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Caterina Soffici per "il Fatto Quotidiano"
Ce ne ha messo di tempo per capirlo. Ma ieri finalmente il premier David Cameron, fresco di batosta elettorale da parte degli indipendentisti dell'Ukip, lo ha riconosciuto: "Nigel Farage non è un ragazzotto da pub, ma un politico consumato che ha agito con molta tattica". Non era difficile da capire, visto che con la rielezione di ieri, Farage è al suo quarto mandato consecutivo a Bruxelles (eurodeputato ininterrottamente dal 1999).
Una vecchia volpe della politica, non un volpino di primo pelo, quindi. Ma finora l'establishment inglese lo ha considerato poco più di un pittoresco disturbatore a capo di un gruppuscolo di nazionalisti, che in virtù del sistema maggioritario inglese (vince chi ha la maggioranza più uno dei voti) non è mai riuscito a eleggere neanche un parlamentare a Westminster.
Ma alle europee i voti si contano con il proporzionale e Nigel Farage ha portato la più ampia pattuglia di parlamentari a Bruxelles. I numeri usciti dalle urne europee parlano chiaro: l'Ukip ha vinto le elezioni in Gran Bretagna. Il partito di Farage, antieuropeo, razzista e populista ha totalizzando il 27,49 % dei voti (+10,99). Secondi i laburisti del leader dell'opposizione Ed Milibad con il 25,40 % e solo terzi i conservatori di Cameron (con il 23,93 %), attuale forza di governo con i liberaldemocratici di Nick Clegg, finiti addirittura quinti dietro i verdi. Ora si parla di "terremoto".
Il "ragazzotto da pub" Nigel Farage si è fatto fotografare con i mano ogni sorta di pinta di birra, è vero. A forza di battere pacche sulle spalle degli agricoltori e degli operai nei pub ha catalizzato su di sé tutte le rabbie e le frustrazioni del popolo britannico, già euroscettico di suo e adesso terrorizzato dalla globalizzazione, dall'immigrazione e dalla perdita di sovranità nazionale. In certe zone del Galles, da poche migliaia di voti che aveva, è diventato il primo partito e ha battuto i laburisti in molte loro roccaforti.
Così se il vero vincitore è Farage, gli sconfitti sono tanti. I conservatori hanno perso consensi e qualche seggio, ma la vera delusione è il Labour, che distanzia i conservatori solo di un punto. Un po' poco per pensare di vincere le politiche l'anno prossimo. A parte un'ottima performance a Londra, dove ha raddoppiato i consensi e i parlamentari (da 2 a 4), per il resto è rimasto a guardare senza riuscire a frenare né intercettare la marea antieuropea dell'Ukip.
Il più lucido, al solito, è l'ex premier laburista Tony Blair che in una intervista alla tv svedese ieri ha commentato: "Sarebbe da folli non temere l'Ukip. à espressione di paura, non fonte di soluzioni". Più colorito il sindaco di Londra, Boris Johnson, che eccentricamente cita "la rivolta di Wat Tyler".
Al che tutti sono andati a cercare chi fosse costui: un capopopolo medievale che giudò la protesta dei contadini contro la servitù della gleba.Ora lo sguardo è puntato al voto di settembre sull'indipendenza della Scozia (dove i nazionalisti hanno comunque avuto un buon risultato) e verso le politiche del 2015. Farage è convinto di riuscire ad espugnare la cittadella di Westminster e diventare l'ago della bilancia della futura politica britannica.
Missione: portare l'Uk fuori dall'Ue. Cameron sta già correndo ai ripari e ieri ha dichiarato alla Bbc: "Il messaggio è chiaro: profonda delusione verso l'Europa. Il mio partito proporrà un piano per rinegoziare i trattati". Ha anche ribadito la promessa di indire un referendum pro o contro l'Europa da tenersi entro il 2017. Cosa che i laburisti non appoggiano e che potrebbero pagare cara.
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