SESSO STANCO - SE L’OCCIDENTE NON SFORNA BIMBI È PERCHÉ LE COPPIE SPOSATE SCOPANO POCO PER UNA GENERALIZZATA INFELICITÀ EROTICA - TRE MILIONI DI UOMINI SOFFRONO DI IMPOTENZA - LE LENZUOLA DEGLI ITALIANI SONO ZEPPE DI ANSIE DA PRESTAZIONE, SCARSA FANTASIA E LA CONTINUA TENTAZIONE CERCARE ALTROVE BULLI E PUPE - IN QUESTA SESSUOPATIA GENERALE AVERE UN FIGLIO OGGI È UNA LUSSO PER POCHI FOLLI…

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Roberto Volpi per "il Foglio"

Pubblichiamo un estratto del volume "Il sesso spuntato. Il crepuscolo della riproduzione sessuale in Occidente", in libreria dal prossimo 18 ottobre (Lindau, 208 pagine, 16 euro). L'autore, statistico esperto di sanità, di demografia, di famiglia, è collaboratore di lungo corso del Foglio.

Ovunque si giri lo sguardo si scorgono i segni distintivi della stanchezza riproduttiva dell'occidente. Si può sostenere, e in effetti si sostiene, seguendo un ragionamento che parrebbe ineccepibile, dal momento che è nelle coppie che maturano o dovrebbero maturare i progetti riproduttivi, che mentre il sesso fuori dal matrimonio e dalle coppie comunque costituite e quello stesso non eterosessuale, ovvero tutto il sesso esplicitamente non indirizzato alla riproduzione, gode di buona se non di ottima salute, è proprio il sesso all'interno delle coppie istituzionalizzate nel matrimonio e delle stesse coppie di fatto a mostrare presto la corda, riflettendosi sulla stessa fecondità, sul basso numero dei figli. E' dunque davvero così?

Che è la sola riproduzione sessuale a trovarsi in occidente nel bel mezzo di una stanchezza della quale non si vede la fine, ma nient'affatto il sesso non volto alla riproduzione? La separazione piena tra il sesso e la riproduzione sessuale, alla quale i mezzi contraccettivi hanno fornito la base materiale senza la quale essa sarebbe rimasta un pio desiderio, una prospettiva mitica, consente in effetti di tenere ben distinti i due piani, ma ciò non basta affatto a rendere ragione della consunzione della riproduzione sessuale in occidente.

Una sterminata letteratura, che si rifà a inchieste e ricerche sui comportamenti iperbolico aumento di specializzazioni e specialisti in malattie e disturbi sessuali e tutto l'ambaradan delle medicine e dei ritrovati per aiutare il sesso, l'amore fisico, non fanno che ricordarci che se la riproduzione sessuale è in crisi il sesso e i rapporti eterosessuali, pur liberi dal condizionamento esercitato dal rischio della riproduzione, non se la passano poi tanto meglio.

Questo non è un saggio di sessuologia, e dunque non mi proverò neppure a sintetizzare i punti fondamentali, le caratteristiche di fondo che assume questa crisi del sesso e dei comportamenti sessuali. Salvo che per un punto, una sola caratteristica, quella che vede nel maschio il soggetto che, dopo aver voluto forse ancor più della donna, che pure delle gravidanze indesiderate subisce il peso, la liberazione del sesso non ha retto al suo inverarsi e sembra, anzi, esserne stato travolto.

E' il maschio che ha problemi di erezione e di impotenza, intesa nel senso più classico con cui la si intendeva una volta: l'incapacità di accoppiarsi. E' il maschio che ha doppiamente l'obbligo della performance, nel sesso assai più libero di oggi, perché in caso di prestazioni scadenti o mancate perderà inesorabilmente terreno. E, d'altro canto, nel maschio la prestazione, il suo successo come il suo insuccesso, non è, diversamente dalla femmina, occultabile. Affidarsi alle statistiche significa accettare, in campi così delicati, un alto rischio di errore.

Tuttavia molte convergenze si hanno, per quanto ci riguarda, attorno a una stima di tre milioni di italiani adulti sessualmente attivi, oltre il 10 per cento della corrispondente popolazione sessualmente attiva, affetti da vera impotenza e non da semplici disturbi dell'erezione.

Una stima assai vicina ad altre, specialmente americane, che danno in questa condizione tra i 10 e i 20 milioni di americani, con un valore intermedio di 15 milioni che corrisponde al 13-14 per cento della popolazione maschile sessualmente attiva degli Usa. E' tuttavia possibile che queste stime, in quanto fatte non da agenzie e autorità statistiche pubbliche ma da società private non sempre così esterne come si converrebbe al fenomeno oggetto di valutazione, finiscano per sopravvalutarlo.

