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Francesco Bei per "la Repubblica"
La faccia preoccupata di Mario Monti, mentre lascia di corsa Montecitorio prima che l´aula abbia votato la mozione unitaria sull´Europa, contrasta con una giornata che, per il suo governo, dovrebbe assicurargli una navigazione tranquilla. Il voto è stato bulgaro - 468 favorevoli - e, in fondo, si è trattato della prima apparizione formale della nuova maggioranza "tripartita".
E questo nonostante i democratici e i berlusconiani si sforzino di ripetere che non si tratta dell´avvio di una coalizione «politica». Eppure il premier inizia a temere che sia solo la quiete prima della tempesta. «Ho paura - confida ai suoi - che il Pdl non tenga».
L´attenzione dei sostenitori del Professore è infatti tutta concentrata su quello che è diventato il vero anello debole della maggioranza «strana»: il partito del Cavaliere.
E non è stato un bel segnale per il governo vedere quei 64 astenuti del Pdl - nonostante l´ordine ufficiale di votare no - che non se la sono sentita di andare contro la mozione della Lega. Gente di Berlusconi, come Laura Ravetto o Massimo Corsaro, eletti al Nord, che temono la fine rovinosa dell´alleanza con Bossi. «Qua si va a votare - sbotta l´ex ministro Andrea Ronchi - il 90 per cento di noi non ne può più di questo governo».
A preoccuparsi stavolta sono anche gli uomini del Pd e del Terzo polo. Quelli più impegnati nella difesa del governo tecnico. Come Enrico Letta, che ieri in aula è salito ai banchi del Pdl per una serrata conversazione a quattr´occhi con un´altra colomba, Franco Frattini. Per questo anche i centristi hanno iniziato a costruire i primi «firewall», per evitare che il partito dei falchi berlusconiani travolga tutto e trascini l´Italia al voto.
«L´atteggiamento del Pdl - spiega il segretario Udc Lorenzo Cesa - ci inizia a preoccupare. Dobbiamo stare attenti e aiutarli a reggere, è interesse di tutti che il Pdl ora non esploda». Per questo, rivela Cesa, l´Udc sta dando una mano al segretario Alfano rendendogli meno difficile «raggiungere un accordo con noi alle amministrative. Un´impresa non impossibile visto che in molti posti già governavamo insieme». à un modo per allentare la pressione, per abbassare la temperatura interna alla maggioranza che sostiene il governo. E far intravedere al Pdl una via d´uscita alternativa, oltre l´alleanza sempre più difficile con Bossi.
Tanta premura non deve apparire eccessiva. Nel Pdl infatti ogni giorno che passa cresce il malcontento nei confronti del governo Monti. E in tanti iniziano a pensare che proprio il decreto sulle liberalizzazioni, avversato dalle categorie che da sempre hanno guardato al centrodestra, possa essere il terreno ideale per far saltare il banco e andare in campagna elettorale. Aldo Brancher, da sempre il pontiere fra Berlusconi e Bossi, lunedì sera era presente alla cena tra i due leader a via Rovani.
E pronostica una svolta a breve: «Berlusconi vede che il decreto Monti colpisce da una parte sola. E i nostri, sul territorio, si devono difendere dall´accusa di votare queste misure impossibili insieme al Pd. Ma pian piano la gente sta iniziando a capire che non era colpa di Berlusconi quello che è accaduto. Bisogna aspettare una quindicina di giorni e poi vediamo». Quella «quindicina di giorni», a cui allude il braccio destro del Cavaliere, porta avanti le lancette della politica a una data chiave per il Pdl: la sentenza del processo Mills.
Un processo «politico», secondo l´ex premier, che ieri ha voluto inviare un segnale preciso andando in Tribunale invece che a Montecitorio. Come a dire: è a Milano che per me si gioca la vera partita. «Perché è chiaro - osserva Maurizio Lupi - che una condanna che arriva a un giorno dalla prescrizione significa che anche il collegio dei giudici, oltre alla procura, si è accanito. E per noi sarebbe una sentenza politica con conseguenze politiche. Perché i giudici non vivono sulla luna».
Insomma, il Cavaliere ha davanti due strade: la prima porta alla rottura con Monti e al voto anticipato. Strada piena di rischi, anche per i sondaggi negativi che danno in costante caduta il suo partito. Ma avrebbe la certezza di mantenere in piedi l´asse del Nord con Bossi, sia alle politiche che alle amministrative.
La seconda strada conduce invece alla rottura con il Carroccio e al sostegno a Monti fino alla fine della legislatura. Ma Berlusconi vuole garanzie: «Non posso sostenere un esecutivo con chi vuole mandarmi in galera. Serve un disarmo e il primo passo è la sentenza Mills». Il secondo passo, spiegano dal Pdl, è quello che si aspetta il partito Mediaset.
L´azienda non vuole scherzi sul beauty contest che dovrebbe assegnare le frequenze digitali. Il ministro Passera per ora l´ha bloccato, ma l´asta non è stata ancora indetta. Ecco, anche la partita delle frequenze, oltre alla sentenza Mills, è in questi giorni sul tavolo del Cavaliere. Che si è preso «una quindicina di giorni» di attesa. Per capire se staccare la spina. Oppure andare avanti, come ieri, con la maggioranza «strana».
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