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taylor swift e le sorelle haim
Elena Stancanelli per “la Repubblica”
Le parole sono di tutti. Anzi no. Alcune parole sono di Taylor Swift. La cantante americana ha infatti registrato, come fossero un marchio, certe innocue frasi del suo ultimo album, 1-989 ( più o meno quattro milioni di copie vendute).
In questo modo impedirà che vengano usate senza il suo consenso e senza il suo guadagno. “ Nice to meet you, where you been? ” è una di queste. “Piacere di conoscerti, dove sei stato?”. Non si potrà più scriverlo sopra una maglietta oppure una borsa, né usare la frase per quei tatuaggi temporanei che si fanno i bambini. E non solo.
Secondo il documento dell’ufficio depositi che alcuni giornali americani hanno pubblicato, nessuno potrà azzardarsi a riprodurre quella frase «su porta-tovaglioli, macchine per scrivere, bastoni da passeggio, prodotti di profumeria, decorazioni di alberi di Natale, presine, cordini, grembiulini, fruste, finimenti e articoli vari di selleria» (sic).
E lo stesso vale per gli altri versi che Taylor Swift ha registrato: “ Could show you incredible thin gs” (Potrei mostrarti cose incredibili) oppure “ This sick beat” (Questo ritmo figo) ma anche “ Cause we never go out of style ” (Perché non passiamo mai di moda).
C’è un precedente. Beyoncé, la cantante che poco tempo fa ha fatto causa alla ditta che aveva messo in commercio tazze per caffè — quelle grosse tazze da caffè che tengono continuamente in mano gli americani in tutti i film, e forse lo fanno davvero anche nella vita — con la scritta “ Feyoncé”. Le era sembrato che facessero un po’ i furbi e forse non aveva torto. Comunque sia quelle tazze sono state fatte sparire.
Ma non solo: Apple qualche anno fa brevettò la frase “ There’s an app for that” (C’è una app per quello) che aveva usato nelle pubblicità, e Nokia fece lo stesso con la sua “ Connecting people ”. In questi casi le due aziende avevano inventato il loro slogan e di quello slogan, ormai riconoscibile in tutto il mondo, per ovvie ragioni veniva vietato l’utilizzo ad altri. Ora più o meno la stessa cosa vale per Beyoncé, che ha fatto diventare il suo nome una macchina da soldi; ci ha messo anni di lavoro, dischi, concerti, mariti, figli, litigate in ascensore...
E adesso giustamente lo protegge. Come le mucche. Quando si marchiavano a fuoco le mucche, tra i primi trademark della storia, lo si faceva per ratificarne l’appartenenza a una mandria. Il marchio era il punto di arrivo, non di partenza: io ho una mucca, la mucca appartiene alla mia mandria e te lo dimostro marchiandole il culone. Prima viene il prodotto, poi il copyright.
Quello che ha fatto Taylor Swift è diverso, opinabile e pure controverso. Oltre che pericoloso, perché apre alla possibilità che qualcuno un giorno imponga il diritto d’autore su prodotti dell’ingegno che tanto ingegnosi non sono. In che modo Taylor Swift può rivendicare la proprietà di quelle frasette? Si tratta di espressioni di uso comune, più o meno. Un po’ aggiustate, rigirate, giustapposte in maniera ossimorica — “Piacere di conoscerti, dove sei stato?” per esempio — ma siamo nell’universo semantico della parlata quotidiana, dell’elaborazione stilistica di grado uno.
taylor swift balla con jaime king e hailee steinfeld
Diverso sarebbe se Taylor Swift, o chiunque altro, depositasse un’invenzione geniale, persino parole ma composte in maniera unica, meraviglie dell’umana intelligenza e talento. “Dolce e chiara è la notte e senza vento...”: se Leopardi avesse chiesto di registrare uno qualsiasi dei suoi versi, ne avrebbe avuto agio. Provateci voi a scrivere cose così belle.
Sono, senza alcun dubbio e per manifesta superiorità, di sua proprietà. Eppure adesso, dopo ben più di settant’anni dalla morte del poeta, chiunque può pubblicare le sue poesie, usarne stralci per vendere mutande, stamparle dove preferisce, persino su fruste finimenti e articoli di selleria, senza pagare un euro a nessuno.
Golden Globes After Show TAYLOR SWIFT E BONO
Perché la questione posta da Taylor Swift è più insidiosa appunto, e non ha a che fare né con il valore e neppure con l’invenzione, ma semplicemente con il mercato. La sua mossa ha inaugurato una pratica le cui conseguenze sono potenzialmente infinite: le parole, dice Taylor Swift, non sono di tutti. Così come non sono di tutti i telefonini, o le scarpe da training. Sono di chi le assembla e poi ne stabilisce il valore economico. Sono un prodotto, vendendo il quale, così come vendendo telefonini e scarpe, si può guadagnare molto denaro. Per quale motivo a quel denaro si dovrebbe rinunciare? E se quelle parole sono “sole cuore amore” non fa differenza.
CAPODANNO DELLE STAR Taylor Swift da Instagram
TAYLOR SWIFT VICTORIA S SECRET
Belle o brutte, pescate nella spazzatura oppure cesellate dal talento di un grande poeta, quello che conta è non dimenticare il cartellino con il prezzo.
GRAMMY 2012 - TAYLOR SWIFT
taylor swift conor kennedy
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