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MATTEO SALVINI GIORGIA MELONI SELFIE IN PIAZZA
Fabio Martini per “La Stampa”
Per tre lunghi mesi le due destre, quella di Giorgia Meloni e quella di Matteo Salvini, hanno combattuto il più sordo ed intenso conflitto nella storia dei rapporti tra i due partiti, ma dietro le quinte entrambi sono stati sostenuti da due cordate politiche occulte e trasversali per una ragione semplice e forte: attraverso il Copasir - oggi, domani e come sempre - passano dossier assai sensibili, strategici.
Che possono cambiare i destini politici economici e personali di leader, forze politiche e aziende. Nei prossimi due mesi e mezzo, prima della pausa estiva, davanti al Comitato parlamentare predisposto al controllo sui Servizi sono previste almeno due audizioni delicate e ovviamente coperte dal segreto: il sottosegretario ai Servizi, il prefetto Franco Gabrielli dovrà riferire sulla indagine interna all' intelligence sul misterioso incontro in un autogrill tra il leader di Italia Viva Matteo Renzi e un funzionario del Dis, il "capocentro" Marco Mancini, considerato politicamente vicino all' allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte, incontro ripreso con telecamera e trasmesso da Raitre.
Sempre Matteo Renzi sarà al centro di una seconda delicata audizione: dovrà riferire al Copasir circa le accuse da lui stesso rivolte all' ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte (di nuovo in ballo),che avrebbe autorizzato colloqui irrituali nell' estate del 2019 tra i nostri servizi e il procuratore statunitense William Barr.
E se Renzi dovesse portare elementi nuovi, a quel punto il Copasir potrebbe convocare Conte. Un conflitto personale tra i due che sinora - per quel che se ne sa - è stato combattuto con le armi della politica, ma che attraverso l' attività del Copasir potrebbe rivelare aspetti da "guerra sporca". E nei prossimi mesi il Copasir è atteso da tre indagini su questioni strategiche che investono interessi corposissimi: energia (e annessa autonomia), industria della difesa, infrastrutture.
Naturalmente la guerra per il controllo della presidenza del Copasir ha ragioni in buona parte diverse dai dossier in ballo e ha finito per trasformarsi in una guerra tra due trasversalissime cordate politiche: Salvini-Renzi da una parte, Conte-Letta dall' altra, con Meloni che si è trovata sulla "barricata" del centrosinistra.
Da almeno un mese il più delicato organismo del Parlamento italiano viveva in una sorta di "illegalità legalizzata": la presidenza del Copasir spetta per legge, non per semplice prassi, ad un esponente dell' opposizione, ma da quando la Lega era entrata in maggioranza, il leghista Raffaele Volpi aveva rifiutato di dimettersi. Pur di non cedere la presidenza all' esponente di Fratelli d' Italia, il vicepresidente Adolfo Urso.
matteo salvini raffaele volpi simone di stefano
E proprio lui, il "dottor Sottile" di Fdi, anziché con proteste clamorose, ha debilitato Volpi sul piano giuridico, promuovendo documenti e una valanga di pareri di costituzionalisti, di ex presidenti delle Camere e dalla Corte Costituzionale. Un coro che stava fiaccando le difese di Volpi, senza ancora indurlo alle dimissioni.
Ma nella battaglia tra la destra di opposizione (in questo caso sulla trincea della legalità costituzionale) e quella di governo, si sono infilati Pd e Cinque stelle. Lo "scacco matto" su iniziativa di Enrico Borghi, esponente del Pd al Copasir e vicino a Letta: ha annunciato che non avrebbe partecipato più ai lavori, i tre Cinque stelle lo hanno seguito ma non Ernesto Magorno di Italia Viva. A quel punto, dopo i precedenti forfeit di Adolfo Urso e Elio Vito, mancava il numero legale e a Volpi non è restato che arrendersi.
I tempi di riconvocazione del Copasir per l' elezione del Presidente, dipendono dalla tempestività con la quale si muoveranno - dopo settimane "contemplative" - i presidenti delle Camere.
Ma una volta ricostituito il Comitato oltre alle audizioni, da regolamento, del "nuovo" presidente del Consiglio e di sei ministri interessati alla sicurezza del Paese, il Copasir audirà (di nuovo) Conte e il suo portavoce Rocco Casalino sul dossier "pescatori-Libia", ovvero sulle «modalità operative» che portarono allo sblocco del sequestro dei marittimi siciliani.
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