KIEV CE L’HA FATTO FARE - L’UCRAINA È COME LA GRECIA: È A UN PASSO DAL DEFAULT - L’INFLAZIONE È ALLE STELLE, LA PRODUZIONE INDUSTRIALE È CROLLATA DEL 21% IN UN ANNO E IL PIL È SCESO DEL 15% - PER SOPRAVVIVERE SERVONO I PRESTITI DEL FMI

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Ugo Bertone per “Libero quotidiano”

 

razzi su mariuopol in ucraina cadaveri per stradarazzi su mariuopol in ucraina cadaveri per strada

Nei supermarket di Kiev i dolci non si vendono più a peso, ma a numero. «Così», spiega Olesia Verchenko, economista ma anche massaia, «l’inflazione fa meno paura». Eppure gli scaffali sono pieni di merce, magari a sconto: la pubblicità avverte che gli avocado, ad esempio, sono offerti con uno sconto del 25%. «Ma anche così costano più del doppio di un anno fa», replica la signoa Olesia, esperta di derivati oltre che di borsa della spesa. «A questi prezzi non si li può permettere quasi nessuno».

 

settimana della moda in ucrainasettimana della moda in ucraina

Così come una tavoletta di cioccolato marca Roshen: un anno fa costava 80 hryvnia, la valuta locale. Oggi ce ne vogliono 203. Ancor più grave la situazione sanitaria: i farmaci, in meno di un anno, sono triplicati di prezzo mentre i salari, per i fortunati che hanno un lavoro (salario medio 186 dollari) sono rimasti gli stessi. Anche così si può misurare l’emergenza nella patria della rivoluzione arancione, sotto il tiro delle milizie filorusse e, pericolo non minore, da una crisi economica devastante.

 

E che rischia di riguardarci molto da vicino. «Il pericolo più grave per l’Unione Europea», scrive Wolfgang Munchau su Financial Times, «non riguarda la Grecia. L’uscita dall’euro di Atene sarebbe un brutto colpo per la credibilità dell’Unione e per la moneta unica ma, a lungo andare, il sistema potrebbe tenere e magari rafforzarsi. Ben diverso il caso dell’Ucraina: il collasso di Kiev segnalerebbe al mondo che la Ue è del tutto incapace di difendere i propri interessi».

ordossi pregano tra manifestanti e polizia in ucrainaordossi pregano tra manifestanti e polizia in ucraina

 

Così uno dei più autorevoli commentatori delle questioni europee ci introduce ai dieci, terribili giorni che possono decidere in futuro finanziario dell’Ucraina, un fronte meno drammatico ma non meno importante per il Paese sotto la pressione di Mosca ma anche di una crisi economica profondissima: tasso di inflazione al 35%, produzione industriale sotto del 21% rispetto a un anno fa, prodotto interno lordo giù del 15%.

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In questa cornice, per sopravvivere il Paese ha vitale bisogno che l’Occidente, a partire dal Fondo Monetario conceda nuovi prestiti, almeno altri 17,5 miliardi di dollari da aggiungere ai 25 in essere. Ma per concedere il via libera, il Fondo pretende che Kiev, entro il 15 giugno, concluda un accordo con gli altri suoi creditori, per un totale di 15 miliardi. Altrimenti, l’Fmi su cui grava già l’incognita della mancata restituzione dei debiti di Atene, non potrà assumersi un nuovo rischio.

 

Di fronte al problema, il presidente Piotr Poroshenko, uno che, alla faccia della povertà dei suoi cittadini, si è aumentato quest’anno lo stipendio di sette volte, ha chiesto e ottenuto l’approvazione di una legge che lo autorizza, in caso di emergenza, a non pagare i debiti. Una sorta di pistola puntata contro i creditori che, qua e là con profitto, hanno speculato sui bond dell’Ucraina oggi quotati poco sopra la metà del valore nominale: o accettano un brusco taglio al dovuto, oppure vedranno sfumare i propri quattrini.

ucrainaucraina

 

I Big della finanza, che avanzano quasi 9 miliardi di dollari, hanno già risposto picche: si può prolungare la durata del debito fino al 2029 e si possono pure tagliare gli interessi, ha detto a nome di tutti Franklin Templeton, il creditore principale. Ma accettare un taglio secco del dovuto, proprio no, anche perché, una volta avviate le riforme finora osteggiate dai boiardi (fidi sostenitori del presidente Poroshenko che è pure industriale) l’Ucraina potrebbe risollevarsi.

corteo a mosca per la pace in ucraina 6corteo a mosca per la pace in ucraina 6

 

Non la pensa così il ministro delle Finanze, l’economista Natalie Jaresko, di scuola (e di nascita) americana che ha cercato, la scorsa settimana, di convincere i banchieri occidentali che l’Ucraina non potrebbe far fronte a un fardello di debiti, seppur scontati, destinati a durare nel tempo. Le condizioni del Paese sono così disperate, ha detto, che senza un taglio secco, la bancarotta rischia di essere inevitabile, con effetti devastanti sia per la tenuta dell’Ucraina alle prese con la pressione di Mosca che, ancor prima, per le riforme appena avviate dal governo di Arseny Yatseniuk.

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Per non parlare dell’ipoteca finanziaria di Mosca, che non ci pensa affatto ad alleviare gli oneri di Kiev. L’Ucraina, infatti, non solo è fortemente indebitata con la Russia per la bolletta del gas (che non ha pagato), ma il secondo detentore dei bond di Kiev, per un importo di 3 miliardi, è il fondo sovrano moscovita, cassaforte delle entrate petrolifere del Cremlino. È ironia della sorte, un’eredità dei tentativi di Putin di sostenere nel dicembre di due anni fa il traballante governo di Yanukovitch. Nel frattempo il regime è caduto, ma i debiti sono rimasti. Insomma, per uscire dal tunnel e sperare che l’Ucraina se la cavi esiste una sola medicina: pagare.

putin e poroshenko con ashton e nazarbayevputin e poroshenko con ashton e nazarbayev