DAGOREPORT - NON TUTTO IL TRUMP VIENE PER NUOCERE: L’APPROCCIO MUSCOLARE DEL TYCOON IN POLITICA…
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GIUSEPPE CONTE LUIGI DI MAIO MATTEO SALVINI
C'è una altissima tensione nei Palazzi del potere, dal Quirinale in giù. Il D-Day è lunedì, il giorno dopo i ballottaggi. Se in quel giorno l'infervorato ''Matto'' Salvini, che si sente ormai un Trump formato Padania, chiuderà finalmente la sua campagna elettorale permanente e darà un freno alle spacconate, allora il governo potrà avere vita (più) lunga.
Altrimenti rischia di saltare tutto. E stavolta i rischi arrivano dal lato grillino, dove i sondaggi, le inchieste e le mosse del duplex Casaleggi/Di Maio hanno fatto sbarellare gran parte dei parlamentari, per non parlare della mitologica ''base''.
ROBERTO FICO E DAVIDE CASALEGGIO
Nel Movimento accusano in coro Luigino di essersi fatto mettere i piedi in testa dal leghista, e la fronda di Fico è sempre più insofferente.
Il malumore (eufemismo) arriva fino al Garante del Movimento Beppe Grillo, che addebita soprattutto a Davide Casaleggio la promozione di una classe dirigente che lo sta deludendo, da Lanzalone a Bonafede, passando per Arturo Artom.
Lo abbiamo scritto più volte: Grillo voleva stare all'opposizione, crede che i 5 Stelle siano nati per essere i cagnacci da guardia del potere come all'epoca fece il Pci e che un movimento di protesta, quando smette di protestare, muore.
Ora le opzioni per salvare l'anima del M5S sono due: far saltare il governo del salvinismo trumpiano (il leghista copia ogni tweet del presidente USA), oppure mantenere le promesse elettorali.
E le parole del ministro Tria non lasciano molte speranze: non ci è parso di sentire parlare di coperture da qualche decina di miliardo per reddito di cittadinanza o l'abolizione della Legge Fornero. Persino la tutela dei rider consegna-cibo, che sono una percentuale irrisoria della forza lavoro, si è arenata sul caro vecchio ''tavolo di concertazione''.
Quello che mormorano a Roma è che la Raggi potrebbe trasformarsi in una capretta espiatoria, come quelle che dovevano brucare l'erba del Comune di Roma. Come con Marino che fu silurato per 4 scontrini, manca poco perché la sindaca venga sfiduciata dai suoi stessi consiglieri.
Per ora regge grazie a una minaccia concretissima: se salto io, saltate tutti (alcuni degli attuali membri del consiglio comunale non sono ricandidabili). Ma potrebbe non reggere a lungo…
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