IL CINEMA DEI GIUSTI - “THE RUM DIARY” DI BRUCE ROBINSON È UN BRUTTO FILM DAVVERO IMPERDIBILE - LA PELLICOLA NON È UN GRANCHÉ MA ALMENO HAI LA SENSAZIONE DI AVER VISTO UNA STORIA - QUELLA DI PORTORICO DEGLI ANNI ’60, TRA CAPITALISTI AMERICANI AFFAMATI DI HOTEL A CINQUE STELLE, RIVOLTE PRONTE A ESPLODERE, GIORNALISTI UBRIACONI, EX-NAZISTI SIMPATICI, SANTERIA, SCONTRI TRA GALLI E JOHNNY DEPP CHE TORNA A INTERPRETARE HUNTER S. THOMPSON (COME IN “PAURA E DELIRIO A LAS VEGAS”)…

Marco Giusti per Dagospia

The Rum Diary di Bruce Robinson. Imperdibile. Certo è proprio bruttino questo "The Rum Diary" diretto dall'ex-attore inglese Bruce Robinson (esordio con "Romeo e Giulietta" di Zefferirelli e "Adele H" di Truffaut...), che già ci aveva dato come regista "Shakespeare a colazione". Non ci sono parecchi accordi tra scena e scena, qualche personaggio scompare e non si capisce dove e perché, Johnny Depp è un alcolizzato miserabile e sembra sempre uscito fresco dal trucco.

Pazienza, perché il film, tratto dall'omonimo romanzo di Hunter S. Thompson, amico di vecchia data di Depp che del film è anche produttore, è così divertente con la sua Puerto Rico del 1960, tra americani capitalisti pronti a edificare hotel a cinque stelle ovunque, locali incazzati pronti alla rivolta, giornalisti ubriaconi, ex-nazisti simpatici, santeria e scontri tra galli.

E poi Johnny Depp che anni dopo "Delirio e paura a Las Vegas" di Terry Gilliam torna a interpretare Hunter S. Thompson il king dei giornalisti alcolizzati e strafatti. Certo, Bruce Robinson non è visionario come Terry Gilliam, ma la descrizione del piccolo giornale americano a Puerto Rico, col suo direttore ebreo con parrucchino, Richard Jenkins, il fotografo, Sala, cioè Michael Rispoli, che si fa di rum e gira su una gloriosa 500 celestina, l'esperto di santeria, lo strafattisso Moberg, il grande Giovanni Ribisi, che ascolta i discorsi di Hitler e viaggia con le sostanze chimiche, è notevolissima.

E ci ricorda c'erano giornali e redazioni vere, con articoli che si scrivevano sulla Lettera 22 e si portavano sui fogli e non via mail. Depp-Thompson, nel romanzo e nel film ribattezzato Paul Kemp, arriva a Puerto Rico già bello cotto per scrivere di oroscopi sul giornale americano del posto. Ma presto si fa notare sia per il conto che ha lasciato in albergo in bottigliette d'alcol rubate dal frigobar, sia per la voglia di rompere le scatole al direttore trafficone sulla realtà del paese e le colpe degli invasori americani.

Siamo all'inizio dell'era Kennedy, ma già spunta l'ombra odiosa di Nixon e dei suoi amici. Kemp si muove tra il mondo corrotto dell'ex giornalista Sanderson, un notevolissimo Aaron Eckhart, che vuole costruire un mega hotel su un'isola incontaminata in accordo con banche, maggiorenti locali e autorità militari americane, e quello vero dell'isola frequentato dal suo amico Sala.

I due mondi non possono coincidere, ma Kemp si è innamorato della bellissima Chenault, Amber Heard, donna non proprio fedele di Sanderson, e così si lascia corrompere dai soldi e dalla vita facile di Sanderson. Salvo, ovviamente, far saltare tutto e prepararsi alla guerra assieme ai suoi amici Sala e Moberg. E' un piacere vedere Depp in questo ruolo e muoversi fra rum e belle ragazze, è anche un piacere sentir qualcuno che ricordi Hunter S. Thompson e il giornalismo di un tempo (ma un film sul nostro Giancarlo Fusco?). Il film non è un granché. Verissimo. Ma esci dalla sala con la sensazione di aver visto qualcosa. Almeno una storia.

 

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