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DRAGHI SBATTE CONTE AL MURO: CHIEDENDO LA FIDUCIA L'HA SCHIACCIATO IN UN CUL DE SAC: SE LA POCHETTE DICE NO ALLA RIFORMA CARTABIA, IL M5S DOVRÀ USCIRE DAL GOVERNO, ANDARE ALL'OPPOSIZIONE E ASSISTERE ALLA SCISSIONE DEI ''GOVERNISTI'', ALMENO IL 40% DEI PARLAMENTARI CAPEGGIATI DA DI MAIO, CHE NON VOGLIONO ABBANDONARE LA MAGGIORANZA - SE CONTE DICESSE SÌ ALLA RIFORMA, OLTRE A PERDERE LA FACCIA, POTREBBE RITROVARSI UNA SPACCATURA UGUALE E CONTRARIA NEL M5S: L'ADDIO DEI GRILLINI DURI E GRULLI SEGUACI  DI PATUANELLI, BONAFEDE, TRAVAGLIO, DI BATTISTA ETC. - COME FA SBAGLIA, ANZI SPACCA… E DIRE CHE A LUI E GUIDO ALPA DELLA RIFORMA FREGA POCHISSIMO: GLI INTERESSA RESTARE AL POTERE...

DAGOREPORT

GIUSEPPE CONTE MARIO DRAGHI

Sono le ore dello psicodramma. Lo smarrimento ha spiegazzato la pochette. Il ciuffo catramato è scompigliato dalla tempesta del dubbio: Conte non sa che pesci prendere. La decisione di Mario Draghi di chiedere la fiducia sulla riforma della Giustizia lo ha sconvolto.

 

Schiacciato da Mariopio in cul de sac, l'Avvocato di Volturara Appula ha compreso che come fa, sbaglia. Anzi: come fa, spacca. Cosa? Proprio quel Movimento Cinquestelle in macerie che avrebbe dovuto ricomporre, con uno "statuto seicentesco" (copyright Grillo) e tante buone intenzioni.

 

GIUSEPPE CONTE E MARIO DRAGHI

Se Conte dice no alla riforma Cartabia, dovrà uscire dal governo e andare all'opposizione. Con tutte le conseguenze del caso sulla sua futura agibilità politica: chi, in Europa, gli perdonerà di aver provato a sabotare il governo di Draghi, così amato a Bruxelles?

 

Non solo: dovrà assistere alla scissione dei governisti, Luigino Di Maio in testa, che non hanno alcuna intenzione di abbandonare maggioranza e esecutivo. In più dovrà spiegare agli amati alleati del Partito democratico perché lascia un governo che Enrico Letta ha definito "del Pd".

 

mario draghi marta cartabia 1

Se il travaglio esplodesse e trangugiasse l'amaro calice e dicesse sì alla riforma Cartabia, oltre allo scorno di dover cedere su tutta la linea dopo aver fatto il diavolo a quattro, potrebbe ritrovarsi una spaccatura uguale e contraria nel M5s: l'addio dei duri e puri che guardano a Di Battista e al movimentismo delle origini con annesse accuse di essere un rammollito o, peggio, un leader di cartone.

 

Il suo ''ideologo'', Marco Travaglio, nell'editoriale di oggi sul "Fatto", ha già chiamato alle armi le truppe grilline: "Il dibattito se i 5Stelle debbano restare al governo o uscirne è surreale, perché ci sono entrati con l'impegno a "non andare oltre" l'"accordo raggiunto con Pd e LeU" sulla blocca-prescrizione di Bonafede. Quindi, prima di andare oltre, devono chiedere agli iscritti che senso abbia restare in un governo che non va solo oltre, ma proprio agli antipodi".

 

Di Battista Travaglio

Per scansare il fatale bivio della sua carriera politica, Conte ha telefonato al suo fedele giannizzero nel governo, l'emaciato Patuanelli, e ha strappato un faccia a faccia, lunedì prossimo, con il ministro della Giustizia, Cartabia.

 

Un tentativo in extremis di salvare capra e cavoli, e soprattutto se stesso, provando a spuntare qualche altra concessione. Sogno destinato a svanire, perché la Guardasigilli ha già fatto intendere che prenderà in considerazione solo "piccoli aggiustamenti" su cui, in ogni caso, dovranno esprimersi favorevolmente Lega e Forza Italia. In caso contrario, il testo della riforma andrà in Parlamento così come è stata licenziato dal Consiglio dei ministri, compresi i ministri pentastellati, e salutame 'a soreta.

conte di maio

 

Che poi, a Conte e al suo mentore Guido Alpa, della riforma della Giustizia, frega molto poco. Si sta giocando la pellaccia su una questione che lo "riscalda" relativamente. Non ci sarà qualche allocco convinto che "Giuseppi" non dorma la notte pensando alla prescrizione o alla riforma del processo penale? Il cuore delle sue preoccupazioni è non essere rispedito in un'aula universitaria o in uno studio legale a smazzare pratiche, affari e fascicoli, dopo aver assaporato il dolce nettare del potere.

 

travaglio di maio di battista

Eppure il suo destino è intrecciato alla questione Giustizia. Se la goccia che ha fatto traboccare il Conte-2 fu la relazione sulla giustizia di Bonafede, la sua carriera da leader politico rischia di evaporare sulla riforma Cartabia. E' la maledizione dell'avvocato prestato alla politica: di legge ferisce, di legge perisce.  

