Blasi (ed. Mondadori)
Roma parla, 2022
La mattina del 22 febbraio mi trovavo a Milano, in una sala riunioni di Mediaset. Nel giro di un mese “L’isola” sarebbe andata in onda, per cui c’era molto da fare. Davanti a me computer, faldoni, profili di possibili concorrenti e, attorno al tavolo, una mezza dozzina di persone, fra regista, produttori e autori.
Lo smartphone, in modalità silenziosa, cominciò a tremare senza sosta. Mi stavano arrivando chiamate e messaggi a raffica. Diedi uno sguardo allo schermo, le notifiche erano tutte uguali: “Hai letto Dagospia?”. Oppure: “Ilary, tutto ok?!”.
Parenti, amici, la mia agente, tutti preoccupatissimi. Approfittai del primo momento di pausa per cliccare su uno dei trecento link uguali che mi erano stati inviati.
Dagospia titolava: La favola Totti & Ilary alle battute finali? Seguiva la descrizione di un inesistente litigio tra me e Francesco, che sarebbe esploso ai primi di febbraio, durante una gita a Castel Gandolfo.
Che avevamo fatto quel giorno? Be’, eravamo andati al lago con i ragazzi e alcuni amici. Mattinata al parco giochi, poi a pranzo nel borgo antico. Una giornata come altre mille, al netto dell’umore di mio marito. Non avevamo litigato. “Ma la gente non ha di meglio da fare? Deve proprio scrivere bufale sulla nostra vita?” pensai infastidita. Il resto dell’articolo era una summa di dettagli trascurabili che, messi insieme, potevano dare l’impressione di un nostro allontanamento.
Si citava il fatto che non avessi dedicato a Francesco un post nel giorno del suo compleanno. Quante volte ancora sarebbe tornata fuori quella storia? Nella vita reale l’avevo portato a Parigi, però naturalmente non contava. Beati Sandra e Raimondo, che non erano stati costretti a seguire il vademecum dei social, secondo il quale l’amore non esiste se non si dimostra a colpi di post.
Infine, secondo Dagospia era rivelatrice una frase che avevo pronunciato durante un’intervista rilasciata a luglio dell’anno precedente al settimanale “F”. Mi ero limitata a ripetere per l’ennesima volta un concetto che mi corrispondeva più dei capelli biondi o della “y” alla fine del nome. Ovvero il fatto che per le donne l’indipendenza, anche economica, sia fondamentale. Alla domanda «Che cosa significa per lei essere indipendente?» avevo risposto: «Libertà di scegliere: la trovo molto sexy. Anche di poter dire un giorno: sai che c’è, io me ne vado. Nella vita non si sa mai, le cose con Francesco funzionano ma tutto può cambiare. E io voglio poter decidere, non stare appesa a un uomo».
Mio marito questo lo sapeva dal giorno in cui ci eravamo conosciuti. E che fosse possibile far convivere tutto – la maternità, il matrimonio e il lavoro – gliel’avevo ampiamente dimostrato, ricavandomi negli anni un mio percorso professionale slegato dal suo, e di conseguenza una mia indipendenza economica. Dov’era il problema? La notizia? Non c’era. L’articolo stesso non era una novità.
Non so a quante coppie succeda di fidanzarsi, poi di sposarsi, di stare insieme vent’anni senza mai una crisi, un grosso scontro, uno dei due che esce di casa sbattendo la porta per tornare magari il giorno successivo. Niente. Zero. Eppure, noi venivamo pubblicamente dati per spacciati ogni due o tre mesi. Per ragioni del tutto insignificanti, come in questo caso, oppure perché “le voci girano”, “a Roma si sa che a Totti piacciono i maritozzi con la panna e le belle donne”. Avrei potuto riempire un album di figurine più spesso di quello dei calciatori, con le amanti attribuite a mio marito, ma non ho mai creduto a nessuna di quelle insinuazioni.
Perché mi fidavo di lui, sì, ma anche perché il nostro rapporto non si svolgeva sui giornali, sul web: lo vivevamo io e lui, dentro la nostra casa. La sintonia che c’era tra noi, l’amore li sentivo sulla pelle. Senza un motivo reale, concreto di insospettirmi, perché avrei dovuto dar credito a una diceria, piuttosto che a mio marito? Tanto la gente avrebbe continuato a parlare, i giornalisti a scrivere, in positivo e in negativo. Se avessi scelto – perché in fin dei conti di scelta si tratta – di dare ascolto al rumore esterno, non avrei più vissuto.
Quindi, anche in questo caso, archiviai lo “scoop”, presunto come il nostro litigio, finii di lavorare e nel pomeriggio salii sul treno per tornare a casa. Tra Milano e Roma il telefono non funziona bene. Fra gallerie e zone di scarsa copertura, fare una telefonata o caricare una pagina web richiede una quantità di pazienza che non ho. Quindi impazzii quando successe la stessa identica cosa del giorno precedente. Solo che questa volta le illazioni non erano generiche, avevano un nome e un cognome.
Si chiama Noemi Bocchi, il nuovo amore di Francesco Totti (e quanto somiglia a Ilary!) – Laureata in Economia, appassionata di calcio e padel, era allo stadio per Roma-Genoa. La storia con il capitano è iniziata mesi fa. Era rimasta nascosta, ma in città è iniziata a circolare quando lei è scappata all’improvviso da una festa per andare da Totti che aveva avuto un incidente in macchina...
