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NON CI CREDE-RAI - ‘QUANDO CICCIOLINA NEGLI ANNI ’70 LEGGEVA LE FILASTROCCHE A SENO NUDO’ (VIDEO). MARIA PIA AMMIRATI, DIRETTRICE DELLE TECHE RAI, RACCONTA L’EVOLUZIONE DELLA DONNA NELLA TV PUBBLICA - NEL ’56 LA BALLERINA ALBA ARNOVA FU LICENZIATA PER LE CALZE COLOR CIPRIA, SOLO ALLA FINE DEI ’70 ARRIVANO LE GIORNALISTE, POI DIRIGENTI, INFINE DIRETTORI
Maria Pia Ammirati per www.lastampa.it
Gli uomini hanno fatto sicuramente la tv ma le donne l’hanno cambiata con veri e propri colpi di accelerazione e con improvvisi cambi di rotta. Il modello culturale imperante della televisione pubblica degli anni di avvio, cioè gli Anni 50 e 60, è stato un modello maschile che trova le sue prime espressioni in una tv pedagogica. Non manca la sperimentazione dell’intrattenimento, genere che deriva molto dal linguaggio teatrale, dove le donne sono presenti più come spalle e personaggi di secondo piano. Insomma, come vallette.
E non è un caso se il primo scandalo della tv pubblica scoppi per un balletto di Alba Arnova, nel 1956, durante una puntata del programma La piazzetta, quando la ballerina invece di indossare calze nere, indossa le calze da danza. Le calze che con quel bel colore cipriato fanno apparire le gambe, riprese dal bianco e nero, nude.
L’Arnova fu censurata, perse il posto, il programma frettolosamente chiuso. L’Italia non era pronta per un mezzo di massa così potente o per donne che si emancipavano dal ruolo di madri e mogli accudenti? Per entrambe le cose, infatti pochi anni dopo, nel 1962, un regista non certo bacchettone come Antonello Falqui capisce che per far passare uno spettacolo innovativo come Studio Uno avrebbe dovuto far indossare alle gemelle Kessler calze pesanti e coprenti, rigorosamente nere.
E siamo ancora agli Anni 60, anni ambigui e sessuofobici, quando si affaccia la prima donna moderna della tv, cioè Mina. Personaggio formidabile per bellezza ma anche per professione. Con quel pizzico di disincanto che la fa imporre sulla scena come una donna nuova e quindi di rottura. Non è un caso che l’ennesimo scatto in avanti della tv, e della società, sarà la prima volta di due donne alla conduzione di un programma, Mina e Raffaella Carrà, alla testa di Milleluci.
Si arriva così ai 70, anni magnifici per la Rai, anni di sperimentazioni e di prodotti televisivi di grande qualità. Con il passaggio al colore nel ’77 la Rai compie un salto e delega a Rai 2 i programmi più provocatori e paradossali dove il corpo femminile si esibisce anche con una certa sfrontatezza. Non siamo ancora agli eccessi di Drive in (la concorrenza privata), ma ricordare il seno nudo di Cicciolina mentre canta le sue filastrocche per il programma C’era due volte fa un po’ pensare allo strano puritanesimo che impera oggi. Sono questi gli anni in cui il gioco della femminilità si fa più ardito, complice un regista come Enzo Trapani.
Si dice che la tv pubblica sia specchio del paese, capace quindi di restituirci una fedele fotografia della società. Ed è chiara l’immagine che proiettano le donne: il grande mutamento sociale, una mutazione antropomorfica del femminile che comincia finalmente a pensare alla gestione della propria immagine. Il capitolo degli anni a venire mette in gioco un altro aspetto del grande tema donne e tv, e cioè il rapporto donne e potere televisivo. Alla fine degli Anni 70 avviene un’altra svolta importante: per la prima volta si affacciano sulla scena del lavoro televisivo donne giornaliste e qualche altrettanto rara dirigente.
Bisogna però aspettare gli inizi degli Anni 90 per avere direttori donne di testata con Barbara Scaramucci prima e Daniela Brancati appena dopo, e il 1994 per la nomina della prima presidente donna della Rai, Letizia Moratti. Intanto le redazioni pian piano si riempiono di donne, e alla fine degli Anni 90 finalmente le donne dirigenti superano la soglia del 10%. Evidentemente troppo poco se il primo direttore generale donna, Lorenza Lei, arriva solo nel 2010.
Vista da tale prospettiva questa è una storia di “prime volte”. La prima volta di un’annunciatrice, di una conduttrice, di una giornalista, di un direttore. Hanno dettato mode, stili e culture, e oggi hanno la possibilità di guidare una piccola rivoluzione.
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