CHI CAMPA SUI MORTI A SCAMPIA? - BOMBASTICA INTERVISTA AL PM ANTICAMORRA GIOVANNI CORONA, CHE NEL 2004 INDAGO’ SULLA FAIDA DEL QUARTIERE PARTENOPEO E PARTE-CAMORRA - “CIÒ CHE ACCADE A SCAMPIA VIENE SFRUTTATO ANCHE A FINI MEDIATICI” - E LA “RIVOLUZIONE ARANCIONE” DI DE MAGISTRIS? “IL LUNGOMARE LIBERATO È UN SEPOLCRO IMBIANCATO: BUONO PER CELARE IL MARCIO DELLA CITTÀ, PER NASCONDERE I MALI DI NAPOLI…”

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Gianluca Abate per il Corriere del Mezzogiorno

Giovanni Corona, il pm che nel 2004 indagò sulla faida di Scampia e arrestò boss e assassini.

Otto anni dopo, ci risiamo. Sorpreso?
«No. Era uno scenario previsto e prevedibile».

Così non è stato. Le colpe?
«Quelle dei camorristi, innanzitutto. Ma anche di chi ha abbandonato il quartiere a sé stesso».

Eppure Scampia era diventata caso nazionale.
«Utile per i professionisti dell'antimafia, che si sono messi in mostra. Libri e film, però, non hanno migliorato le condizioni degli onesti che lì ci vivono. E, quando le luci della ribalta si sono spente, chi aveva sgomitato per un posto in prima fila s'è subito dedicato ad altro».

Il suo ex procuratore, Giovandomenico Lepore, ha detto che è proprio questo fa innervosire gli abitanti onesti di Scampia. Che si pensi ad altro, come ad esempio a liberare il lungomare. È d'accordo?
«Io non sono così convinto che i turisti si sentano molto tranquilli nel passeggiare sul lungomare di una città sapendo che poco distante c'è un intero quartiere in mano alla camorra che uccide. E poi a me la storia del lungomare liberato un po' fa venire in mente quei farisei accusati da Gesù. È un sepolcro imbiancato: buono per celare il marcio della città, per nascondere i mali di Napoli».

Giovanni Corona, pubblico ministero della Procura di Napoli - il magistrato che proprio ieri ha sequestrato i pontili di Mergellina perché gestiti da concessionari con la fedina penale sporca - l'allarme su Scampia lo aveva lanciato eccome. Il primo maggio 2005, quando al giornalista del Corriere della Sera Enzo d'Errico confidò: «Il rischio che tutto si riduca a una parata esiste, eccome. Quando i riflettori sono accesi, il proscenio fa gola a molti. Li vedi che sgomitano per conquistare un posto alla ribalta. I problemi cominciano appena si spengono le luci e tante promesse scompaiono. A Scampia dovrebbe esserci un primo maggio ogni giorno».
E poi, ancora, il 24 agosto 2010, quando al giornalista di Repubblica Dario Del Porto disse: «Oggi come allora, è un quartiere abbandonato a sé stesso. Fallimento? No, Fallisce chi tenta di fare qualcosa. A Scampia, semplicemente, non è stato fatto nulla. Tutto è rimasto esattamente come prima».
Quindi dobbiamo temere un'altra mattanza?
«No. O, meglio, non una faida come quella che abbiamo combattuto otto anni fa. Lì c'era un intero gruppo di generali e colonnelli che si ribellava alla famiglia di Paolo Di Lauro, una cosa mai accaduta prima. Oggi abbiamo invece singole famiglie che, all'interno di due gruppi più grandi, lottano per contendersi una porzione di marciapiede sui cui vendere la droga. Ma in gioco ci sono interessi parziali, non più l'intero panettone. E anche le forze in campo sono decisamente meno rilevanti».

Perché allora si è tornato a parlare di «faida di Scampia», proprio come nel 2004?
«Perché otto anni fa c'è stata una grande copertura mediatica, con l'esplosione di quel fenomeno dell'anticamorra che ha portato poi ai libri di Roberto Saviano, ai film, alle tante altre opere. Qualsiasi cosa accada, da allora, attira l'attenzione. Peccato che Scampia non si può far rinascere parlandone e basta».

Ce l'ha con quelli che Leonardo Sciascia chiamava «i professionisti dell'antimafia»?
«Non ce l'ho con nessuno, però non si può non notare che ciò che accade nel quartiere viene sfruttato anche a fini mediatici. Un po' come quelli che vanno a fare un giro allo zoo, osservano e prendono le distanze. A Scampia si arriva, si scrive, si documenta. Si parla del quartiere, della droga, dello spacciatore. Ma di tutto ciò, che resta? Certo non s'è contribuito a migliorare la vita delle persone perbene che ci vivono».

Denunciare non serve?
«Questa non è denuncia. I professionisti dell'antimafia sono voyeur che vanno, scrutano e si appuntano la medaglia per aver parlato di Scampia. Ma, in realtà, hanno scarsissima conoscenza di ciò che bisogna fare».

Dice che senza Gomorra, gli altri libri, i film, le tv e giornali, Scampia avrebbe ricevuto la stessa attenzione?
«Dico che i professionisti dell'antimafia con Scampia hanno avuto l'occasione di mettersi in mostra, ma per risolvere i problemi servono ben altri professionisti: sociologi, urbanisti, amministratori, ingegneri, medici. E, soprattutto, professori».

Partirebbe da lì?
«Sì, assolutamente. A Scampia servono le migliori scuole e i migliori maestri, con un full time per i ragazzini che gli consenta non solo di seguire la didattica, ma anche di avere spazi per gli svaghi, imparare mestieri, seguire corsi di formazione, dedicarsi allo sport».

Magari i docenti lì non ci vogliono andare.
«Non ne sono così sicuro. E poi, al limite, perché non applicare ai professori ciò che vale per noi magistrati?».

Cioè?
«Incentivi per chi va ad operare in quelle scuole, esattamente come accade all'interno della magistratura per le sedi disagiate».

Una scuola salverà Scampia?
«Una no, ma con tante si può iniziare a dare un'occasione a questa zona. Altrimenti meglio demolire tutto».

Comprese le Vele?
«Le Vele devono sparire comunque»

Brutte anche per lei?
«Non è questione di bellezza o bruttezza. Devono essere tirate giù perché sono un simbolo dell'illegalità, rappresentano la sconfitta dello Stato. E lo stesso accade con le case dei Puffi».

Nome da cartone animato.
«E abitazioni da film dell'orrore. Si chiamano così perché i tetti sono più bassi di quanto previsto dalle norme, quindi ci possano vivere solo quelli puffi. È possibile tollerare una situazione così?».

Gli amministratori hanno fatto poco?
«Nulla. Scampia è un quartiere che non esiste. E non esisterà fino a quando la metropolitana continuerà a fare viaggi in una sola direzione, quella del Vomero. Quando invece potremo andare lì a vedere uno spettacolo, o anche solo passeggiare in un parco verde, allora inizierà il recupero. Ma per far questo servono bar, ristoranti, centri commerciali, negozi, teatri, cinema. A proposito, conosce il paradosso di Scampia?».

No, qual è?
«Le strade del rione Terzo Mondo hanno tutti nomi tratti da titoli di film del neorealismo. Epperò lì non c'è neppure un cinema. Curioso, no?».

 

 

IL MAGISTRATO GIOVANNI CORONA CON IL SUO AGENTE DI SCORTAGIANDOMENICO LEPOREGIANDOMENICO LEPORE E TARANTINIlepore scampiaLE VELE DI SCAMPIAscena del film "Gomorra"gomorra film cor07gomorra film cor02