Odio. Non ci sono altre parole per spiegare cosa provavo nei confronti di quel sito. Lo odiavo. “Come si permettono?” mi chiedevo. Non stavano rispettando un generico dovere di cronaca, l’oggetto di quegli articoli non erano questioni politiche o sociali, bensì la mia vita, il mio matrimonio. E quella storia non sarebbe rimasta confinata lì dentro, in rete, nel mio telefono, ma a breve, a brevissimo, sarebbe esplosa: visto che mio marito era Francesco Totti ne avrebbe parlato tutta Italia.
Faceva parte del gioco, è vero. Effetto collaterale del successo. O, meglio, della notorietà. Ma come avremmo potuto ricominciare in un clima del genere? Mesi e mesi di silenzi, discussioni, paura di perderci, e adesso questo: un’amante, con tanto di nome, cognome e faccia, che spuntava da una mascherina FFP2.
Non ce lo meritavamo. Eppure… Se certi amori finiscono, non servono giri immensi per capire cosa c’è dietro: basta guardare due file più in alto. Dove è seduta lei, a distanza di sicurezza da Francesco Totti. Non sufficiente per chi sa. All’Olimpico c’è anche Noemi, bellissima, bionda, capelli lunghi e lisci: era allo stadio quando l’ex capitano era sugli spalti per Roma- Genoa. Un segnale che il rapporto tra i due è molto stretto.
La passione del calcio di Noemi, laureata in Economia, non è improvvisa: l’ex marito, imprenditore, è dirigente di una squadra laziale. Una squadra dilettanti, con giovanili élite. Quanto sia appassionata o quanto sia tifosa della Roma non si sa. Anche il padel è una passione di Noemi. E che Totti abbia una passione sfrenata per questo sport non è un caso.
La storia tra i due è iniziata mesi fa. Era rimasta nascosta, ma in città è stata svelata ed è iniziata a circolare quando lei è scappata all’improvviso da un locale trendy vicino a Colle Oppio, da una festa. Per andare da Totti che aveva avuto un incidente in macchina. Niente di grave, ma la fuga era significativa. ... Non c’è stato bisogno nemmeno di guardare chi ci fosse vicino a Totti durante Roma-Genoa. Per ora resta alle spalle. Le basta pochissimo per scendere al suo fianco: appena due file più in basso.
Un incidente in macchina? Quale incidente? Pensai alle ultime settimane ma non mi venne in mente niente. A gennaio? No, zero. A dicembre? Non mi pareva... E non potevo essermelo dimenticato: chi si dimentica di un incidente in macchina del marito? Fermi tutti: mentre andava a prendere Chanel da un’amica aveva leggermente sbattuto con la Smart. Ma era stata una scemenza, me l’aveva detto lui stesso: «È solo una rottura di scatole, non preoccuparti, arriviamo». Nel giro di poco era rientrato con nostra figlia al seguito.
Possibile che Dagospia parlasse di questa sciocchezza? Ma come aveva fatto il giornalista a tramutarla in “incidente”? Immediatamente dopo realizzai: se “l’incidente” era quello, secondo il sito mio marito aveva un’amante almeno da allora. E nel frattempo avrebbe rinfacciato a me di essergli infedele? Non ci credevo. Va bene che le persone non si conoscono mai fino in fondo, però eravamo cresciuti insieme. Forse altri si sarebbero potuti comportare così, ma lui? Impossibile.
francesco totti a cena con noemi bocchi foto di chi 10
Provai a telefonargli. Niente, la linea non reggeva. Così gli scrissi su WhatsApp. Condivisi l’articolo e gli chiesi cosa stesse succedendo, chi fosse questa ragazza, se poteva spiegarmi. “Non so chi sia” mi rispose. “E allora perché indicano proprio lei e non quella di fianco? Due file dietro? Vorrà dire che il fotografo la conosceva, no?”
“Che ne so, me l’avranno presentata a un circolo di padel, forse l’ho vista due volte, mi ha chiesto la foto per i bambini, come tanti miliardi di persone. Poi guarda, guarda la foto: mica sta vicino a me.”
E poi, lucidamente, mi fece notare che, se quella fosse stata la sua amante, mai l’avrebbe portata allo stadio, dove ovviamente aveva un faro puntato addosso e, di conseguenza, tutti l’avrebbero notata...
Ci stava. Quindi gli credetti. Era mio marito, non avevo mai avuto motivo di dubitare della sua parola, e anche adesso... perché avrei dovuto farlo? Che cosa avevo? Una fotografia in cui si vedeva una ragazza alle sue spalle. Nulla. Però rosicavo. Perché Dagospia dava la cosa per certa? Con che coraggio metteva in mezzo una persona sconosciuta ai più? Fosse stata nota, forse avrei capito la scelta di pubblicarne il nome, ma così? Nome e cognome... Non capivo.
Aprii Instagram e digitai “Noemi Bocchi”. Peccato, il profilo era privato. Riguardai lo scatto che ritraeva Francesco all’Olimpico mentre salutava i tifosi. Accanto a lui due uomini in giacca, cravatta e spolverino blu, forse due dirigenti o due bodyguard. Poco sotto ragazzi con la sciarpa giallorossa che lo fissavano adoranti, cellulare alla mano, pronti a scattargli una foto. Dietro un mucchio di persone con i volti pixellati, tranne questa ragazza: lei era a fuoco. Ma nel complesso si trattava di un’immagine come ne avevo viste a migliaia negli anni, diceva poco o addirittura niente.
