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Anna Maria Greco per "Il Giornale.it"
Domani in Senato potrebbe essere il giorno giusto per la riforma del reato di diffamazione a mezzo stampa.
La commissione Giustizia dovrebbe licenziare, in sede deliberante, il nuovo disegno di legge e consegnarlo alla Camera con la raccomandazione di non fare modifiche. Una norma bipartisan, che per questo potrebbe viaggiare con una certa tranquillità , quella che cancella il carcere per i giornalisti e potrebbe arrivare in tempo per evitare l'esecuzione dei 14 mesi di detenzione (la pena è sospesa per un mese) per il direttore de Il Giornale, Alessandro Sallusti.
Per sciogliere gli ultimi nodi sugli emendamenti, stamattina si incontreranno a Palazzo Madama il sottosegretario alla Giustizia Antonino Gullo e i due relatori del ddl, il presidente della commissione Filippo Berselli (Pdl) e Silvia Della Monica (Pd). Nel pomeriggio la guardasigilli Paola Severino presenterà i pareri sulle modifiche al testo e ci sarà la relazione sugli emendamenti, per votare il giorno dopo. «Se non ci saranno colpi di coda, dopo il tentativo di far andare in aula il testo e allungare l'iter», sottolineano scaramanticamente alcuni senatori interessati, il ddl per fine mese potrebbe essere legge.
«Non ho segnali di altre manovre dilatorie - spiega Berselli - e conto di rispettare la tabella di marcia. Per tornare alla procedura normale ci vogliono 5 voti, ce ne sono 4 e altri indecisi non ne vedo». Rimane da scoprire come sarà , alla fine, la nuova legge. Delicati sono i punti sull'entità delle pene pecuniarie che sostituiscono quella detentiva, le sanzioni disciplinari e quelle per il web. Negli emendamenti si parla di cifre diverse: multa da 5mila a 100mila euro, secondo i relatori, che si raddoppia per i recidivi e una sanzione amministrativa, in caso di mancata rettifica, da 15mila a 25mila euro.
Ma l'emendamento di Caruso (Pdl), ad esempio, prevede minimo 25mila fino a 250mila. Il risarcimento del danno, nell'emendamento Chiti-Gasparri avrebbe un tetto di 50mila euro, ma potrebbe essere cancellato per la pubblicazione della rettifica. Poi, le pene accessorie disciplinari con l'interdizione del giornalista da uno a 6 mesi, che può diventare permanente per il recidivo nel corso di 2 anni. Il Pd Maritati, invece, propone la radiazione dall'ordine con una condanna dello stesso tipo in 5 anni.
Negli emendamenti Chiti-Gasparri c'è poi la proposta della Fnsi di un «Giurì» per provare la conciliazione in caso di lite tra giornalista e lettore. Alcune misure fanno temere che il rimedio possa essere peggio del male. «Credo - spiega il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri - che le sanzioni disciplinari più gravi si debbano applicare non alla seconda condanna, ma dopo più volte. D'altronde, dobbiamo evitare l'eccessiva durezza per i giornalisti, ma tutelare i cittadini». Intanto, l'ex senatore Ds, Carlo Smuraglia, prova ad affossare tutto con un appello di giuristi e giornalisti contro una legge ad personam sulla diffamazione.
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