DAGOREPORT – REGIONALI DELLE MIE BRAME! BOCCIATO IL TERZO MANDATO, SALVINI SI GIOCA IL TUTTO PER…
Marco Giusti per Dagospia
La cosa che più mi colpisce del film di Pif è il suo manifesto, con lui vestito da militare americano e l’asino su cui va a cavalcioni che volano attaccati a un elicottero. E’ un’immagine che ci viene in parte da un simile asino di Cattelan, quello buono, quello artista, che lo ha usato parecchie volte, e in parte dai film parodistici di guerra alla Franco e Ciccio. Se non capiamo che anche questo suo secondo film, In guerra per amore, è una sorta di parodia, di commedia di guerra, e lo prendiamo troppo sul serio, rischiamo di non capirne la prospettiva e il suo tipo di cinema.
Così, dopo averci raccontato i rapporti tra mafia e la DC di Andreotti in La mafia uccide solo d’estate, Pif ci spiega, in questo suo secondo film, come il patto segreto tra l’esercito americano e i capi mafiosi legati a Lucky Luciano durante lo sbarco alleato in Sicilia nella Seconda Guerra Mondiale abbia finito per spingere l’isola nelle mani della mafia per un lungo, lungo periodo. In pratica, malgrado la storia d’amore già presente nel titolo, questo In guerra per amore è quasi il prequel de La mafia uccide solo d’estate, che nel frattempo è diventato una serie tv per la Rai.
E, come nel primo, una piccola vicenda umana serve a Pif per raccontare in maniera ironica, ma chiara, forse anche troppo, la storia dei legami tra mafia e potere e cosa questo posso aver provocato nella vita della gente comune. Cornice e storia personale sono perciò strettamente unite. Però, a ben vedere, siamo più dalle parte della commedia all’italiana “educativa” di Luigi Zampa o di Scola-Maccari (a Scola il film è dedicato) che non nel mondo più surreale e artistico di Franco Maresco. Anche la storia è da commedia all’italiana.
Il giovane Arturo, cameriere italiano a New York, per non perdere il suo amore, la bella Flora, Miriam Leone, promessa dallo zio al figlio di un boss mafioso, si arruola con l’esercito americano pronto a partire per la Sicilia. Potrà così chiedere la mano di Flora direttamente al padre di lei, che vive in un paesino sperduto siciliano. Per impedire tutto questo, il boss padre del promesso sposo, chiede agli amici siciliani di eliminare Arturo. Morto più, morto meno, durante una guerra mondiale…
Ora. Quello di Pif è un cinema molto libero, inventivo e, ingenuamente, senza paura di scivolare nel grottesco. Lo sbarco degli americani, l’elicottero che depone Arturo a cavallo di un asino nel paesino, Lucky Luciano, lo studio di Frank Delano Roosevelt. La cosa più incredibile non è solo che credi a quel che ti racconta, è che ogni scena, anche la più assurda, diventa plausibile all’interno del suo tipo di messa in scena proprio perché te la racconta in quel modo.
Se la cornice, coi mafiosi e gli americani, è la cosa più spassosa, mentre l’intreccio ha qualche malfunzionamento e qualche scivolamento nel drammatico-poetico alla Benigni (con tanto di bambino), il desiderio di Pif di riscrivere la storia della Sicilia è riuscito e divertente. Ci crediamo? Boh?! Però, alla fine la favola grottesca funziona come se fosse un film di Rosi.
Pif, mentre ci facciamo le nostre domande, non ha perso né faccia tosta né candore. Così finiamo per perdonargli pure i troppi ringraziamenti veltroniani, perché il suo film, i suoi film, sono qualcosa sempre di originale e di diverso da quel che ci mostra il cinema italiano. Hanno carattere e originalità. Nel bene e nel male. Però l’asino l’ha preso da Cattelan. Quello buono. In sala dal 27 ottobre.
Ultimi Dagoreport
DAGOREPORT – CHI È STATO A FAR TRAPELARE LA NOTIZIA DELLE DIMISSIONI DI ELISABETTA BELLONI? LE…
DAGOREPORT – LO “SCAMBIO” SALA-ABEDINI VA INCASTONATO NEL CAMBIAMENTO DELLE FORZE IN CAMPO NEL…
DAGOREPORT - GRAZIE ANCHE ALL’ENDORSEMENT DI ELON MUSK, I NEONAZISTI TEDESCHI DI AFD SONO ARRIVATI…
VIDEO-FLASH! - L’ARRIVO DI CECILIA SALA NELLA SUA CASA A ROMA. IN AUTO INSIEME AL COMPAGNO, DANIELE…
LA LIBERAZIONE DI CECILIA SALA È INDUBBIAMENTE UN GRANDE SUCCESSO DELLA TRIADE MELONI- MANTOVANO-…