“Francesco, se non è vero non possiamo stare zitti. È una cosa grave” gli scrissi. “Non solo per l’immagine della nostra famiglia, ma soprattutto per la tua, ti fanno passare per uno che tradisce la moglie alla luce del sole. Devi fare qualcosa.”
Lui era un po’ restio, come sempre in simili casi. Secondo lui una smentita è una mezza verità, meglio tacere. Spesso avevo condiviso la sua posizione, rimanere zitti era anche un modo per non dare peso e credito a voci infondate. Se intervieni, la “notizia” non può che ingigantirsi, perché rifà il giro del web e dei giornali insieme alla smentita; se non intervieni, invece, prima o poi finisce per sgonfiarsi da sé.
Questa volta, però, ritenevo che esporsi fosse necessario. Perché quella non era una diceria: c’era di mezzo una persona vera. E gli articoli si stavano moltiplicando: il volto di Noemi era ovunque, sulle prime pagine di tutti i siti di informazione, e da qualche archivio era spuntata una seconda immagine, che la ritraeva sempre allo stadio, qualche fila dietro Francesco, già a dicembre.
Secondo me era necessario fare chiarezza, quindi insistetti, mi impuntai. Anche perché, se la relazione non esisteva, se era tutto inventato, che problema ci sarebbe stato nello smentire? Io l’avrei fatto di corsa.
Dopo un po’ Francesco accettò di procedere come suggerivo. Decidemmo di andare fuori a cena la sera stessa, da Rinaldi Al Quirinale. L’anno precedente avevamo festeggiato lì San Valentino con Angelo e Giorgia. Angelo aveva girato un video mentre Francesco attraversava a piedi piazza di Spagna: coperto da mascherina e cappuccio, la gente lo sfiorava e non lo riconosceva. Era stata una bellissima serata.
Il mio treno arrivava a Termini poco dopo le sette, Francesco venne a prendermi in stazione con i ragazzi e, tutti insieme, andammo direttamente al ristorante. Tentai di essere la Ilary di sempre, di mostrarmi esuberante, felice di quella bella idea: festeggiare il ritorno della mamma andando fuori a cena noi cinque.
Era una messinscena per la piccola. Non so se i grandi già sapessero; in ogni caso ero loro grata del fatto che non mi avessero ancora chiesto niente, ma consapevole che a breve sarebbe successo.
Il crudo di pesce mi aiutò a riprendere tono. Girai un video della famiglia a tavola e lo condivisi su Instagram. Al termine della serata, Francesco si fece invece riprendere mentre commentava la vicenda, in modo da poter a sua volta pubblicare una story.
Nelle ultime ore ho letto sui media tante cose su di me e soprattutto sulla mia famiglia. Non è la prima volta che mi succede di sentire queste fake news. Mi rivolgo a tutti voi che scrivete tutte queste cose di fare attenzione, perché di mezzo ci sono i bambini, e
i bambini vanno rispettati.
E sinceramente mi sono veramente stancato di dover smentire. Gli avevo chiesto una cosa e lui l’aveva fatta. Si era schierato dalla mia parte. Però non mi levavo dalla testa che non avesse negato in maniera netta. Aveva definito la relazione “fake news”, ma non aveva detto chiaro e tondo: “Miei cari giornalisti, non ho nessuna amante, avete preso una cantonata”. Nemmeno l’aveva buttata sul ridere, come avrebbe forse fatto in altri momenti.
La sera, in camera da letto, tentai di capirci qualcosa: «Dobbiamo parlare. Vedi che è successo? Uscendo sempre la sera da solo, la gente ha dedotto che il nostro matrimonio è agli sgoccioli, e i media si sono infilati tra di noi ancora una volta».
Secondo lui la colpa era mia: ero io ad aver scatenato la tempesta. Lui era completamente innocente. «Giuramelo.» E lui giurò, giurò sui nostri figli. «Tutto inventato di sana pianta, quindi...?»
Sì, tutto falso. L’unica cosa vera era che io, con il mio comportamento, avevo rovinato tutto. L’avevo ucciso dentro. Mi si riempirono gli occhi di lacrime. Talmente tante e talmente grosse che cominciarono a colare, come l’acqua dai bordi di un bicchiere troppo pieno.
E non era tutto. I sensi di colpa mi pesavano, ma a chiudermi lo stomaco era la paura per il suo distacco nei miei confronti. Il problema non era l’infedeltà mia (inesistente) o l’amante sua (una ragazza seduta due o tre file dietro di lui: boh?), ma la distanza che Francesco, con il suo rifiuto di confrontarsi con me, stava scavando tra di noi.
Era come se ci fossimo disuniti: prima procedevamo appaiati, a braccetto, mano nella mano, comunque vicini; adesso io tentavo in tutti i modi di portarlo con me, in avanti, e lui rimaneva inchiodato all’ossessione di un paio di messaggi tra amiche. Era di questo che volevo parlare. Prima, però, dovevo riuscire ad aprire con lui un canale di comunicazione.
Mi asciugai le guance e gli occhi con le dita, macchiandole di mascara.
