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Chiara Clausi per “il Giornale”
Una spy story che ricorda John Le Carré e ha conquistato tutti i riflettori. Dozzine di giornalisti di Al Jazeera sono stati presi di mira da spyware avanzati venduti da un'azienda israeliana, la Nso Group, in un attacco probabilmente collegato ai governi dell'Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti.
I ricercatori di Citizen Lab dell'Università di Toronto hanno pubblicato un rapporto che descrive in dettaglio come il software Pegasus abbia infettato i telefoni cellulari di 36 giornalisti, produttori, conduttori e dirigenti della tivù con sede in Qatar.
Un attacco informatico senza precedenti. Ma Citizen Lab ha anche affermato che era probabile che fosse stata scoperta solo una «minuscola frazione» degli attacchi. L'ultimo sembra aver utilizzato una tecnologia «zero clic»: il che significa che gli obiettivi non avrebbero dovuto fare clic su un collegamento dannoso per essere infettati.
La tecnologia sta diventando «più sofisticata, meno rilevabile», ha evidenziato Citizen Lab. Tamer Almisshal, il giornalista investigativo di Al Jazeera che ha fatto emergere il caso, ha rivelato che il suo cellulare è stato fatto analizzare dopo che erano state ricevute minacce di morte sul telefono utilizzato di solito per chiamare i ministeri degli Emirati Arabi Uniti per raccogliere informazioni.
«Hanno minacciato di farmi diventare il nuovo Jamal Khashoggi», ha raccontato Almisshal. «Così abbiamo consegnato il telefono a Citizen Lab, che ha scoperto che era stato hackerato».
I ricercatori hanno affermato che anche un'altra giornalista, Rania Dridi, presentatrice londinese della rete Al Araby del Qatar, è stata spiata. «Non so come spiegare i miei sentimenti. La tua vita privata non è più privata. Non è stato per un mese, è stato per un anno. Quello che è accaduto ti fa sentire insicuro».
Ha poi aggiunto che credeva di essere stata presa di mira perché si è occupata di argomenti delicati come i diritti delle donne oppure perché uno suo stretto collaboratore è noto per essere un critico duro dei governi saudita ed emiratino.
Ma non è la prima volta che Nso finisce sotto i riflettori. Alla fine del 2018 Omar Abdulaziz, un dissidente saudita vicino al giornalista assassinato Jamal Khashoggi, ha avuto il suo telefono infettato da questo software, utilizzato dalle autorità saudite per spiare le comunicazioni di Abdulaziz con Khashoggi, ucciso e smembrato nel consolato saudita a Istanbul nell'ottobre 2018.
Ma su quanto accaduto ai giornalisti di Al Jazeera, Almisshal è stato molto duro: si tratta di «un crimine contro il giornalismo. Grazie a questo spyware, giornalisti sono stati arrestati, fatti sparire o addirittura uccisi. Khashoggi è solo un esempio».
È evidente che l'Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti continuano a vedere la tivù qatarina come una grave minaccia ai loro interessi. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrein ed Egitto hanno imposto al Qatar un ferreo boicottaggio nel giugno 2017, accusando Doha di sostenere il «terrorismo» e di avere legami troppo stretti con l'Iran.
Queste nazioni hanno rese note 13 richieste per porre fine al blocco, inclusa la chiusura di Al Jazeera. Il Qatar si è rifiutato di soddisfare qualsiasi richiesta che minasse la sua sovranità.
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