antonello piroso fiorello amadeus

“AMADEUS LASCIA LA RAI? I PASSAGGI DA TV A TV SONO COSA BUONA E GIUSTA: SI CHIAMA CONCORRENZA” - ANTONELLO PIROSO SCRIVE A DAGOSPIA: “IL PROBLEMA NON È IL CAMBIAMENTO, È LA STAGNAZIONE, GLI INTOCCABILI, I SEMPITERNI, GLI INSOSTITUIBILI, CHE RIMANGONO ABBARBICATI AI LORO POSTI PERCHÈ SANNO DI ESSERE IN REALTÀ SOSTITUIBILISSIMI - A OGNI VARIAZIONE, I SOLITI FULMINI E SAETTE. COME QUANDO NEL 2017 L’ALLORA PRESIDENTE DELLA RAI MONICA MAGGIONI, DOPO IL RINNOVO MULTIMILIONARIO STRAPPATO DA FABIO FAZIO (BEATO LUI), DISSE: ‘NON SO SE LA RAI AVREBBE RETTO ALLA SUA USCITA’. SENZA OVVIAMENTE RENDERSI CONTO DELL'ENORMITÀ BALORDA DELL'ASSUNTO…”

Lettera di Antonello Piroso a Dagospia

 

ANTONELLO PIROSO

Grazie per aver ripreso il mio intervento mattutino a Virgin Radio nei panni del Cavaliere Nero di proiettiana memoria. Diciamo, a beneficio del mio editore, che il tema "Fiorello" è stato il terzo che ho affrontato. Prima ho dato conto delle reazioni palestinesi all'attacco iraniano contro Israele, sulla base del Diario da Gaza di Sami al-Ajrami su Repubblica.

 

Poi mi sono occupato della surreale vicenda del nome della nuova Alfa Romeo, cambiato da Milano in Junior (una follia), dopo le esternazioni sovraniste -condite da un riferimento sballato alla legge sull'Italian Sounding- del ministro Urso.

fiorello e amadeus

 

Solo infine sono passato all'argomento di cui sopra, che è nato non solo dalla lettura dell'articolo di Fabrizio Roncone (collega che stimo, e lui lo sa: i suoi articoli si "bevono" dalla prima all'ultima riga, ma in questo caso travolto non da un insolito destino come Gennarino Carunchio, quanto da un'enfasi a mio avviso affettuosamente esagerata e per ciò stesso inusuale), ma anche dalle paginate sulla vicenda Amadeus.

 

Il tutto con i toni del perculamento e dell'autoperculamento che la parola scritta non può restituire, ma che qui - volendo mettere insieme una serie di amene considerazioni - giova richiamare (la rubrica è comunque ascoltabile sul sito virginradio.it), perchè nei miei sfogoni davvero non c'è mai "niente di personale".

 

fiorello e amadeus quarta serata sanremo 2024

Il bersaglio della mia invettiva non erano i talenti (fuori discussione) di Fiorello o di Amadeus, bensì il cortocircuito che si crea, nel rutilante mondo della comunicazione e dei mass media, tra cronaca, critica e personaggi sotto i riflettori. Ovvero tutti coloro che, come noi, razzolano in questo bosco e sottobosco autoreferenziale: iene dattilografe, fustigatori di (mal)costumi -ma sempre con partita iva e rimborso spese a pie' di lista- giustizieri a corrente alternata, moralisti un tanto a followers, specialisti di paraculismi e supercazzole.

 

Intendiamoci: stiamo parlando di "bi-esse", acronimo usato da Denzel Washington -in una bella intervista su giornalismo, cinema e cultura- ovvero "bullshit". Stronzate. E che lo dica io vale nulla, rimando piuttosto al fondamentale trattarello del filosofo morale Harry G. Frankfurt, "On Bullshit", pubblicato nel 1986 e ristampato nel 2005 (da Rizzoli).

amadeus e fiorello quarta serata sanremo 2024

 

Incipit fulminante e non smentibile da alcuno su tutto il globo terracqueo: "Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione. Tutti lo sanno. Ciascuno di noi dà il proprio contributo". Non solo. Alla fine della sua ricerca Frankfurt scolpisce "l'essenza della stronzata": "L'assenza di un legame con un interesse per la verità, l'indifferenza per come stanno davvero le cose".

 

Con questa consapevolezza ci sono cresciuto fin da quando, in gioventù (1980), fui portato dalla mia fidanzata coreografa a vedere "All that jazz" di Bob Fosse. Ne rimasi incantato, soprattutto perchè capii che il regista stava inscenando la sua morte, il film era il suo testamento al ritmo di "On Broadway" di George Benson e di una pirotecnica versione, la potete vedere su Youtube, di "Bye bye love" degli Everly Brothers (1957), trasformata in "Bye bye life".

 

antonello piroso 4

Ebbene, nel finale del film, un amico di Joe Gideon, l'alter ego cinematografico di Fosse, lo descrive così: "E' arrivato alla conclusione che il suo lavoro, lo show business, l'amore, la sua intera vita, perfino lui stesso...sono tutte stronzate". Nichilismo allo stato puro (pure troppo).