«Francesco, prova a vederla così. Adesso io mi trovo nella tua stessa situazione. Ho davanti una fotografia che, come mi confermi tu stesso, non significa nulla. E che ho fatto? Sono venuta da te e ti ho chiesto spiegazioni. Tu me le hai date e io, a questo punto, ho due scelte: fidarmi oppure no. Scelgo di fidarmi. Potrei approfondire, cercare altro, provare a recuperare il numero di telefono di questa ragazza e chiamarla, ma non lo faccio perché non mi serve. Tu sei mio marito, l’uomo che amo, e se tu mi dici che è tutta una montatura, io ti credo. Basta così.
«Ora, come puoi ben vedere, è la stessa identica situazione in cui ti trovavi tu poco tempo fa. Solo che, mentre per te tutto si è svolto nella tranquillità della nostra casa, io passo ancora una volta per la cornuta d’Italia, visto che di questa storia parla tutto il Paese.»
In risposta, suggerì di far pubblicare anche i miei messaggi.
«Come vuoi. Vuoi far uscire questa storia? Falla uscire se ti fa sentire meglio. Non ho niente da nascondere. Ma non cambierebbe il fatto che io ti credo e tu no.»
«Te l’ho già detto, io non sono bravo come te.»
È una prigione, il senso di colpa. Una prigione di quelle di una volta, con le sbarre alle finestre e le luci al neon, artificiali. Il sole non entra, la prospettiva è sempre stretta: quella della feritoia sulla porta, della finestrella oblunga in alto, del cortile chiuso su quattro lati dove ti portano per l’ora d’aria. Tutto ti riconduce al tuo errore, non riesci a vedere oltre, perdi completamente la prospettiva. E dunque rimani lì, arrotolato alla tua pena, come se fosse il salvagente che potrà aiutarti a superare la tempesta.
Pare che sia una questione di resistenza: se soffrirai abbastanza a lungo, e abbastanza forte, in quel caso forse riuscirai a espiare, a lenire le ferite altrui fino a guarirle. E allora sarà possibile ricominciare, tornare a essere quello che si era. E magari andare avanti. Solo che questo non succede mai. Il giorno della liberazione non arriva mai. Perché le ferite si curano con l’amore, non con la mortificazione. Non è amore quello che la esige. Solo che io, in quel momento, sentivo troppo dolore per essere in grado di capirlo.
Il giorno successivo la notizia era ovunque. Ogni quotidiano la riportava, ne parlavano al telegiornale, sul web rimbalzava da un social all’altro come la pallina di un flipper.
Squillò il telefono, era mia madre: «Tesoro, cosa sta succedendo? Solita bufala?». E io crollai.
totti e noemi bocchi italian padel awards
Avevo la risposta sulla punta della lingua: “Sì, mamma, non è vero niente, l’avranno scritto perché il nome di Francesco, lo sai, ingolosisce sempre... Capirai, una ragazza allo stadio due file dietro di lui: hai presente quante volte è successo? Quante gliene presentano?”.
Invece riuscii a dire solo: «Mamma, per favore, vieni qua».
I miei genitori vivono nella villetta accanto a casa nostra, che avevo comprato per loro poco dopo il nostro trasloco. Tre minuti dopo mia madre suonò alla porta. Le aprii, mi guardò negli occhi e mi abbracciò. Mi prese per mano, mi portò in cucina, mi preparò una tisana. Poi si sedette di fronte a me e io, piangendo, le raccontai ogni cosa: che Francesco era molto silenzioso da alcuni mesi, che avevo provato di tutto per comunicare con lui, fallendo miseramente. Questo fino al 28 gennaio, quando mi aveva rivelato il motivo del suo atteggiamento.
BASTIAN ILARY BLASI - FOTO GENTE
Le riferii quello che Francesco sosteneva a proposito della ragazza che ormai tutti indicavano come la sua amante, e che io gli credevo. Ma avevo anche paura. E se fosse stato vero? Se avesse davvero avuto un’altra?
«Ma figurati, uno che ti guarda come lui guarda te non può avere un’amante! In città avranno notato che ultimamente è un po’ scostante, che esce spesso, e ne avranno approfittato per raggranellare qualche clic.»
Esattamente come la pensavo io. Tornava tutto, no? Fino a pochi mesi prima avevo un marito innamorato, premuroso... e mentre si comportava così si sarebbe trovato un’altra? Mi avrebbe fatto sentire in colpa, e nel frattempo conduceva una doppia vita? Che andassero a raccontarlo a qualcun’altra: la verità la sapevamo solo io e lui.
Peccato che tutto il resto del mondo credesse all’altra storia, quella del
Francesco fedifrago sotto i miei occhi. Passavo per ingenua, nei casi migliori; cretina o addirittura connivente nei peggiori.
C’era chi pensava che avrei dovuto aspettarmelo: lui, novello Apollo, già era sceso dall’Olimpo degli dei del calcio per sposare una ragazza di quartiere, e pretendevo pure che mi fosse fedele? Ero stata “eletta” tra migliaia di donne, come se avessi vinto una lotteria, e ancora non mi bastava? Ma chi volevo prendere in giro?
Era ovvio che avessi sempre saputo – il mondo è piccolo e la gente mormora – e dunque che mi andasse bene così, che avessi taciuto e fossi rimasta al mio posto, in buon ordine, per non perdere il privilegio dell’ufficialità, con annessi benefici economici. Il solo pensiero mi ripugnava. Avevo sposato l’uomo, non il campione cui accarezzare i piedi prima di dormire. E la mia dignità di donna, la mia carriera, la mia indipendenza, che fine facevano? E poi il tradimento per me non era accettabile, così come per Francesco.
