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Giulio De Santis per il "Corriere della Sera - Roma"
La saga giudiziaria tra Tiberio Timperi e l’ex consorte Orsola Gazzaniga si arricchisce di una nuova puntata andata in scena giovedì a Piazzale Clodio. “Sono stato costretto a vedere mio figlio poche volte durante l’anno per colpa della legge”. Cosi ha esordito il giornalista nell’interrogatorio reso nel processo dove è accusato di aver diffamato l’ex moglie in un’intervista a un settimanale.
E’ il settembre del 2010 quando il conduttore racconta a un periodico gli ultimi cinque anni della sua vita passati nelle aule di un tribunale per essere stato dipinto “praticamente come un mostro” dalle denunce, rivelatesi infondate, della Gazzaniga. Il conduttore, sempre in quell’occasione, sostiene che tutte le querele sono “frutto di una strategia processuale” in cui “ogni accusa, vera o falsa che sia, è lecita”.
Nel colloquio con la collega, Timperi conclude che una madre “può facilmente ostacolare il rapporto padre–figlio” quando è dichiarata affidataria dal giudice durante una causa di separazione. Affermazioni di fuoco tali da inviperire la donna che, nei giorni successivi, replica: “Tiberio omette di menzionare le numerose denunce (almeno sei) da lui presentate, in passato, nei confronti della sottoscritta, che sono state tutte archiviate”.
SCAMBIO DI ACCUSE
Dallo scambio di accuse Timperi esce con le ossa rotte: maggio del 2013 viene, infatti, rinviato a giudizio per diffamazione. A distanza di cinque anni dall’intervista, il giornalista ieri ha provato a fornire un’interpretazione autentica del pensiero espresso nel settembre del 2010.
“Quello che ho detto all’epoca non era diffamatorio, non volevo attaccare la mia ex moglie – ha detto Timperi durante l’interrogatorio condotto dal pubblico ministero Paolo Fuoco - le mie parole avevano una funzione sociale: mi batto per i diritti dei padri separati. In caso di divorzio, deve esserci parità tra il papa e la mamma, per la tutela dei figli. E’ una questione di principio. Conduco da anni una battaglia perché possano essere concessi più diritti ai padri quando termina il matrimonio”.
Nel corso della deposizione tuttavia non sono mancati ancora una volta riferimenti alla sua situazione personale. “Siamo stati sposati per circa 3 mesi – ha ricordato il giornalista - All’epoca del divorzio guadagnavo circa 250 mila euro all’anno, e mia moglie pretendeva come assegno di mantenimento circa 300 mila euro, nonostante dopo la separazione avesse iniziato a frequentare un’altra persona”. Il processo riprenderà il prossimo undici novembre quando verranno sentiti i testi della difesa.
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