Ma siamo indiscutibilmente alle prese, al di là di ogni considerazione più tecnica, con un problema vero del nostro tempo, del resto segnalato in crescita da anni in tutto il mondo occidentale senza eccezioni. La controprova sta negli stessi farmaci che sono nati per combattere le difficoltà di erezione e della sua tenuta, a cominciare dal viagra, e, quel che più conta in questa sede, nel loro formidabile successo nonostante le numerose controindicazioni e le tante categorie di soggetti alle quali l'uso è se non totalmente sconsigliato almeno subordinato a un serio follow-up medico.

Anche fermandoci a queste poche considerazioni appare dunque alquanto realistico concludere che anche il sesso, quello almeno eterosessuale, così come la riproduzione sessuale, non sprizza troppa salute.

Meno ancora ne sprizzano, sembra evidente, quegli stessi rapporti sessuali che più prescindono dalla coesione e dal sentimento delle coppie, quelli più estemporanei e occasionali. Perché è proprio in questi rapporti che l'ansia della prestazione è massima, in quanto si collega all'ansia di conquiste sempre in discussione, e non può contare su quell'effetto di contenimento, dovuto alla comprensione, che si sprigiona normalmente in un rapporto di coppia.

Non che le coppie non abbiano i loro problemi, per lo scadimento nell'abitudine dei rapporti sessuali, l'appassimento dell'afflato sentimentale, la formidabile concorrenza dell'esterno, che esercita un'attrazione sempre più forte ormai anche sulle donne, e tutto quello che i sessuologi non si stancano di ripetere al riguardo.

Ma proprio alla luce di quel che si sa, relativamente alle caratteristiche di quanti ricorrono agli specialisti in questo campo e che fanno affidamento sulla chimica del viagra e di consimili ritrovati per il buon esito dei rapporti sessuali, non è affatto realistico pensare che i disturbi di erezione, l'impotenza, l'incapacità al congiungimento, la frigidità e quant'altro siano fenomeni confinati esclusivamente o quasi nel ghetto delle coppie, e in modo particolare di quelle unite in matrimonio.

Con la loro crescente diffusione questi fenomeni ci dicono non soltanto che il sesso e i rapporti eterosessuali attraversano da tempo una fase assai poco felice, ma anche che questa scarsa felicità abbraccia tutti, coppie, relazioni estemporanee e individui dediti al sesso occasionale e banalizzato.

Con una gradualità, forse, forse non tutti con la stessa intensità. Ma altrettanto certamente con nessuno che possa chiamarsene fuori. Attraversiamo un tempo in cui poco o niente c'è di meno intimo e personale del sesso. Solo le coppie, le vere coppie, al di là del fatto che siano o no sposate, quelle che indipendentemente da quanto ci riescano provano davvero a dare consistenza, spessore umano e sentimentale, e magari una durata che non si interrompa, al loro essere coppie, solo queste coppie hanno la speranza di una vita sessuale che appartenga soltanto, o quasi, a loro.

Tutto il resto del sesso ha una probabilità sempre più esigua di non entrare neppure di sguincio in qualche tipo di circuito, da quello medico-sanitario a quello comunicativo-mediatico. La sua maggiore pericolosità sul versante epidemiologico (che viene raccontata così anche quando non è propriamente tale) e la visibilità se non proprio delle relazioni amorose e sessuali in se stesse certamente di tutti i maneggi e le manovre per arrivarvi portano sempre più spesso il sesso praticato fuori da vere esperienze di coppia su qualche proscenio, sotto qualche luce di scena, qualche lente di ingrandimento. E questo tanto come fenomeno sociale quanto come fenomeno individuale.

La discrezione del e nel sesso è sempre più difficile né, del resto, è più così ricercata. Una parte importante dei "riti di accoppiamento", specialmente allorché si tratti di persone che godano anche soltanto di un briciolo di notorietà, si svolge sotto lo sguardo di qualche occhio indiscreto che provvede a renderne pubblici i particolari, ammesso e non concesso che non siano gli stessi protagonisti a farlo.

