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I VENTI DI RECESSIONE MINACCIANO L’ITALIA - I DAZI FERMANO LA RIPRESA: BANKITALIA TAGLIA LA CRESCITA ALLO “0,6%” DOPO LE TARIFFE INTRODOTTE DA TRUMP E LA SPINTA DEL PNRR RISCHIA DI FARSI DEBOLE PER I RITARDI DEL PIANO CHE NON RIESCE A INCIDERE SULL’ECONOMIA REALE - L’ITALIA DOVRÀ IMPIEGARE 130,5 MILIARDI ENTRO IL 2026, PIÙ DI SETTE VOLTE LA SPESA MATURATA L’ANNO SCORSO. IL COMMISSARIO UE DOMBROVSKIS HA INVITATO A ELIMINARE I PROGETTI IN BILICO E A SOSTITUIRLI CON ALTRI REALIZZABILI ENTRO LA SCADENZA DEL RECOVERY - MA IL RINVIO DEI PROGETTI AVREBBE UN EFFETTO NEGATIVO SULLA CRESCITA: L’IMPATTO DEL PNRR SUL PIL POTREBBE RISULTARE PIÙ FIACCO E QUINDI...
I VENTI DI RECESSIONE MINACCIANO L’ITALIA - I DAZI FERMANO LA RIPRESA: BANKITALIA TAGLIA LA CRESCITA ALLO “0,6%” E IL PNRR
giorgia meloni tommaso foti - foto lapresse
(LaPresse) - Bankitalia stima in “oltre mezzo punto percentuale” di prodotto interno lordo, nell’arco di tre anni, l'impatto dei dazi introdotti da Donald Trump. Questo ha portato gli economisti di Via Nazionale a tagliare le stime di crescita per il nostro Paese: quest’anno, quindi, il Pil dovrebbe aumentare dello 0,6% (due decimi meno rispetto alle previsioni di dicembre), dello 0,8% nel 2026 (tre decimi meno) e dello 0,7% nel 2027 (due decimi meno).
L'agenzia di rating Fitch, tuttavia, ha confermato per l’Italia il rating a 'BBB' con outlook positivo, sostenendo che il nostro Paese sia in grado di resistere all'ondata dei dazi. "Il giudizio dell'agenzia di rating Fitch testimonia l'operato del governo", ha commentato il ministro dell'Economia Giancarlo Giorgetti.
PNRR, I RITARDI FRENANO LA CRESCITA. L’UE: “VIA I PROGETTI IMPOSSIBILI”
Estratto dell'articolo di Giuseppe Colombo per la Repubblica
RAFFAELE FITTO - GIORGIA MELONI
La spinta del Pnrr alla crescita rischia di farsi debole. Un problema per la domanda interna che invece è chiamata a correre più del previsto a causa dei dazi americani che limiteranno il contributo dell’export. A impattare negativamente sulla leva del Piano nazionale di ripresa e resilienza sono i ritardi.
Muove proprio da qui l’ultimo rapporto dell’Osservatorio Pnrr di The European House-Ambrosetti per misurare gli effetti al ribasso sul Pil: «La capacità di Next Generation Eu di incidere sul tessuto economico europeo – si legge in un passaggio del documento – è inevitabilmente legata alla capacità di realizzazione e di spesa: ulteriori ritardi nelle implementazioni si ripercuoteranno su un’ulteriore riduzione dell’impatto sulla crescita ».
PAOLO GENTILONI VALDIS DOMBROVSKIS
L’alert ha un respiro europeo, ma «la situazione italiana» – recita lo studio – è «esemplificativa di come Next Generation Eu non sia riuscito a tradursi pienamente in impulso all’economia reale». E questo perché «nonostante una situazione che, almeno sulla carta, sembra avanzata», con il 43% degli obiettivi raggiunti, a dicembre 2024 erano stati spesi solo 63,9 miliardi su un totale di 194,4. Appena 18,3 nell’ultimo anno. Significa che Roma dovrà impiegare 130,5 miliardi in un anno e mezzo, oltre sette volte rispetto a quanto speso nel 2024.
VALDIS DOMBROVSKIS ALLA TSINGHUA UNIVERSITY DI PECHINO
Un impegno che appare oramai fuori tempo massimo, al punto che la Commissione europea è arrivata a raccomandare ai Paesi membri di «valutare i Pnrr in modo critico e, se ci sono progetti d’investimento che non possono essere completati entro la scadenza di agosto 2026, anche ad adeguare i loro piani».
Il monito del commissario Ue all’Economia, Valdis Dombrovskis, è andato anche oltre. Ha invitato a eliminare i progetti in bilico e a sostituirli con altri realizzabili entro la scadenza del Recovery, oppure a dividerli in due per poi finanziare «ciò che manca con altri strumenti Ue o del bilancio nazionale». Soluzioni a cui guarda anche il governo italiano, come anticipato a Repubblica dal ministro per il Pnrr, Tommaso Foti, che ha messo sul tavolo l’idea di spostare alcuni investimenti dal Piano alla Coesione.
Il travaso garantirebbe fino a quattro anni e mezzo in più per completare le opere in ritardo. E diminuirebbe l’impatto sul debito perché verrebbero definanziati anche i progetti che oggi sono alimentati con i prestiti Ue, a fronte di un rifinanziamento con i fondi di coesione che hanno la forma delle sovvenzioni. Ma il rinvio dei progetti da una programmazione all’altra avrebbe anche un effetto negativo sulla crescita: l’impatto del Pnrr sul Pil potrebbe risultare più fiacco.
tommaso foti guido crosetto foto lapresse
TOMMASO FOTI - LAPRESSE - 1
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