Ci eravamo sposati per amore, per stare insieme “finché morte non ci separi”, come stavano facendo i miei genitori, come avevano fatto i suoi, non per creare una sorta di impresa di mutuo soccorso in cui ciascuno fosse libero di trovarsi amanti o intrecciare altre relazioni.
Quando mia madre uscì di casa, lasciandomi in una condizione leggermente migliore di come mi aveva trovato, telefonai a Silvia e le raccontai tutto. A questo punto avevo bisogno di raccogliere più pareri possibili di persone care, che conoscevano e amavano entrambi. Mia madre aveva praticamente adottato Francesco; allo stesso modo Silvia non era solo mia sorella, ma chi ci aveva presentati.
Lei, scioccata, mi rivelò di aver notato che lui fosse diverso nei miei confronti già a Capodanno, «ma ho immaginato una discussione, un malumore... sai, gli up and down normali delle coppie, pure delle più affiatate. Tu non mi avevi detto niente, ho pensato a un momento passeggero, non ho voluto ingigantire le cose». Certo, i miei messaggi avrebbero potuto essere equivocati, immaginava che lui ci fosse rimasto male, eppure non si capacitava del fatto che Francesco potesse voler distruggere il nostro matrimonio per un motivo simile.
«E di Dagospia che te ne pare?»
«Be’, non credo a una parola! Sarà la solita gente invidiosa; non ti ricordi quante ne hanno dette negli anni? Roma chiacchiera, l’avranno visto due sere di fila da qualche parte, magari c’era pure questa, e gliel’hanno affibbiata.»
«Ma perché hanno pubblicato nome e cognome, secondo te?» «Non ne ho idea...»
Le voci, gli articoli, i servizi... andarono avanti per tre lunghissimi giorni. Mi faceva impazzire il fatto che la smentita venisse criticata, definita “debole”, “troppo lieve”, “inconsistente”. A quanto pare, tranne la nostra cerchia nessuno gli aveva creduto.
noemi bocchi francesco totti 2
Mi sembrava inconcepibile: perché neanche un giornalista voleva soffermarsi a notare che, a parte una foto poco significativa, non c’era altro? Nessuno scatto compromettente, nessuna prova schiacciante. Vuoi che nemmeno un paparazzo delle decine e decine che popolano le strade della città avesse ripreso Francesco mentre incontrava questa ragazza?
O mio marito era un genio nel nascondere le sue tracce (cosa davvero molto difficile se di cognome fai Totti), oppure era tutto falso. Piuttosto che accettare questo semplice fatto come evidente, per continuare ad alimentare la vicenda i media tirarono in ballo le mie sorelle. Ree, a loro dire, di gestire il patrimonio di mio marito.
In questa delirante ricostruzione, separarsi da me era complicato perché Francesco in passato avrebbe consegnato le redini dei suoi averi a Silvia, che lavora da decenni in uno showroom, e a Melory, ortottista, due ragazze che, proprio come me, tutto hanno fuorché le competenze minime di finanza e gestione patrimoniale necessarie per svolgere questo compito.
La rabbia mi levava il sonno, l’appetito, mi sfiniva, ma era sempre meglio della stanchezza, perché non appena mi ci abbandonavo mi sentivo stupida. E, di conseguenza, incapace di discutere con mio marito con la lucidità di cui ero sempre andata fiera. La “Ice Princess” si era sciolta, e sotto c’era questo agglomerato di tormenti.
Meno male che, nel frattempo, la vita andava avanti, così potevo pensare ad altro.
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Mi fiondavo con entusiasmo su tutto ciò che potesse distogliermi da quell’incubo: occuparmi dei ragazzi, della casa, del lavoro, mi permetteva di tornare a essere la Ilary che conoscevo. La mamma energica, la donna che ha tutto, o quasi, sotto controllo, la professionista dinamica. Rispetto al solito mi costava una fatica improba, ma almeno mi rimetteva in contatto con i miei punti di forza, le mie migliori capacità: mi alzavo al mattino, svolgevo compiti che normalmente mi sarebbero parsi elementari, e ne ricevevo indietro una botta di autostima. “Hai visto?” mi dicevo la sera a letto, da sola, fissando lo schermo nero della tv di fronte a me. “Nonostante tutto anche oggi sei riuscita a fare questo e quest’altro”, e mi abbandonavo a qualche ora di sonno.
Appena fui in grado di affrontare con loro il discorso senza piangere, parlai con i ragazzi. Cristian aveva sedici anni, Chanel quattordici, tra web e compagni di scuola era decisamente improbabile che fossero all’oscuro di tutto. Dovevo rassicurarli.
Mi era successo una volta soltanto di vedere mia mamma in lacrime, dopo un litigio con mio padre. Un evento rarissimo, fra l’altro. Lei, comunque, ne era uscita spossata, forse aveva tentato di non mostrarsi così a noi figlie, ma per un qualche motivo che non ricordo io l’avevo intravista: era stato come perdere il senso dell’orientamento.