Ma anche al di fuori della notorietà dei singoli, il sesso sembra nutrirsi sempre più di una dimensione poco o per niente intima bensì in certo senso condivisa in modo nevrotico, compulsivo con altri, e magari con molti altri. Quanti semplici cellulari non hanno immortalato e non continuano a farlo qualche scena di sesso che viene poi trasmessa agli amici, quando non finisce sui canali internettiani più bazzicati? Anche tutto questo contorno contribuisce all'ansia da prestazione.

Giustamente si fa notare che il viagra più che alle difficoltà di erezione e all'impotenza viene incontro al bisogno di migliorare le performance e a quello, a esso collegato, di circondare le proprie prestazioni di una buona pubblicità. La pubblicità è l'anima del sesso, così come prima era la discrezione. Ed è difficile credere che un tale scardinamento di piani possa comportare un miglioramento complessivo dei rapporti sessuali, seppure intesi nel senso più immediato della fruizione, del piacere e dell'appagamento.

Il piacere e l'appagamento non possono crescere davvero, in questo panorama. In un tale contesto tutto ciò che davvero cresce sono le manifestazioni più esteriori che precedono, accompagnano e seguono tutto ciò che si fregia dell'etichetta di "sessuale". Il sesso fuori dal matrimonio e dalle coppie, ancorché più facile di sempre, anche alla luce delle enormi possibilità di incontro aperte dai social network che hanno conquistato il mondo (non solo occidentale, ma soprattutto occidentale e partendo proprio dall'occidente), è nondimeno diventato anche più faticoso e ansiogeno.

Per il maschio, questa aumentata facilità, che egli si fa un dovere di mettere a frutto come si conviene per poter coltivare la propria autostima, si sta rivelando un vero e proprio boomerang. E' lui, come si diceva, a pagarne i prezzi più alti, oltretutto disimparando la sensualità per rincorrere un'indefessa efficienza sessuale capace di fruttare nell'immediato ma di rivelarsi un'insidia formidabile sulla lunga distanza, sia perché la piena efficienza in questo campo non dura così tanto, sia ancora perché la sua manutenzione costa sempre di più in sacrifici, tempo e denaro, sia infine perché decisiva ma pur sempre acefala, giacché non basta a tenere in piedi da sola, pur se importante, un rapporto di coppia.

Per concludere: i rapporti sessuali non solo non sono aumentati come quantità ma non sono neppure diventati più soddisfacenti di una volta; o, almeno, la soddisfazione è pagata a prezzi sempre più alti in termini di logorio psichico e nervoso, specialmente dall'uomo. I segnali di questo logorio sono talmente numerosi e corposi, come abbiamo cercato di riassumere in termini fin troppo sintetici, da lasciare pochi dubbi sul fatto che essi finiscano per intaccare la stessa funzionalità della riproduzione sessuale.

Questa funzionalità, d'altra parte, anche quando a partire da certe età si esprime all'interno di una realtà di coppia che ha in sé una consistenza sentimentale e un proposito di durata, non è indifferente a tutto quello che è stato prima, non riparte da zero, come se niente fosse. Con ciò non voglio affatto significare che tutto il prima della realtà di coppia sia per forza di cose speso male o che non possa che influenzare negativamente quel che è e sarà nella coppia.

E' un tempo di esperienze, crescita e maturazione che può essere speso e messo a frutto più o meno bene, e che del resto si consuma a sua volta in buona parte all'interno di esperienze di coppia, sia pure di minore intensità e prospettive, o di tentativi in tal senso. E' insomma un tempo che fa parte del vivere d'oggigiorno, ineludibile e a suo modo indispensabile perché, diversamente da Giulietta e dalle giovani figlie dell'aristocrazia fiorentina della fine del Quattrocento andate in spose a età giovanissime, non si passa più dall'adolescenza all'età adulta in cui si assume la responsabilità della formazione della famiglia e della nascita dei figli pressoché di colpo, da un giorno all'altro.

L'interregno tende a essere, al contrario, sempre più lungo, dilatato nel tempo. E, non fosse che per questo solo fatto, sempre più punteggiato di esperienze. Dunque tutto quello che matura in questo interregno ce lo portiamo appresso, inesorabilmente, e influenza tutto l'essere successivo di un individuo, anche il suo essere riproduttivo. Non si vede come potrebbe proprio la funzione riproduttiva essere l'unica a sottrarsi al condizionamento di tutto quel che è stato.

L'uso dei mezzi contraccettivi, per esemplificare, non crea soltanto un'abitudine, una consuetudine che tende a prolungarsi nella vita di coppia alla protezione dei rapporti sessuali, ma anche una corrispondente mentalità al contenimento della prole e all'esiguità, piuttosto che alla generosità, dei progetti riproduttivi. Che poi le coppie dichiarino oggi come quarant'anni fa che questi progetti prevedono mediamente più di due figli per coppia non significa molto.

