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Marco Giusti per Dagospia
Sono rimasti in pochi a parlarci di crisi e della classe operaia. Ken Loach e il suo sceneggiatore Paul Laverty non ci parlano solo di crisi e di classe operaia da anni, ma sono tra i pochissimi che lo sappiano fare con competenza e affetto totale per i loro sfortunati e coraggiosi personaggi. Stavolta, in I, Daniel Blake, lo fanno in un’Inghilterra in crisi profonda pre-Brexit, con i poveri che stanno diventando sempre più poveri e lottano ormai solo per mantenere la propria dignità alla faccia del governo Cameron o di chi lo seguirà.
Quello che Ken Loach e Paul Laverty hanno cucinato per il pubblico europeo, e che dopo la Brexit acquista davvero un altro valore, è un'opera importante e dura in un momento falsamente positivo per tutti. E bene hanno fatto i giurati di Cannes a premiare il film con la Palma d’Oro in barba a chi riteneva il cinema di Loach vecchiotto e troppo ideologico. Il Daniel Blake del titolo, interpretato da un comico inglese proveniente dalla classa operaia, Dave Johns, ha 59 anni e è reduce da una brutta crisi cardiaca.
Non può più lavorare, da carpentiere che era, e si trova nell'assurda situazione di dover cercare lavoro e, contemporaneamente, aspettare l'indennità di malattia. E quindi, ammesso che lo trovi, non può accettarlo. Una contraddizione burocratica impossibile. Vive solo a Newcastle, la moglie è morta dopo una lunga malattia e non riesce a entrare in contatto, come tanti sessantenni di estrazione operaia, col mondo di Internet e con la burocrazia dello Stato. Non parliamo poi di assistenza sanitaria.
Così la sua battaglia per ricevere l'indennità lo massacra giorno dopo giorno. Riuscirà però lo stesso a dare una mano a una sciagurata famiglia messa pure peggio di lui che compone un quadretto poco idilliaca di famiglia allargata rovinata dalla crisi. Cioè la giovane Katie, Hayley Squires, incapace di trovarsi un lavoro e i suoi due figlioletti da poco arrivati da Londra.
Daniel li aiuterà a sistemarsi e a non perdere il coraggio per affrontare la realtà. Se lo scontro è con l'orrore della burocrazia, l'indifferenza dello Stato e dei suoi esecutori, la rete di solidarietà e di amicizia che si stringe attorno a Daniel e tra lui e la famiglia di Katie è ciò che manda avanti la storia e offre l'unica nota positiva a un film piuttosto scuro e che mostra poche speranze.
Dave Johns, stand up comedian che sembra un po' Maurizio Battista, spero un po' meno greve, ma della stessa tipologia popolare, è meraviglioso come l'uomo qualunque Daniel Blake, carpentiere e persona civile che non chinerà mai la testa e combatte la sua battaglia per non perdere l'unica cosa che non possono portargli via, la dignità.
Certo, il film scivola un po' sul drammatico, ma è comunque sempre costruito e messo in scena con una tale forza e precisione che ci mostrano a che livello di scrittura sulla realtà del paese e di conoscenza dei loro personaggi siano arrivati Ken Loach e Paul Laverty. Grande film. Giusto e meritato premio. In sala da giovedì.
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