DAGOREPORT - SUL PIÙ TURBOLENTO CAMBIO D'EPOCA CHE SI POSSA IMMAGINARE, NEL MOMENTO IN CUI CRISI…
VIDEO DELL'INTERVENTO DI DE LUCA ALLA DIREZIONE DEL PD
Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Silenzio, parla De Luca: in tv, alla radio, in direzione, dovunque. E a quel punto sembra che dalle nubi della politica trapeli un bagliore in egual misura inconfutabile e inquietante: gli italiani si vogliono divertire.
VINCENZO DE LUCA - MATTEO RENZI
Quasi tutti e a ogni livello. Così l’altro giorno, al Nazareno, dal primo istante in cui ha preso la parola, si capiva benissimo che in sala, da Renzi in giù, dominava la più curiosa e impaziente attesa di qualche sparata.
Quando intorno al quinto minuto, in stentoreo crescendo De Luca ha lamentato che «neppure Totò Riina» era stato attaccato come lui, si sono sentite chiaramente delle risate, per lo più femminili.
Al nono, d’altra parte, sempre lagnandosi dell’altrui ingiustizia, si è rivolto platealmente al segretario-presidente — «statte accuorto! » — iniziando a gigioneggiare tra gli applausi. Tòctòc , ha provato allora a richiamarlo il presidente dell’assemblea, tempo scaduto, ma lui: « Orfì’, — gli ha risposto con pronta e schifata sopportazione — dammi due minuti!», «Tanto te li prendi lo stesso!» è stato l’ameno commento del benevolo presidente, con il che l’oratore ha continuato a darci dentro, dal «noi di Napoli siamo gente creativa» al rock duro, fino allo slogan della vittoriosa, ma forse inutile campagna elettorale: «A testa alta».
VINCENZO DE LUCA A SECONDIGLIANO
Il giorno dopo, cioè ieri, molti avrebbero titolato: «Show di De Luca» — e in parte lo era davvero, uno show. Ma anche perché ormai lo è sempre, essendo il suo protagonista divenuto una maschera, categoria su cui esiste un’antica e vasta letteratura.
Il punto però, e neppure secondario, è che mai come nel caso di De Luca e della sua maschera lo spettacolo piace, lava, paga, distrae, schiva le scabrose scadenze in arrivo, sovverte i processi razionali, impone in qualche modo buio e silenzio su diverse questioni scomode tipo l’atteggiamento che il Pd dovrebbe tenere sulla permanenza di Rosy Bindi all’Antimafia, sul progetto appena annunciato di condonare qualcosa come 80 mila immobili abusivi in Campania o su ciò che può succedere a Santa Lucia, sede del Governatore, quando scatterà la legge che gli impone di ritirarsi.
crozza come vincenzo de luca a piazzapulita
Ma nel frattempo quante battute, quante risate! E quanti fans, quanti gruppi di ascolto, quanti video su Yoube che gli utenti variamente intitolano: «Imperdibile De Luca», «De Luca contro tutti», «De Luca vs everyone», «Sceriffata preelettorale », o anche, secondo una citazione di Totò fatta propria dall’ex sindaco in una delle sue invettive: «Caldoro, fatti un’altra risatina in faccia a questa pipa!».
Ecco, può anche accogliersi come un segno di resa, ma nelle sue analisi forse l’odierno giornalismo politico deve soffermarsi sulle imitazioni di Crozza, che pure sembra aver lavorato su De Luca per sottrazione perché l’originale è troppo. Eppure, o forse è proprio vedendole che il soggetto si è massimamente autocompiaciuto: «Una performance straordinaria, mi ha creato una crisi d’identita, cazzo, mi sono ritrovato come riflesso in uno specchio...”.
ENRICO LETTA E VINCENZO DE LUCA
Come tutto questo operi sui destini collettivi è una faccenda già più complessa da impostare che da delineare. Ma nel vigente regime degli spettacoli, così come nell’immaginario che domina le rappresentazioni, l’ipotesi è che il successo di De Luca derivi dal suo incarnare al massimo livello, assommandoli in sé, caso più unico che raro, tutti e due i generi per così dire letterari e nazionali: la commedia e il melodramma.
MATTEO RENZI E VINCENZO DE LUCA
Quest’ultimo — «la malattia melodrammatica» italiana,secondo Gramsci — da intendersi non tanto come fonte di storie lacrimose, quanto di personaggi che ostentano, con passioni arroventate e registro spinto all’eccesso, la virtù vittimistica della più stentorea e sprezzante indignazione. Che Crozza, d’altra parte, rende al suo massimo professionale, all’apice del pop.
Il problema è che quando il pop è davvero potente si mangia tutto il resto. Indifferente al vero, schiacciato sull’oggi, aperto all’inconscio, al mito, al rito (vedi i video sui trionfi della Salernitana calcio) lo show di De Luca cerca il coinvolgimento più che la persuasione e finisce per trasformare il conflitto in una specie di rappresentazione agonistica. Così, invece di abbattersi dinanzi ai tanti, ai troppi problemi, ci si diverte rimirando quella faccia feroce, quella voce possente, quella parola che fa colpo, il gioco insomma del potere — fermo restando che prima o poi, Governatore o meno che sia, arriva sempre qualcuno a fischiare la fine della ricreazione.
MATTEO RENZI E VINCENZO DE LUCA
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