Non volevo che la stessa cosa accadesse ai miei figli. Già erano coinvolti in una situazione più grande di loro, proteggerli dal mio personale smarrimento, dalla mia preoccupazione, era il minimo che potessi fare. Dovevano sapere che in quel caos non erano da soli, che io c’ero ed ero salda come ero sempre stata. Se per far sì che si sentissero al sicuro dovevo rinchiudere le mie emozioni da qualche parte dentro di me, benissimo: tra me e i miei figli la scelta era ovvia.
fiorentina inter totti noemi bocchi
Aspettai la fine del weekend, il momento di massima tranquillità, per sedermi con loro sul divano e illustrargli tutti i fatti, con la massima trasparenza. Condivisi poi la mia convinzione sugli articoli usciti nell’ultima settimana: il papà non aveva nessun’altra donna, probabilmente in città l’avevano visto fuori qualche sera in più, come al solito ci avevano dato al capolinea, ed ecco che era spuntata una presunta amante. Nulla di nuovo sotto il sole.
«Ecco tutto. Se volete, potete parlare anche con papà» dissi loro, sicura al cento per cento della correttezza di Francesco. «Senza timori: papà è introverso ma tiene esattamente come me al fatto che voi sappiate la verità.» Loro andarono dal padre e gli chiesero se nelle notizie che stavano circolando ci fosse qualcosa di vero. Lui ribadì quel che avevo anticipato e giurò che non era vero niente. Non c’era nessun’altra donna.
Finalmente una buona notizia.
FRANCESCO TOTTI NOEMI BOCCHI AGLI INTERNAZIONALI DI TENNIS A ROMA 2
[…] Il 21 marzo ero in camerino, stavo preparando la prima puntata del programma. Il cellulare impazzì di nuovo. “Verissimo” era andato in onda il sabato e aveva fatto scalpore: qualcuno mi definiva coraggiosa, qualcuno completamente matta, ma la stragrande maggioranza della stampa mi dava della bugiarda.
Alcuni giornalisti si spingevano a insinuare che la nostra fosse ormai da anni una coppia aperta, sebbene non pubblicamente, e che quindi per pura e semplice convenienza avessi difeso la facciata che avevamo concordato di mostrare all’esterno; altri presumevano che sapessi della relazione di mio marito ma, per interesse, mentissi spudoratamente.
Amici e parenti mi inviavano il link a un nuovo articolo di Dagospia, intitolato Raccontacene un’altra, Ilary! La Blasi si fa ospitare dall’amichetta Silvia Toffanin a “Verissimo” per rompere il silenzio sulla crisi con Totti e dare la sua versione mejo di un film fantasy.
Insistevano. Secondo loro era tutto vero: Noemi Bocchi era l’amante di Francesco. E io avrei mentito su tutta la linea. Inoltrai il link a Francesco, commentando “Dagospia rosica. Ha fatto un nuovo articolo con foto vecchie e dice: ‘Ilary raccontacene un’altra’”.
La sua risposta mi lasciò interdetta: mi scrisse che, se così mi invitavano a fare, avrei dovuto raccontarne un’altra.
Che?! Un’altra cosa? Esiste un’altra versione della storia? Ma la verità non ha versioni: o hai l’amante o non ce l’hai. Era possibile che fosse tutto vero? Francesco, il mio Francesco, quello che mi aveva sostenuto sempre, che si era sciroppato dietro le quinte tutte le puntate del “Grande Fratello VIP” perché sapeva quanto ci tenevo e voleva esserci mentre realizzavo il sogno di condurre un reality, mi avrebbe mandato a schiantarmi in quel modo? Dovevo aver capito male. Con i messaggi succede, no? “Che vuoi dire?” gli scrissi. “Lui mi sta dando della bugiarda.” Secondo mio marito non dovevo preoccuparmi, un giorno avrebbe incontrato i giornalisti di Dagospia e gli avrebbe sputato in faccia. Gli dispiaceva solo che non sarebbe accaduto presto. Ecco, questo era già più lui. Sollievo, ma momentaneo, perché lo sentivo che qualcosa comunque non andava. […]
Che stupida, 2022
Il nostro anniversario, il 19 giugno, cadde nel bel mezzo della tempesta. Discutevamo spesso della separazione. Francesco nicchiava, prendeva tempo, con un’indecisione che mi esasperava. «Sappi che da qua non si torna indietro» lo avvisavo, sperando di indurlo a propendere per l’alternativa: ripensarci, darci fiducia, riprovare. Ricevetti messaggi da mezzo mondo, inclusa sua mamma; da lui, nemmeno mezza parola. In un simile clima, a nessuno dei due venne in mente di organizzare cene sontuose o scenografici brindisi. Ci incrociammo di pomeriggio, in piscina. Era domenica, c’erano i nostri figli, l’acqua, il sole, il gelato... un anniversario orribile, una giornata sopportabile.
Verso sera, Francesco andò a prepararsi: «Esco a cena con gli amici». Non dissi niente. Non c’era più niente da dire. All’alba del giorno successivo partii per Milano, la sera ci sarebbe stata la penultima puntata dell’“Isola”. Dopo aver passato mesi a organizzare per Isabel cene con mia sorella e le cuginette, con la nonna o qualche amichetta, Francesco mi disse che alla bimba avrebbe pensato lui. Finalmente una gioia: Isa avrebbe passato del tempo con il papà.