 

Quindi, ragazzi -come direbbe Lei ai parlamentari dell'opposizione (vabbe', e che sarà mai?)- non stiamo dibattendo di massimi sistemi, di una nuova scoperta sui buchi neri, o sulla vita oltre alla morte: chi siamo? da dove veniamo? dove andiamo? ("E soprattutto: ci sarà parcheggio?" copyright by Enrico Brignano, che mi fa ridere come Fiorello, Checco Zalone, Max Tortora, Andrea Pucci, Crozza e il maestro Ricky Gervais. E' un'insalata russa? E quindi? Ma perchè, voi preferite la vita monocromatica a quella in technicolor?).

pippo baudo raffaella carra silvio berlusconi

 

Si sta parlando di tv, di "mercato dei teledivi", di intrattenimento, che se sarà particolarmente gradevole, tra qualche decennio -quando tutti noi avremo attraversato la nostra definitiva linea d'ombra- fornirà materiale per Techetechetè (forse). Non solo.

 

I passaggi da tv a tv sono cosa buona e giusta: si chiama concorrenza, produce nuovi spazi e ne libera altri, s'investono risorse e ci si ingegna per allocarne altre, così magari si scoprono nuovi talenti, nuovi personaggi, nuove storie, si sperimentano nuovi format. Perchè il problema non è il cambiamento, è la stagnazione, gli intoccabili, i sempiterni, gli insostituibili, che rimangono abbarbicati ai loro posti perchè sanno di essere in realtà sostituibilissimi, in quel friabile universo ripiegato su stesso dove se, come ho detto in radio, Baudo, Carrà e Bonaccorti passano a Mediaset, in Rai s'inventano Celentano conduttore del sabato sera (scelta che all'epoca fu subito bollata come suicida; si è visto...).

 

david bowie adriano celentano

Invece, a ogni variazione della morta gora dell'eterno presente, ecco tuoni, fulmini, saette, l'Armageddon: "Fabio Fazio fa parte della storia della Rai, non so se la Rai avrebbe retto alla sua uscita", dirà la presidente della Rai Monica Maggioni tirando un sospiro di sollievo dopo il rinnovo multimilionario strappato da Fazio (beato lui) nel 2017, senza ovviamente rendersi conto dell'enormità balorda dell'assunto (perchè se l'azienda di cui sei presidente non regge a una pseudobotta del genere, o hai sbagliato qualcosa tu o ha sbagliato qualcosa l'azienda di cui sei il vertice).

 

monica maggioni

Anni a leggere le cronache da prefiche in gramaglie, colleghi spiaggiati come balene sulle posizioni della sinistra televisiva, "Cosa farà Michele? Lascerà la Rai per andare alla corte di Berlusconi? E la Rai può permettersi di fare a meno di Santoro?", e poi -ma qui è il Franti che è in me a infierire- è stata la tv, alla fine, a fare a meno senza rimpianti di Santoro (che per la cronaca poi in Fininvest ci andò, con Berlusconi già sceso in politica, in un fiorire di inchieste giudiziarie e giornalistiche, a cominciare da quella sullo "stalliere di Arcore": questo non impedì al "tribuno del popolo" di firmare un ottimo contratto, segno evidente che i soldi di Berlusconi profumavano di Spatuzza solo quando pagavano me, e di lavanda provenzale quando erano bonificati a lui).

 

Edmondo Berselli

Tutti citano "Venerati maestri" di Edmondo Berselli, libro-cult, ma in pochi se lo ricordano: "Non mi piacciono gli indiscutibili. Non mi piace 'o presepe. Non mi piace Roberto Benigni. Non mi piace Susanna Tamaro. Mi piace sempre meno anche Nanni Moretti, e avrei molti dubbi anche su Dario Fo, e per equilibrio bipartisan ammetterò che sono scettico pure su Oriana Fallaci...".

 

Era il 2006, ma già Berselli -qualcuno gli avrà datato del "rosicone", che è la classica, loffia risposta di chi crede così di disinnescare il dissenso, spostando l'attenzione dalla critica al critico che la formula- metteva il dito sulla piaga. "Quello che non va è il conformismo diffuso, il velluto di ipocrisia collettiva che sembra aver coperto con una specie di indiscusso canone artistico, intellettuale e spettacolare l'Italia contemporanea, in ragione del quale TUTTI SONO D'ACCORDO CON TUTTI, E NESSUNO OBIETTA MAI NIENTE (le maiuscole sono mie).

 

adriano panatta antonello piroso

E' il regime degli infallibili, che inibisce qualsiasi critica. In privato si parla male di tutti, e si fanno sghignazzate sui grandi capolavori che vengono proposti dai mass media e sui protagonisti santificati dallo stereotipo. In pubblico, e cioè sui mass media e nelle occasioni ufficiali, ci si guarda bene dall'incrinare -anche solo con un graffio- il luogo comune e l'oleografia". 122 minuti di applausi (ci metto anche i tempi supplementari).

