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Maurizio Molinari per "La Stampa"
Nostro padre in questo momento si trova in grave pericolo, temiamo che la Francia lo consegni nelle mani del dittatore del Kazakhstan, preghiamo le autorità francesi di non farlo». Madina Ablyazov parla dalla Svizzera, dove vive con il marito e dove ha accolto i famigliari fuggiti da Roma il 31 maggio scorso, dopo l'espulsione della madre Alma e della sorellina Adua verso il Kazakhstan. Legge una dichiarazione scritta, redatta assieme al fratello Madiyar.
Il testo che hanno preparato, e il tremore della voce nel leggerlo, descrivono la tensione dell'intera famiglia. «Alle 3 del pomeriggio in Francia nostro padre Mukhtar Ablyazov è stato arrestato» esordisce la figlia. A farglielo sapere è stata «la polizia», che ha anche motivato il provvedimento con «una richiesta di arresto giunta da parte delle autorità dell'Ucraina». Per Madina e Madiyar si tratta di un arresto che stride con il fatto che «nostro padre è legalmente in Francia» ma ciò che più li atterrisce è il mandato emesso dalla giustizia di Kiev.
«Sappiamo che le azioni delle autorità dell'Ucraina avvengono per conto del regime del Kazakistan e perché nostro padre è il maggiore oppositore politico del dittatore Nursultan Nazarbayev» Kiev sta aiutando «il regime che dà la caccia alla nostra famiglia in tutto il mondo». Madina e Madiyar si sentono braccati, perseguitati, temono per i genitori, i fratelli e ancheper se stessi. «Nostro padre si trova adesso in una situazione di grave pericolo» sottolinea Madina eper spiegare cosa significa «pericolo» ricorda che «in passato è stato un prigioniero politico in Kazakhstan, è stato torturato ed è stato oggetto di più tentativi di assassinio».
Lo scenario che i figli hanno davanti in questo momento è il peggiore: Parigi estrada il padre in Ucraina e subito dopo Kiev lo consegna a Nazarbayev, affidandolo a un regime che vuole eliminarlo politicamente. «Abbiamo paura che la Francia consegni nostro padre a Nazarbayev» aggiunge Madina, con la voce spezzata. Non riesce quasi a parlare. Ogni parola è pesante come una pietra: «Mio padre rischia di finire alla mercè del dittatore del Kazakhstan». Ovvero, lei e il fratello rischiano di non poterlo rivedere mai più.
A rendere ancora più asfissiante la situazione per Madina e Madiyar è il fatto che «nostra madre Alma e la nostra sorella minore Alua sono state rapite e trasferite illegalmente dall'Italia al Kazakhstan». Si sentono aggrediti, circondati, con la famiglia decimata dagli arresti orchestrati dal «dittatore del Kazakistan». Da qui l'appello, accorato, alle autorità francesi: «Vi preghiamo, scongiuriamo, di non consentire al Kazakhstan di ottenere nostro padre».
«à un uomo con un alto senso del rispetto e dell'onore, ha lottato per tutta la vita, sacrificando moltissimo per la libertà e la democrazia del Kazakhstan» termina Madina, tornando su ciò che prova in queste ore assieme al fratello Madiyar: «Temiamo per la sua vita, perché l'intento del Kazakhstan di catturarlo è dovuto a motivi esclusivamente politici». Come dire: le accuse a sfondo economico-finanziario che il Kazakhstan adopera per braccare Mukhtar Ablyazov servono in realtà a un disegno tutto politico, il cui vero intento è «eliminare da
MADINAABLYAZOV FAMILYMUKTHAR ABLYAZOV E LA FIGLIA ALUA E LA MOGLIE ALMA SHALABAYEVAnazabaev b NAZARBAYEV CON LA TESTA DEL DISSIDENTE ABLYAZOV
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