C’E’ SPERANZA NEL PD: IN 84 DICONO NO AL BERSANI BOY

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Fabio Martini per "la Stampa"

Dopo anni e anni di chiusura, l'hanno riaperta da poco la suggestiva Auletta dei Gruppi parlamentari - là dove Aldo Moro pronunciò il suo ultimo, storico discorso - ed è proprio lì che Pier Luigi Bersani presenta la sua «creatura», Roberto Speranza, ai trecento deputati del Pd. A sorpresa è lui il prescelto per guidare il gruppo della Camera: un ragazzo di 34 anni, alla prima legislatura, un cursus honorum tutto nella sua Basilicata, tra partito e assessorato a Potenza. Dice Bersani che «Speranza è un giovane di lungo corso» e per incoraggiarlo propone ai suoi di votare «per acclamazione», salvo che non ci siano «diversi pareri».

Proposta salutata da un battimani tiepido ed è in quel momento che si consuma lo strappo: Luigi Bobba, già segretario delle Acli, obietta: «Se ci lamentiamo con Grillo e con la sua disinvoltura con le regole della democrazia, allora dobbiamo essere rigorosi. Nel passato abbiamo sempre votato a scrutinio segreto, così prevede il nostro statuto...». A quel punto si erge Guglielmo Epifani, ex segretario della Cgil: «Scusa, ma al Senato Zanda è stato proclamato per acclamazione...».

Di nuovo Bobba: «Ma lì, la candidatura era appoggiata da 70 firme su 109, è diverso...». Enrico Letta chiude la discussione e conviene sul rispetto delle regole si voti a scrutinio segreto. Il responso è eloquente: Speranza è eletto con 200 voti, ma le bianche, nulle e disperse arrivano a quota 84: in altre parole il 29% dei deputati non ha votato per il capogruppo indicato dal segretario del partito.

Una quota di dissenso decisamente significativa in un partito ordinato come il Pd, un segnale per Bersani alla vigilia delle consultazioni, ma anche in vista delle votazioni segrete per il Quirinale, da decenni l'occasione per imboscate intestine. Qualche minuto più tardi, uscendo dalla blindatissima Auletta Bersani mostra di non accusare il colpo e chiosa così: «Stiamo cercando di far girare la ruota, Al Senato abbiamo eletto una personalità di grande esperienza come Luigi Zanda e alla Camera uno dei più giovani capigruppo della storia del Paese».

Scelta hard, quella di Speranza. Dettata anzitutto da un rifiuto: quello di Dario Franceschini. Dopo aver vissuto con stile la preferenza accordata a Laura Boldrini per la presidenza della Camera, Franceschini ha chiesto a Bersani di non insistere per confermarlo alla presidenza del Gruppo di Montecitorio, per fugare in anticipo le critiche di un attaccamento alla poltrona.

E a quel punto Bersani ha immaginato di sparigliare. Scegliendo un personaggio che rispondesse a due caratteristiche: la fedeltà assoluta e un profilo talmente innovativo da poter tenere il passo con la rivoluzione generazionale del Cinque Stelle. Due caratteristiche che hanno prodotto diffusi mal di pancia.

Nelle ultime ore avevano preso quota due candidature della generazione di «mezzo», quella dei quarantenni: il ligure Andrea Orlando, 44 anni, terza legislatura, ex Ds, area «giovani turchi»; il pugliese Francesco Boccia, 45 anni, seconda legislatura ex Margherita, area Enrico Letta. Entrambi con l'esperienza «giusta» per poter affrontare una esperienza "tosta" come quella di capogruppo alla Camera che, nei partiti "antenati" del Pd erano stati occupati, tra gli altri, da personaggi come Luciano Violante e Pier Luigi Castagnetti.

Nella scelta di Speranza ha giocato anche l'esigenza di non premiare eccessivamente l'area di sinistra dei «giovani turchi» guidati da Matteo Orfini, efficaci promotori dell'istanza rinnovatrice che ha portato al primo stop di Franceschini e Finocchiaro. Gli 84 franchi tiratori? Le facce e le mezze parole di tanti all'uscita dall'Auletta «parlavano» di un dissenso presente in tutte le aree del partito.

 

roberto speranza PIERLUIGI BERSANI CON LA BANDIERA DEL PD Luigi BobbaGUGLIELMO EPIFANI