Meglio non si poteva pensare, dire, scrivere, sul luogocomunismo, la ruffianeria, l'osservanza ferrea dell'imperativo categorico "cane non mangia cane".

 

fabio fazio

Un esempio recente? Mi viene domandato da una cronista: "Cosa pensi delle 19 candidature al David (Devid secondo la sua pronuncia) del capolavoro di Paola Cortellesi C'è ancora domani?". Rispondo che sono contento per lei, per la sua squadra (tra cui il mio "fratello" mezzosangue calabro Vinicio Marchioni), per un film ben fatto, con trovate originali, che ha portato la gente al cinema su un tema finalmente non banale, ma che, ecco, faccio fatica a definirlo un capolavoro.

 

Replica: "Ah, un'opinione controcorrente. Come mai?". Come mai? Cioè: come mai non la pensa come tutti? Perchè il film mi è piaciuto, ma la parola "capolavoro" a me fa venire in mente "La grande guerra" di Mario Monicelli, o "L'Ultimo Imperatore" di Bernardo Bertolucci, ecco perchè, e senza che questo significhi sminuire l'impegno o le capacità di Cortellesi (ho come avuto l'impressione che alle parole Monicelli e Bertolucci la giovane collega non avesse esattamente idea di chi stessi parlando, ma tant'è: delle mie valutazioni fuori-linea non ha saputo che farsene, visto che non le ha usate).

antonello piroso foto di bacco (1)

 

Racconto un altro aneddoto che rispecchia fedelmente il berselliano "in privato palate di me..., sui giornali solo the e pasticcini". Poco tempo fa una firma da prima pagina viene mandata in trasferta per un evento mondano, e si ritrova con altri autorevoli colleghi a cena, le tipiche rimpatriate del pattuglione degli inviati.

 

A un certo punto, viene buttato lì un nome di una persona dello showbiz, e parte una serie di missili terra-terra che lascia basito il mio confidente (che pure non è una vergine di primo pelo: mi scuserete se non faccio nomi, non è per non espormi, ma per non esporre lui, tanto più che il pissipissi era in camera caritatis): "Sentenze al vetriolo, espresse con una perfidia che ovviamente non ritrovi nelle loro disoneste recensioni su quella stessa persona!".

mourinho gp arabia

 

Un tipico esempio di "prostituzione intellettuale", come l'avrebbe bollato Mourinho. (La stessa firma, quando si era messa in mente di fare un ritratto a 360 gradi proprio di Fiorello, è stata autorevolmente dissuasa: "Lascia perdere. Fiorello è amato come Garibaldi, e Garibaldi non si discute". Il che suona singolare se si pensa che in Italia si dibatte e ci si divide su tutto, perfino sui moniti di Mattarella e le encicliche di Papa Francesco).

 

Bisognerebbe avere la leggerezza di Adriano Panatta, che davanti a un fan che lo stava ricoprendo di iperboli, si è spazientito: "Ero solo uno che correva in braghette dietro a una pallina", rincarando poi la dose in altre circostanze: "Bisogna prendere molto sul serio ciò che si fa, perché è giusto farlo bene, magari bisogna prendere un po’ meno sul serio se stessi, il proprio ruolo, l’idea stessa che si possa essere, soprattutto se giovani, delle star. L’intelligenza e il buon senso vengono prima di tutto. Un tennista tira una pallina il più possibile vicino a una riga, e questo è quanto: non potrà mai essere più importante di uno scienziato“ (volevate sapere perchè il nostro sodalizio, in tv e fuori, funziona da quasi vent'anni? Be', la ragione sta tutta qui).

panatta

 

A nessuno di noi sopravvalutati fa piacere essere criticato, siamo tutti ipersuscettibili, tutti sale della terra, quando ci dovremmo considerare dei fottuti privilegiati: miracolati pagati, in qualche caso strapagati, per assecondare il fanciullino che alberga dentro di noi. E che nel mio caso è quello della fiaba di Andersen, quando esclama senza cattiveria: "Il re è nudo!". Con onestà intellettuale, ma senza spocchia.

 

Il mio errore, semmai, è confidare troppo nell'intelligenza altrui, perchè mi dico: "Dio è stato generoso con tutti noi, siamo fortunati: ci ha fatto dono di denaro, fama, popolarità", dando per scontato che insieme abbia regalato anche ironia, autoironia, low profile e understatement. Sbagliato: issati sul piedistallo, si diventa/ci si sente "incontestabili", ci si circonda di yesman, ci si aspetta solo red carpet, rose e violini, giudizi al miele e interviste in ginocchio, e ogni rilievo che non sia encomiastico suona come un'offesa da lavare col sangue.

antonello piroso foto di bacco (3)

 

Come mi ha insegnato il mai troppo rimpianto Giampaolo Pansa, quando quasi 40 anni fa "passava" i miei pezzi a Panorama: "Ricordati che se vuoi fare una bella frittata devi rompere più di un uovo". Sì, Giampaolo, ma oggi aggiungo di mio: anche senza ritenersi un unto del Signore, e senza rompere troppo i coglioni al prossimo.

giampaolo pansa