Al mio ritorno la trovai felicissima, intenta a giocare con tanti giochi nuovi. Le chiesi da dove venivano: «È un segreto fra me e papà». «D’accordo, d’accordo...» […] Mentre disfacevo la valigia, Isabel mi saltellava intorno. Per fare quattro chiacchiere le chiesi com’era andata, se con papà si era divertita, con chi erano stati... «Ho dei nuovi amici» mi raccontò, srotolando due o tre delle mie cinture e cercando di annodarle tra loro. «Bello! E come si chiamano?» «Non me lo ricordo.» Normalissimo.
[…] La settimana successiva, però, capitò la stessa, identica cosa. Francesco uscì con Isabel e martedì, al mio rientro dopo la finale dell’“Isola”, la trovai con una bambola nuova.
«Papà ti ha regalato anche questa, amore?». «Non posso dirtelo, mamma, se no papà si arrabbia e non mi compra più i giochi.»
Campanello d’allarme. Un conto era la condivisione padre-figlia di una piccola “trasgressione”, ma perché chiederle di non dire niente? Non mi sarei certo arrabbiata con lui per aver fatto un regalo a nostra figlia. «Ma tu, amore, non devi avere segreti con mamma...» le spiegai. «Dove sei andata con papà?»
«Siamo andati in una casa con delle persone... c’erano tanti altri bambini, ho giocato con loro.»
«Ma questi amici sono gli stessi che conosce anche mamma?»
«No.»
Saranno quelli di lunedì scorso, la compagnia della nuova fidanzata del nostro amico.
«I bambini sono gli stessi dell’altra volta?»
«Sì.»
«E non ti ricordi come si chiamano?»
«Non è che non me lo ricordo, è che non te lo posso dire, mamma...»
«È anche questo un segreto fra te e papà?»
«Sì.»
Di segreti nella nostra famiglia cominciavano a essercene troppi. Ero
esausta, non ne potevo più della nebbia che avvolgeva la nostra vita: mio marito che entrava e usciva di casa senza dire dove andava, chi frequentava, quando sarebbe tornato, alimentando un flusso incessante e cattivo, gratuito, di voci sul suo conto. E ora questo. Perché?
Era una situazione assurda: mia figlia indotta a tacermi i nomi dei suoi amici... Per alleggerire l’atmosfera ed evitare che Isa pensasse di aver tradito il padre semplicemente svelandomi l’esistenza di un patto tra loro due, decisi di fare altro, di cambiare argomento.
Mi sedetti con lei sul pavimento della mia stanza. Ho sempre amato la moda, fare shopping mi diverte, in quei mesi era stato anche terapeutico. Tirai fuori dall’armadio quattro o cinque cappelli e una scatola di collane estive, lunghe e colorate, e cominciai a far provare a Isabel le cose della mamma.
[…] A un certo punto – immagino sentisse il desiderio di raccontarmelo, di coinvolgermi – fu Isa a tornare sull’argomento, scucendo il nomignolo di una bambina, che mi disse essere più grande di lei e avere un fratello più piccolo, di cui mi rivelò il nome. Continuando a giocare, pensavo e ripensavo alle informazioni che avevo raccolto: Francesco aveva portato nostra figlia a casa della fidanzata di un nostro amico storico e là c’erano tanti bambini, fra cui questi due, fratello e sorella.
Ma nel nostro solito giro nessuno aveva figli con quei nomi e di quell’età. Era strano. Davvero Francesco – che all’apice della fama non usciva senza spalla, il cugino oppure qualche amico – si era lanciato con Isa in un contesto praticamente nuovo? […] Mentre passavo mentalmente in rassegna i figli dei nostri amici, in cerca di due fratelli che corrispondessero agli scarni dati forniti da Isa, mi ricordai di aver letto da qualche parte che Noemi, la ragazza fotografata allo stadio, aveva due bambini, un maschio e una femmina. Dovevo scoprire come si chiamavano.
Controllai su Instagram, vuoi mai che nel frattempo lei avesse deciso di sbloccare il profilo... purtroppo no. Cercai in rete: che lei avesse due figli era indubbio, ma dei nomi nessuna traccia. Mi rimaneva solo “radio quartiere”: telefonai a un’amica, che chiamò un’amica, che a sua volta aveva un’amica che era follower di Noemi, e in capo a un paio d’ore avevo nomi ed età dei bambini. Corrispondevano. […]
«Dobbiamo pensare a me, sì, giusto. Devo chiederti un favore. Francesco mi ha detto che stasera va con Isa al ristorante, ma sono sicura che la porta da Noemi. Mi serve un investigatore. Di Milano, però: se tifa Roma magari mi dice una balla pure lui, per proteggere Totti.»
L’investigatore lo pedinò per poche ore, giusto il tempo di individuare la sua auto nei pressi della casa di lei e trovarsi coinvolto in un putiferio, dato che alcuni ospiti si accorsero della sua presenza.
Nel tardo pomeriggio del giorno dopo, aprii la porta di casa con tutta la serenità del mondo. La verità stava per venire a galla. Finalmente sapevo che la strada da percorrere poteva essere una sola, ed era obbligata. Avevo tentato di tutto, fallendo. Adesso non potevo fare altro, e questo – paradossalmente – era liberatorio. Non dovevo più pensare, valutare, soppesare: dovevo solo dirglielo, e in un istante avrei liberato me e i miei figli dall’atmosfera degli ultimi mesi, pesante come il cielo d’inverno.
