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Marco Giusti per Dagospia
Certo, negli anni di Tarantini e Lavitola, sentir parlare di donne virtuose e non sottomesse come la Jane Eyre di Charlotte Brontë appare un po' strano. Ma gli inglesi vanno pazzi per i loro classici e, dopo aver visto a Venezia una versione di "Cime tempestose" di Emily Bront e diretta da Andrea Arnold con un Heathcliff nero, abbiamo un "Jane Eyre" diretto da un giovane regista nippo-svedese americano, Cary Joji Fukunaga, fotografato da un brasiliano, Adriano Goldman, interpretato dalla ventenne australiana Mia Wasikoska come Jane Eyre e dal bel tedesco-irlandese Michael Fassbender, ancora in sala come Jung, nei panni del tenebroso Rochester.
L'operazione nasce dallo stesso team che ci aveva dato l'anno scorso il notevole "Tamara Drewe", cioè stessi produttori e stessa sceneggiatrice, l'italo-inglese Moira Buffini, che ha fatto un gran lavoro di ricostruzione del romanzo. Di Jane Eyre al cinema, dai tempi del muto, se ne contano ben 27.
Si va dalla superclassica Joan Fontaine (ancora viva, fa 95 anni il prossimo 22 ottobre), che se la vedeva col grande Rochester di Orson Welles, alla fantastica Susannah York, l'unica veramente inglese ma già trentenne, che recitava con il troppo americano George C. Scott, alla franco-inglese Charlotte Gainsbourg, che si ritrovava più che il Rochester di William Hurt, la regia di Zeffirelli.
Su tutte le Jane Eyre del cinema i critici inglesi hanno ovviamente storto un po' il naso e hanno avuto molto da ridire. Anche su questa bravissima Mia Wasikowska, lanciata da Tim Burton in "Alice" e protagonista anche del recente "Restless" di Gus Van Sant. "Poco attraente e inamidata", "Non si capisce perché ben due uomini debbano lottare per lei", "Parla con l'accento del nord". Hanno da dire anche su Michael Fassbender, "troppo naturalistico", "poco gotico". Per fortuna che la presenza di Judi Dench li rassicura.
Uffa! L'idea del film, piaccia o meno, era proprio quella di costruire una Jane Eyre classica, di gran ricostruzione visiva e scenografica, ma non così drammatica, gotica e cinematografica. In questo contesto Rochester, un po' byroniano e meno tenebroso del solito (lo ha detto Fassbender), si innamora delle virtù nascoste della governante della figlia proprio perché così sottotono.
Inoltre Fukunaga, come Andrea Arnold, punta moltissimo sulla forza drammatica che viene nell'avvolgere storie e personaggi negli ambienti naturali. Siamo dalle parti, insomma, di una ricerca di neoromanticismo che usa però un modello di cinema realistico quasi alla Ken Loach.
Questi testi classici sembrano quasi delle prove autoriali per registi ancora giovani e non del tutto affermati. Certo, il "Bright Star" di Jane Campion era qualcosa di più compatto, anche se tutto girato in Nuova Zelanda. Ma anche in questi casi è molto interessante l'ossessione del cinema inglese per la rilettura dei loro testi in chiave moderna. Dietro c'è anche una ricerca di identità , di ricerca di radici. Strana, se pensiamo a cast così internazionali. C'è anche la ricerca di nuove star alla prova con grandi testi.
Mia Wasikoska è perfetta come bellezza sottotono alla Joan Fontaine. Michael Fassbender, purtroppo, somiglia più a Alberto Lupo che a Orson Welles. Jamie Bell, giovane star di "Billy Elliot" e della serie tv di culto "Dear Wendy", fa lo spasimante sfigato di Jane.
Attenzione, nel finale, al cammeo di Valentina Cervi come la squilibrata Mrs Rochester. Curiosamente, leggiamo nei titoli di coda, la Cervi canterebbe anche una canzone che non sentiamo nel film. Tagliata dal regista? Dalla distribuzione? Ascoltiamo, invece, la ballata "Farewell" di Lord Byron cantata da Imogene Potts. Esce il 7 ottobre.
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