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Chiara Maffioletti per il “Corriere della Sera”
È un attimo, un lampo. Un paio di tasti premuti contemporaneamente per essere certi che quello che abbiamo davanti ai nostri occhi resti impresso, fotografato. Anni di convivenza con smartphone e tablet hanno permesso di affinare una nuova arma, precisissima e potenzialmente micidiale: lo screenshot . Un clic. E quello che stiamo guardando sullo schermo si fotocopia immediatamente nella galleria delle immagini del nostro telefonino. O iPad, non importa. Quello che conta è che la foto della schermata è lì, pronta per essere consultata ma, soprattutto, inoltrata.
Può essere un’immagine che vogliamo salvare dal gorgo dei social network ma può trattarsi anche — e qui c’è da tremare — della schermata di una conversazione che, per diversi motivi, si ritiene il caso di ritagliare e fissare, perché non scorra via con il flusso — spesso scriteriato — delle chat.
E se è possibile accada anche che si voglia salvare uno scambio di messaggi particolarmente piacevole, il più delle volte lo screenshot rappresenta invece una nuova forma di vendetta, subdola, sì, ma efficacissima, per condividere con gli amici, i colleghi, la sorella, i compagni di corso, quegli scivoloni, uscite fuori luogo o frasi infelici che un malcapitato ha avuto la cattiva idea di scriverci, pixel su bianco.
ossessione e dipendenza da smartphone
Il glorioso «sai cosa mi detto?» sta cedendo il posto al più potente «guarda cosa mi ha scritto». Più potente perché preciso, praticamente inconfutabile. Non ti sto raccontando una cosa, te la sto mostrando. Le possibilità di alterare la conversazione si riducono di molto (salvo tagli «ad arte» di righe di conversazione) e viceversa aumentano quelle di ricevere immediata solidarietà.
Perché se un fidanzato ti risponde in modo sgarbato in una chat, non è più necessario chiamare i tre amici di cui ci si fida e raccontare l’accaduto per avere un confronto ma, soprattutto, del conforto. Basta inoltrare loro la schermata con le incaute risposte del poveretto per veder comparire subito sotto la fotografia della conversazione incriminata un «che cafone» o «tanto lo sai che ha questo caratteraccio», così d’aiuto quando si è arrabbiati.
ossessione e dipendenza da smartphone
Ma, attenzione. Le varianti della vendetta tramite screenshot sono infinite. Se fidanzati, fidanzate (anche solo aspiranti), mogli e mariti sono di norma i bersagli principali (specie in fase di litigata), può anche accadere (e accade) che si fotografino e inoltrino le schermate che testimoniano richieste folli di un amico (da condividere magari con un altro amico, fondamentalmente per sentirsi dire che si ha ragione nel considerarle tali), tentativi (meglio se fallimentari, più divertenti da commentare) di seduzione via chat, frasi poco gentili (o intelligenti) di un collega.
ossessione e dipendenza da smartphone
La vendetta dello screenshot è veloce quanto trasversale. I più crudeli, pubblicano poi questi messaggi — teoricamente privati — sui loro profili nei diversi social network. Magari non quando si tratta di quelli del compagno o della compagna (la storia in effetti potrebbe subire qualche contraccolpo). Più spesso si vedono invece le schermate di battibecchi o litigate virtuali con conoscenti o anche sconosciuti, riprodotte su Facebook o Twitter, così da ricevere appoggio a strascico da conoscenti e follower.
Nella sua versione più omeopatica, la vendetta dello screenshot si esaurisce però nella condivisione con poche persone, meglio se care. Non sarà il massimo del fair play, ma di norma funziona perché fa sentire subito meglio, meno soli, più capiti. Il consiglio, specie per i cultori della privacy, resta sempre quello di pensare molto bene a quello che si scrive. Anche al proprio fidanzato.
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