
FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA…
Ugo Magri per "la Stampa"
Era talmente attesa, temuta, agognata la notizia della decadenza, che i media di tutto il mondo ne hanno scandito l'ora esatta, verificata con la precisione dell'orologio atomico: le 17, 42 primi, 38 secondi. In quel fatidico istante al Senato il presidente Grasso ha preso atto che Silvio Berlusconi era appena stato espulso dal Parlamento della Repubblica dopo il voto su 9 mozioni del centrodestra, tutte bocciate in rapida successione.
Il Cavaliere non era lì in Aula, a farsi allontanare. Lo è venuto a sapere sotto casa sua, a Palazzo Grazioli, mentre ancora stava stringendo mani, distribuendo baci e abbracci ai partecipanti della manifestazione: sono piovuti gli sms, gliel'hanno comunicato, ha chiesto qualche dettaglio, non è sembrato particolarmente scosso, tantomeno sorpreso. Prima di montare in macchina con la fidanzata Francesca, e di tornarsene a Milano per una cena coi figli mai così solidali, ancora saluti e ringraziamenti per quanti sono accorsi al suo funerale politico. Ma di esequie si è realmente trattato?
Il dubbio è di tutti. Perché un conto sono i simboli (e la decadenza senza dubbio emana un fascino crepuscolare), altra cosa è la telenovela berlusconiana, di cui si annunciano nuove puntate. Quella di ieri, nell'insieme, è apparsa triste e un tantino squallida. Mediocre la disfida a Palazzo Madama, conclusa in un silenzio surreale; smodata la rivalsa del centrodestra.
Al Cavaliere stesso, verso metà giornata, pare sia venuto a noia lo psicodramma collettivo intorno a lui, le prefiche in abito nero (così volevano abbigliarsi certe deputatesse), i ceri e i lumini distribuiti ai passanti, le veglie mortuarie davanti al Senato e addirittura di fronte al Quirinale, dove i più esagitati volevano recarsi salvo recedere in extremis allorché si è appreso che Napolitano era fuori casa, neanche li avrebbe visti...
Berlusconi già guarda avanti. Ieri gli faceva comodo indossare i panni del martire, vittima di comunisti e pm; per cui ha celebrato le esequie di se stesso, oratore funebre e salma al tempo stesso. Ma una volta archiviato il «giorno amaro, di lutto per la democrazia», Silvio è prontissimo a ricominciare. Lo annuncia parlando di sé in prima persona plurale: «Non ci ritireremo in qualche convento, siamo qui e qui resteremo», Aggiunge a titolo esemplificativo, quasi a rincuorare amici e avversari: «Tanto Renzi quanto Grillo sono leader politici senza essere parlamentari... Anche fuori del Parlamento ci si può battere per la democrazia».
Non è un caso che Silvio, dal palco del comizio, abbia strizzato l'occhio ai principali competitor, si sia voluto accostare a loro quasi per dire: anch'io, come quei due, mi aggiungo ai 60 milioni di italiani in guerra contro il Palazzo; pure io non vedo l'ora di mandare a casa il governo Letta e di tornare alle urne...
A un certo punto del discorso (mezz'ora in tutto, pronunciato a braccio perché gli appunti dei suoi strateghi non l'hanno convinto fino in fondo), questa sua voglia di tornare al voto è balzata fuori al grido di «ci rivedremo alla prossima campagna elettorale!». Senza specificare, però, se sarà la campagna per il Parlamento italiano oppure per il Parlamento a Strasburgo, di cui gli importa decisamente meno.
Nell'incertezza, Berlusconi già incomincia a bastonare i «transfughi» del Nuovo centrodestra. Sarà un crescendo rossiniano, scommettono dalle sue parti. Ieri ha gettato Alfano in pasto alla folla dei militanti, non tantissimi in verità (calcolo a spanne: 5 mila metri quadri invasi dalla manifestazione, non potevano starci le 20 mila anime infreddolite che dichiarano gli organizzatori).
Ha detto: «Altri se ne sono andati...», lasciando la frase in sospeso dimodoché dal basso gridassero di tutto contro Angelino, salvo alla fine allargare le braccia: «Accetto questa interruzione, ruvida ma efficace. Ma noi siamo qui, sicuri che non tradiremo mai i nostri elettori». Sorriso a 32 denti da vero Caimano, espulso dal Palazzo, non ancora dal Paese.
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