DOMANDE SPARSE SUL CASO ALMASRI – CON QUALE AUTORIZZAZIONE IL TORTURATORE LIBICO VIAGGIAVA…
Estratto dell'articolo di Daniele Luttazzi per “il Fatto Quotidiano”
Tanto vale cominciare col noto critico tv di un famigerato giornalone, nonché prof alla Cattolica, che un tempo definisce “insulti” le battute satiriche di Decameron (giudicate da soli: t.ly/7nzUG). Sky sta trasmettendo la docu-serie The Story of Late Night, che ripercorre i momenti salienti del talk show notturno statunitense, genere televisivo che quel critico tv riassume così: “Un comico rilegge in maniera satirica le notizie più importanti della giornata, nei suoi monologhi trasmettere una presa di posizione politica. Poi ci sono ospiti illustri, si ascolta buona musica, si ride”.
Ma per l'ennesima volta il noto critico tv scrive: “Quante volte ci siamo posti la domanda: perché in Italia non c'è mai stato uno come David Letterman?”. E per l'ennesima volta evita di rispondere, perché la risposta imbarazzante è che un programma così c'era eccome, Si chiamava Satyricon, ebbe un successo enorme, ma fu chiuso dopo appena 12 puntate in seguito all'editto bulgaro di Berlusconi.
L'autore e conduttore di quel programma dimostrò sulla sua pelle che in Italia “uno come David Letterman” non c'è perché la tv italiana, da sempre mosca cocchiera delle camarille politiche e dei loro veti incrociati, non se lo può permettere. Tanto che, quando si entra in argomento, i giorni, che sono una delle tante espressioni di quelle camarille, scelgono di non parlarne: anni fa un blog si divertiva a elencare i casi di “bulgarite”, la peculiare forma di amnesia che colpiva i giornalisti di Repubblica quando, nel citare l'editto bulgaro, evitavano selettivamente di nominare il fumetto dei tre, sostituendolo con altri (“Biagi, Santoro e Fazio”, “Biagi, Santoro e Guzzanti”, “Biagi, Santoro e Travaglio”) finché il morbo divenne talmente grave da interferire con la capacità di completare la terna con un nome qualsiasi, e arrivarono a scrivere dell'editto bulgaro “contro Biagi e Santoro”.
Se proprio costretti a nominare quel comico, i media complici optano per la denigrazione (“insulta, è volgare, plagia, evade le tasse”), poiché diffamare la vittima del sopruso di un potente assolve il potente dal sopruso; ed è, fra i mestieri infami, dei più redditizi. “Uno come David Letterman” è talmente scomodo in Italia (il problema, infatti, è solo italiano: talk show alla Letterman vanno in onda in tutto il mondo libero) che qua i conduttori scelti per le “pallide imitazioni” di quel talk show non sono mai stand up satirici, come negli Usa, ma intrattenitori, giornalisti e deejay, che non sono la stessa cosa.
Ne è un esempio la versione al bromuro di Satyricon, e cioè Che tempo che fa, che ne prese il posto dopo la cancellazione coatta: anodino al punto che la Rai di ogni colore ha potuto trasmetterlo tranquillamente per 20 anni di seguito.
“Uno come David Letterman” è talmente scomodo in Italia che, se viene contattato per un programma, come prima cosa l'emittente gli chiede di firmare un contratto che li autorizza a tagliare i contenuti satirici che non approvano; ma la satira o è libera, o non è. E quando il comico propone la soluzione che garantisce a entrambe le parti l'esercizio delle rispettive libertà costituzionali (fare l'editore, fare satira), e cioè metter un riquadro nero con la scritta “materiale satirico giudicato non idoneo alla messa in onda” al posto delle parti censurate, col cazzo che accettano.
“Uno come David Letterman” in Italia non c'è perché il gioco è truccato. E questo, a quanto pare, sta bene a tutti, prof della Cattolica compresi.
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