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Enrico Franceschini per "la Repubblica"
Parlare, anzi scrivere, della vagina significa essere femministe o lasciarsi opprimere dal machismo? Sembrerebbe questo il nocciolo della questione, nella polemica scoppiata tra Naomi Wolf, scrittrice americana e femminista militante, e altre autrici, intellettuali, giornaliste, sulle due sponde dell´Atlantico. Al centro del diverbio c´è il libro appena pubblicato dalla Wolf negli Stati Uniti e in Gran Bretagna: Vagina. A New Biography. La sua fama di capofila di quella che è stata definita la "terza ondata" del femminismo e il titolo volutamente provocatorio hanno assicurato grande pubblicità al volume.
Ma ben presto è arrivata anche la reazione critica. «Un´ode involontariamente comica all´organo genitale femminile», la descrive per esempio Michelle Goldberg su Newsweek, il settimanale diretto dall´icona del nuovo giornalismo Usa Tina Brown. «La vagina non è soltanto un´estensione del cervello femminile, ma anche parte dell´anima della donna, la porta d´ingresso alla conoscenza e al subconscio femminile»: commentando questo estratto dall´introduzione del libro, la giornalista di Newsweek taglia corto, «in altre parole, per la Wolf, una donna è la propria vagina». E nient´altro.
Attacchi del genere hanno spinto ora l´autrice a rispondere. In un articolo pubblicato ieri dal Guardian, Naomi Wolf osserva: «Parlando del corpo, non intendo certo affermare che una donna è soltanto il suo corpo. Né mi pare che, scrivendo con franchezza sul tema del desiderio femminile e sulle connessioni ormai ben stabilite dalla scienza tra cervello e vagina, sto allontanandomi dalla grande tradizione femminista. A me sembra piuttosto di onorarla».
La scrittrice continua dichiarando di continuare nel solco tracciato prima di lei da Germaine Greer, la femminista inglese autrice di L´eunuco femmina, e della studiosa americana Shere Hite, fra le prime a «insistere che il modello freudiano di rapporti sessuali non era sufficiente a soddisfare i due terzi delle donne».
Conclude la Wolf: «Nel libro mi sono limitata a diffondere nuove scoperte sul corpo e sul piacere femminile, per aumentare la nostra comprensione della sessualità . Vengo da una scuola femminista convinta che la conoscenza sia potere. Conoscenza della vagina compresa, se vogliamo entrare nel mondo moderno».
La ruggine tra i due campi, in realtà , non è limitata soltanto a questo. Molte femministe accusano la Wolf di superficialità , «le basta seguire un corso di una settimana di massaggi tantrici a New York per proclamare che la sessualità orientale è più rispettosa verso i desideri della donna, quando qualunque studioso potrebbe spiegarle che ciò non è esatto», la punzecchia la recensione di Newsweek.
Insomma il dibattito è aperto: il suo libro vuole davvero affermare che le donne ragionano con la vagina, come gli uomini con il pene, oppure è soltanto un riassunto di nuove teorie e scoperte al confine tra neurologia e sesso?
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