Passai a salutare i ragazzi nelle loro stanze. Isa mi raccontò che la sera prima, mentre era fuori con papà, alcuni adulti si erano accorti della presenza di un fotografo e avevano chiamato la polizia. Si era spaventata. «E tu con chi eri?». «Con gli altri bambini.»
Andai dritta nella nostra stanza. Non volevo urlare, non volevo piangere; volevo solo mettere le cose in chiaro.
Francesco era in bagno, davanti allo specchio montato tra i nostri due lavandini, uno di fronte all’altro. «Francesco, puoi dirmi che è successo ieri sera?». Con gli occhi bassi, mi chiese di dirglielo io, dato che già lo sapevo. «No no, io non c’ero. Dimmelo pure tu.»
Per mesi aveva ribattuto con eccezionale prontezza a qualsiasi mia domanda. Ora, consapevole di essere stato smascherato, si affannava nel tentativo di inventare su due piedi una spiegazione plausibile per quello che era accaduto la sera precedente.
Ma ormai ogni parola che gli usciva dalla bocca era palesemente una bugia: la casa dove aveva portato Isabel non apparteneva infatti alla persona di cui mi stava facendo il nome; l’amante che, a suo dire, gli avevano ingiustamente attribuito, non esisteva... «Francesco, guardami negli occhi. Ancora hai il coraggio di dirmi che è tutto inventato? Certo, ti hanno messo in mezzo, Noemi te l’hanno appioppata... Però ieri sera hai portato mia figlia a casa sua. Arrenditi, ti hanno visto. Quando pensavi di dirmelo?»
Non sapendo dove sbattere la testa, contrattaccò, accusandomi di averlo fatto seguire da un investigatore, come se fosse un’immonda bassezza. «Certo» risposi, «perché tu non dicevi la verità.
Sono stata costretta, altrimenti non staremmo nemmeno avendo questa conversazione. Tu negheresti ancora, come stai provando a fare comunque, nonostante tutto, e io cosa potrei fare, se non credere di nuovo alla favoletta che mi stai raccontando da quando...? Da quanto va avanti? Almeno da febbraio, altrimenti Dagospia la foto non la pubblicava...»
Secondo Francesco la colpa era mia. Si era sentito tradito, e solo a causa di questo si era buttato nelle braccia di un’altra. Fino a pochi giorni prima avrei fatto il suo gioco. Mi sarei strappata i capelli e le vesti, prendendomi tutta la responsabilità. Ora no, perché l’uomo corretto e leale – quello che Francesco Totti ha rappresentato per la sua squadra e per la sua città – non scappa: parla con la propria moglie.
Mentre provava a manipolarmi, a addossarmi per l’ennesima volta responsabilità che non avevo, mi venne un flash dell’estate precedente. Strano come funzioni la memoria: dopo tanti mesi passati ad arrovellarmi, solo in quel momento realizzai che quella ragazza l’avevo già vista a Poltu Quatu, in Sardegna, dove Francesco aveva partecipato a un torneo di padel dopo il nostro viaggio a Mosca. Lei non giocava, però era lì con i bambini.
«Mi devi dire perché proprio lei, che non era iscritta al torneo, guarda caso in quel weekend si trovava in un albergo completamente prenotato da persone che, invece, col torneo avevano a che fare.»
Stupefatto per la mia memoria, mi disse di non ricordare affatto che lei fosse presente in quell’occasione, se lo sostenevo doveva essere vero. E comunque lui non la conosceva.
«E quando l’avresti conosciuta?»
Per l’ennesima volta si rifiutò di parlare, di darmi almeno quel minimo di spiegazioni, di prospettiva, che sentivo di meritare, visto il nostro legame. Si asciugò la faccia, lasciò cadere la lavetta accanto al lavandino e fece per uscire.
«Non provare ad andartene, vigliacco! Hai conosciuto un’altra, va bene, succede. Ma poi hai provato a scaricare tutte le colpe su di me, mentre facevi una cosa schifosa. Cos’è, pensi di essere giustificato perché ti sei sentito messo in dubbio? Eh no, Francesco: nulla ti giustifica per aver mentito a me, ai nostri figli, alla nostra famiglia, agli amici, alle persone che ti amano e ti seguono e ti considerano un esempio. E questo perché non avevi il coraggio di metterti seduto di fronte a me e dirmi la verità.» […]
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noemi bocchi foto mezzelani gmt010FRANCESCO TOTTI ALLE TERME DI MONTECARLO CON UNA BELLA BIONDA CHE SEMBRA NOEMI BOCCHInoemi bocchi foto mezzelani gmt009noemi bocchi foto mezzelani gmt007noemi bocchi foto mezzelani gmt008noemi bocchi foto mezzelani gmt032noemi bocchi foto mezzelani gmt006noemi bocchi foto mezzelani gmt033noemi bocchi foto mezzelani gmt031noemi bocchi si allena allo stadio dei marmi foto mezzelani gmt005noemi bocchi si allena allo stadio dei marmi foto mezzelani gmt008noemi bocchi foto mezzelani gmt 046noemi bocchi assiste a roma inter foto mezzelani gmt003noemi bocchi foto mezzelani gmt030francesco totit e noemi bocchi allo stadio NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)NOEMI BOCCHI ASSISTE A ROMA INTER FOTO MEZZELANI -GMT (C)noemi bocchi a tirana foto gmt 537
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