 

IO SO CHE TU SAI CHE NON SO

Estratto dell'articolo di Marco Travaglio per il "Fatto quotidiano"

 

conte di maio

Il dibattito se i 5Stelle debbano restare al governo o uscirne è surreale, perché ci sono entrati con l'impegno a "non andare oltre" l'"accordo raggiunto con Pd e LeU" sulla blocca-prescrizione di Bonafede. Quindi, prima di andare oltre, devono chiedere agli iscritti che senso abbia restare in un governo che non va solo oltre, ma proprio agli antipodi. In ogni caso, in un Paese serio, il problema nemmeno si porrebbe perché dal governo sarebbe già uscita la ministra Cartabia. Da due giorni scriviamo che è una bugiarda, perché chiunque sa di giustizia (pm, giudici, avvocati, Dna, Csm) non fa che smentire le sue menzogne al Paese e financo al Parlamento. […]

 

IL PREMIER SCARTA E SI MUOVE DA LEADER COSÌ CONTE È STATO PRESO IN CONTROPIEDE

Fabio Martini per "la Stampa"

 

marta cartabia mario draghi.

Alle cinque della sera, al piano nobile di palazzo Chigi, Mario Draghi ha capito che di minuto in minuto stava materializzandosi il pericolo più grande: dover cambiare la riforma della giustizia penale, far «marcia indietro», avrebbero scritto i giornali, e dunque andare incontro alle prima smagliatura politica del governo in 159 giorni di vita.

 

Le spinte eguali e contrarie dei partiti di maggioranza (ma anche di diversi magistrati) stavano spingendo verso una revisione significativa della riforma e da parte sua la Guardasigilli Marta Cartabia - in quei minuti molto composta ma contrariata - rischiava la delegittimazione. E a quel punto Draghi ha scartato.

MARTA CARTABIA MARIO DRAGHI

 

E ha preso una prima decisione: rinvio del Consiglio dei ministri, fissato per le 17. Riunione, consultazioni e seconda decisione: fiducia sulla riforma. Ha informato della svolta i partiti, a cominciare da Giuseppe Conte: l'ex presidente del Consiglio, preso in contropiede, ha dovuto fare buon viso a gioco cattivo. Il 22 luglio 2021 passerà nella storia del governo Draghi come il giorno nel quale l'ex presidente della Bce ha dovuto assumere, una volta per sempre, un passo da leader politico.

 

giuseppe conte e luigi di maio con la card del reddito di cittadinanza

Richiedendo la fiducia, ma anche pronunciando quella frase potente, scandita in conferenza stampa, quando ha detto che l'appello a non vaccinarsi è «un invito a morire». Frase fortissima che Draghi, a quanto risulta, non aveva programmato di pronunciare e per questo - a differenza della fiducia sulla giustizia - non l'aveva preannunciata ai leader della sua vasta maggioranza. Per la verità quella frase Draghi l'aveva già pronunciata. Diverse volte.

 

CONTE SALVINI

Ma in privato. Perché ne è convinto. Certo, pronunciandola sapeva che avrebbe irritato - e non poco - Matteo Salvini. E infatti, a Consiglio dei ministri finito, il leader della Lega in qualche modo ha finito per "intestarsi" l'invettiva del presidente del Consiglio. Diffondendo una dichiarazione rispettosa ma pungente nel rivendicare che prudenza verso i minorenni non significa coltivare istinti omicidi.

 

marta cartabia mario draghi roberto speranza

Ma per Draghi la "sparata" sui vaccini ha consentito di concludere la difficile giornata con un "pareggio": una botta a destra e una a manca. Prima di affrontare i giornalisti in conferenza stampa, Draghi non aveva pensato di fare la battuta hard sui vaccini, ma deve essere stato il suo "sesto senso politico" a ispirargliela: nelle ore in cui stava dando un dolore ai Cinque stelle (e a Giuseppe Conte in particolare), la "botta" verso destra gli ha consentito un effetto-bilanciamento. In fin dei conti Draghi ha completato la sua giornata con un 1-1, che mette il riparo il governo da attacchi frontali soltanto da un versante.

 

stefano patuanelli matteo salvini giuseppe conte

E infatti Salvini - ferito sulla questione-vaccini - è rimasto soddisfatto dalla decisione di Draghi di mettere la fiducia sulla questione giustizia, un sentimento condiviso anche da Matteo Renzi. Per tutta la giornata di ieri era montata la spinta "revisionista": dopo il compromesso raggiunto l'8 luglio in Consiglio dei ministri sul testo proposto dalla ministra Cartabia, nei giorni successivi il gioco al rialzo dei Cinque stelle aveva consentito a Lega, Forza Italia e Italia Viva di proporre modifiche su questioni significative: pene alternative, abuso d'ufficio, intercettazioni.

 

VIGNETTA KRANCIC - CONTE E TRAVAGLIO

La riforma rischiava di "riaprirsi": un doppio colpo per il governo: d'immagine e in punto di diritto. E così Draghi, tenendo informato il Quirinale non sul merito ma sul metodo, ha deciso per porre la questione di fiducia sulla riforma della giustizia penale, considerata strategica dal governo seppure meno decisiva rispetto alla giustizia civile nella partita-Recovery. Pur lasciando la porta aperta a successive modifiche, Draghi in Cdm ha proposta la formula rituali in questi casi.

 

travaglio conte

Nessuno ha obiettato sulla fiducia e la richiesta è passata all'unanimità. Ora i partiti potranno avanzare proposte di modifica. Limitate e concordate. Ma sapendo che il loro presidente del Consiglio, mite ma "tosto", ha messo sul tavolo la "pistola" carica della fiducia. Un deterrente per chi volesse quelle modifiche significative che cambierebbero l'asse della riforma. Uno scenario che da ieri nessuno prende più in considerazione. -