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Luca Morino per la Stampa
Londra, come tutte le grandi metropoli, è una città fatta di tante città, ognuna con mille storie da raccontare e personaggi famosi da citare. È anche forse la capitale mondiale della musica: nel tempo ogni genere ha avuto, in qualche maniera, una benedizione (o una maledizione, ma va bene lo stesso) da parte dei suoi quasi nove milioni di abitanti se non addirittura da Sua Maestà la Regina in persona, come nel caso dei musicisti nominati Baronetti dell' Ordine dell' Impero Britannico, i Beatles ed Elton John.
Partiamo da quest' ultimo per il nostro breve giro nella swinging city e in particolare da una bellissima mostra di fotografie della collezione appunto di Sir Elton John intitolata «The Radical Eye»: si tratta di opere moderniste realizzate tra il 1920 e il 1950 da fotografi di fama mondiale come André Kertész', Edward Weston, Man Ray, Dorothea Lange, Tina Modotti e tanti altri.
La mostra è ospitata dalla Tate Modern che si affaccia sul Tamigi nella zona di Bankside, in pieno centro. L' edificio è una vecchia centrale elettrica trasformata nel 2000 in una delle più spettacolari opere architettoniche del XXI secolo dagli architetti Herzog & de Meuron e l' ala denominata «The Switch House» è stata inaugurata solo nel giugno del 2016. Se non ci fosse alcuna mostra in corso il giro varrebbe egualmente la pena.
St Pancras Old Church Da qui, con sole 6 fermate di autobus, si arriva alla St. Pancras Old Church. All' inizio dell' 800 era praticamente in aperta campagna. Nei pressi della chiesa si può visitare un frassino molto particolare e poco conosciuto, l' Hardy Tree: nel 1865 la costruzione della ferrovia richiese la necessità di trasferire le tombe del cimiterino della Old Church e il compito fu affidato al giovane Thomas Hardy, al tempo impiegato nella società dei lavori ma divenuto in seguito un importante scrittore. Hardy decise di conservare le lapidi e disporle in verticale attorno all' albero, che continuò a crescere inglobando i vecchi marmi tra le radici.
L' effetto è degno di una scenografia di Harry Potter, un' opera d' arte in cui uomo e natura hanno lavorato fianco a fianco aggiungendosi alle infinite testimonianze dello sviluppo di Londra, spesso splendidamente conservate, durante l' epoca vittoriana.
Ci troviamo a questo punto in piena Camden Town, tra i quartieri «musicali» più famosi della città. In meno di 10 minuti di passeggiata arriviamo davanti a uno dei tanti club storici della zona, il Koko.
Frequentato anche da Amy Winehouse (abitava lì vicino), nel tempo si è chiamato The Music Machine, poi Camden Palace: fu questo il teatro in cui tenne il suo primo concerto londinese Madonna, in cui morì il primo cantante degli AC/DC Bon Scott e che, alla fine degli Anni 70, divenne uno dei ritrovi preferiti della scena punk londinese.
Esattamente 40 anni fa, nel 1977, uscirono infatti lo storico album Never mind the bollocks, here' s the Sex Pistols e il primo album dei Clash, The Clash . La band, ritenuta da molti come «l' unico gruppo che conti», aveva come base Camden Town ed è proprio qui, in un pub nei pressi di Camden High Street, che incontro Barry Myers, in arte dj Scratchy, che aprì tutti i concerti dei Clash nei tour compresi tra il 1978 e il 1980, il periodo di massimo splendore della band.
Gli inizi «Ho iniziato come resident dj nel febbraio del '76 al Dingwalls qui a Camden. Non era esattamente dove si trova ora, anzi dove c' era la mia postazione in seguito è stato aperto un varco pedonale e ci sono delle bancarelle. Negli anni Camden è cambiata tantissimo, ai tempi i turisti non passavano neanche da qui. Bazzicavo un negozio di dischi e non ricordo assolutamente quanto mi pagassero come dj, ma la cosa strepitosa è che avevo un budget settimanale per comprare la musica per il club. Era il massimo che potesse chiedere un ragazzino fanatico di musica che nel '69 era già stato al concerto dei Rolling Stones di Hyde Park.
Certo, rimpiango un po' di non essere andato con i miei compagni di classe a sentire Jimi Hendrix al Ronnie Scotts, a Soho, forse nella sua ultima apparizione dal vivo, ma ho visto passare veramente tanta roba da queste parti».
Ieri e oggi Come è cambiata la scena musicale in questi 40 anni? «Gli Anni 60 furono molto radicali come epoca musicale ma quella combinazione richiedeva a un certo punto un vero cambiamento, così come in politica e nella società in generale. Tutto iniziò forse già con gruppi americani che potremmo definire protopunk come gli MC5, gli Stooges, Patti Smith, oppure Richard Hell and the Voidoids, anche per quanto riguarda il modo di vestirsi e di atteggiarsi. Dopo che i Ramones suonarono qui al Roundhouse nel luglio del '76 nulla fu più come prima. Loro furono i veri padri del punk e gli americani in generale esprimevano anche una componente artistica che non faceva parte delle nuove band londinesi come i Damned, i Pistols o i Clash.
I Sex Pistols per esempio erano un gruppo di ragazzi che frequentavano il Sex, un negozio di abbigliamento che Malcolm McLaren - il loro futuro manager - aveva aperto assieme alla moglie Vivianne Westwood. Fu lui che decise come dovevano vestirsi e come comportarsi. Insomma furono pianificati completamente a tavolino, ma seguendo quella che poteva essere un' esigenza, uno sfogo naturale per quella nuova generazione, e per questo ebbero un successo enorme».
Dj Scratchy è andato con i Clash in giro per il mondo.
«Ricordo che nel tour americano usavamo uno sleeping bus, cioè si viaggiava e si dormiva tutti insieme sullo stesso bus, c' era una grande armonia tra band e staff e io mi sentivo effettivamente uno di loro. Infatti poi Joe Strummer mi ha voluto con sé anche durante il tour dei Mescaleros, la band che formò dopo lo scioglimento dei Clash». In fondo, dentro di se, si sente ancora un punk. «Sempre».
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