Tutti noi abbiamo dentro, in fondo al nostro appartenere alla specie Homo sapiens, la consapevolezza che due figli rappresentano il numero minimo del nostro dovere riproduttivo, di quel che riproduttivamente dobbiamo all'umanità che verrà perché essa possa essere almeno come quella che abbiamo trovato. Da quando non soltanto gli italiani ma gli abitanti di tutti i paesi occidentali vengono sondati per conoscere i loro desideri/ progetti riproduttivi la risposta di due figli si dimostra di gran lunga quella preferita, oggi come ieri come, non c'è da sbagliarsi, domani.

Ma ciò, ripeto, non significa molto, è soltanto il frutto della nostra consapevolezza interna, biologica, perché il dato di fondo è tutt'altro. Ieri infatti si diceva due e si scivolava più frequentemente nei tre. Oggi, quarant'anni dopo, si continua a dire due ma per ripiegare assai spesso su un solo figlio se non addirittura su nessuno. La stanchezza riproduttiva, dunque, tocca senz'altro le coppie eterosessuali, in quanto sono i rapporti sessuali di queste coppie i soli aperti alla riproduzione.

Ma prende il "la" da tutto quello che viene prima del formarsi di vere coppie e della vita di coppia in quanto risente di atteggiamenti, comportamenti, modi d'essere, consuetudini e stili di vita maturati nella sempre più lunga ma anche faticosa, sovente stressante, anche quando appagante, fase ch'è fatta dei tanti anni che vanno dalla maturità sessuale all'approdo, quando c'è un approdo in questo senso, a una esperienza di coppia con caratteristiche o quanto meno con propositi di stabilità sentimentale e durata.

Questo approdo non è quello delle quindicenni di secoli fa e neppure delle ventenni di cinquant'anni fa. Per quanto riguarda le donne, è l'approdo di trentenni e ultratrentenni che si portano dietro un bagaglio di esperienze importante e corposo che le ha formate e forgiate, e che si sono venute convincendo che quella della riproduzione è una questione nient'affatto connaturata alla loro natura e alla loro vita di donne, in quanto possono benissimo farne a meno senza che alcunché di loro, della loro personalità come del loro vivere sociale, delle loro frequentazioni e relazioni, del loro successo, abbia a risentirne, ma per questo stesso motivo fin troppo importante per essere lasciata al caso, presa con leggerezza: trentenni e ultratrentenni, dunque, che prima di pensare di fare un figlio vogliono, pretendono, che tutte le condizioni ritenute necessarie per crescerlo bene siano state realizzate o sulla via di esserlo.

Cosicché la stanchezza riproduttiva non è la conseguenza dell'aver figli ma semmai della coscienza di potervi rinunciare e muove dalla consapevolezza che la riproduzione sessuale, programmaticamente esclusa all'insegna della protezione contraccettiva per tutta la lunga fase che precede la vita di coppia, entrerà nel novero delle possibilità di quest'ultima solo quando essa (e segnatamente la donna) riterrà che mettere al mondo un figlio rappresenti un proposito ragionevole e perseguibile senza rischi e per quanto è possibile anche senza incognite.

La riproduzione sessuale si affaccia in questo modo all'orizzonte esistenziale, sentimentale ed emotivo della coppia all'insegna di quella che viene comunemente letta e interpretata come una doverosa, responsabile cautela tipica di età che soltanto alcuni decenni addietro si consideravano già tarde per la procreazione ma che è invece la spia di una stanchezza riproduttiva esistenziale vera e propria.

La stanchezza riproduttiva si presenta insomma come il non preventivato, e in certo senso inevitabile, frutto di generazioni che arrivano tardi alla concreta prospettiva dei figli, dopo essersi protette da questa possibilità mediamente per almeno una dozzina di anni, e che ci arrivano senza più lo sguardo aperto e fiducioso, libero dai condizionamenti, capace di spaziare nel futuro e di prefigurarlo già nel presente che ancora conservano le donne più giovani e meno legate a lunghi trascorsi ed esperienze da single.

Lo stesso sguardo che avevano molte ragazze che alcuni decenni fa si sposavano sull'onda di uno slancio senza troppi calcoli. Mentre oggi è il tempo, specialmente in relazione ai figli, di tanti, forse troppi calcoli che nutrono e sostanziano la stanchezza riproduttiva dell'occidente.

 

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