MONTI E GRILLI, I PARAGURI DEI POTERI MARCI: SÌ ALLA CASSA, NO A FINMECCANICA

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Massimo Giannini per "la Repubblica"

A due mesi esatti dal voto del 24-25 febbraio, nel vuoto pneumatico del governo e nel caos entropico della politica, c'è un'istituzione che marcia indisturbata verso la «meta», per altro ignota ai più. Quell'istituzione è la Cassa depositi e prestiti, forse l'ultima vera cassaforte rimasta in un Paese impoverito come l'Italia. La scorsa settimana, a sorpresa, il vertice della Cdp è stato confermato in blocco dagli azionisti, cioè il Tesoro e le fondazioni bancarie.

Dunque lunga vita a Franco Bassanini, presidente, e a Giovanni Gorno Tempini, amministratore delegato. Navigatori di lungo corso, che hanno solcato indomiti i mari tremontiani e quelli montiani, e che ora si preparano ad affrontare anche i marosi del governo che verrà, se e quando verrà. La continuità è importante, per un istituto che custodisce oltre 220 miliardi di risparmi postali degli italiani, usufruisce di un utile di quasi 3 miliardi e distribuisce un dividendo di circa 1 miliardo.

E lo è ancora di più per un istituto che è ormai diventato e può ancora di più diventare un ingranaggio essenziale nel meccanismo di gestione della politica industriale e di trasmissione delle risorse all'economia reale. Due esempi di questa fase, per capirci. Il primo: la Cdp è al centro del discusso progetto di scorporo della rete Telecom, che oltre a quella per la banda larga o ultralarga potrebbe presto portare alla costituzione di una holding di tutte le reti infrastrutturali del Paese.

Il secondo: la Cdp è uno dei rubinetti essenziali attraverso cui potrebbe scorrere almeno una parte dei 40 miliardi di debiti commerciali che la Pubblica amministrazione si prepara a rimborsare alle imprese private. Dunque, è utile che questi delicati dossier siano affidati a mani sicure, che conoscano la fase istruttoria per poi realizzare al meglio quella esecutiva. Ma nella scelta compiuta dal governo Monti c'è una contraddizione oggettiva, che merita qualche riflessione e, ancora di più, qualche spiegazione.

Nella stessa settimana in cui l'azionista pubblico riconferma senza un attimo di esitazione i vertici della Cassa depositi e prestiti, decide invece di non decidere nulla su quelli della Finmeccanica, temporaneamente affidata alla «cure» di Alessandro Pansa dopo l'arresto di Giuseppe Orsi il 12 febbraio. La motivazione colpisce: è più giusto che a decidere chi dovrà guidare il colosso malato della difesa sia il prossimo governo.

Dunque, tutto rinviato alla prossima assemblea, che si svolgerà a giugno. Come si diceva un tempo nel salotto televisivo di Arbore, una domanda sorge spontanea: perché il principio si applica a Finmeccanica e non alla Cdp? Non è in gioco la fiducia verso Bassanini e Gorno Tempini, amministratori rispettabilissimi. Si tratta solo di capire se c'è un metodo, nella follia dello Stato Padrone.

 

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