DEI DELITTI E DEI PENATI - MI IMBUSTI IL PD? 3 TRE MILIONI DI BUSTARELLE ALL’EX SEGRETARIO DI BERSANI: LO RACCONTA AI GIUDICI L’ASSISTENTE DI DI CATERINA

Vai all'articolo precedente Vai all'articolo precedente
guarda la fotogallery

Sandro De Riccardis per "la Repubblica"

«Di Caterina mi dava i contanti e mi diceva di preparare le buste coi soldi. Mi chiedeva di prepararle a volte da duemila euro, a volte da cinque o diecimila. Una volta, da cinquantamila». A ribadire in dibattimento quanto aveva messo già a verbale di fronte ai pm di Monza Franca Macchia e Walter Mapelli, è Maria Giulia Limonta, direttrice amministrativa della Caronte, la più stretta collaboratrice di Di Caterina, il grande accusatore del "Sistema Sesto", l'inchiesta chUe ha travolto l'ex presidente della provincia di Milano Filippo Penati.

Dalle dichiarazioni dell'imprenditore del trasporto pubblico locale, è nata l'inchiesta sul giro di presunte tangenti per la riqualificazione delle aree ex Falck a Sesto San Giovanni e sulla supervalutazione della quota dell'autostrada Serravalle acquistata dalla Provincia di Milano dal gruppo Gavio.

Nel dibattimento in svolgimento a Monza, Limonta conferma le accuse del suo capo e chiama in causa direttamente Filippo Penati, che è stato anche capo della segreteria di Pierluigi Bersani. «Facevo quello che mi diceva Di Caterina - ha dichiarato ieri in aula - preparavo le buste su cui venivano indicati i nomi di battesimo o che comunque indicavano un destinatario. Le ho preparate tantissime volte. E per tre, quattro o cinque volte le ho portate nella sala riunioni della nostra azienda, quando Di Caterina era con l'ex presidente Penati». Per la donna, «in tredici anni, dal 1996 abbiamo pagato dai tre e i tre milioni e mezzo a Penati».

Nel processo che si celebra a Monza l'ex sindaco di Sesto San Giovanni è imputato insieme ad altre sei persone, tra cui il suo capo di gabinetto in Comune a Sesto e in provincia, Giordano Vimercati; l'ex manager del gruppo Gavio, Bruno Binasco; l'architetto Renato Sarno, definito dai pm monzesi il «collettore delle tangenti » di Penati; Antonino Princiotta, segretario generale della provincia di Milano. Imputato lo stesso Piero Di Caterina e Norberto Moser, ammini-stratore delegato di Codelfa, società dei Gavio.

In aula, ieri, anche Penati, assistito dai suoi legali Nerio Diodà e Matteo Calori. Accusato
di corruzione e finanziamento illecito ai partiti - le ipotesi di concussione per la riqualificazione delle aree Falck sono state dichiarate prescritte nei mesi scorsi - ha smentito la ricostruzione dell'accusa. «Di Caterina ha contribuito con importi modesti, solo fino al 2001, per la mia attività locale a Sesto.

Niente a che vedere con le cifre che ho sentito in udienza - si è difeso il politico -. Per il finanziamento di cinquantamila euro abbiamo dimostrato in dibattimento che si tratta di denaro uscito da una società di Di Caterina e incassato da un'altra».

Al centro dell'esame dei testimoni, la controversia amministrativa sul Sitam, il Sistema integrato trasporti milanese, l'ente che gestisce i soldi incassati dalla vendita dei biglietti degli autobus tra Milano e l'hinterland e dal quale Di Caterina pretendeva maggiori versamenti per la sua Caronte. Proprio perché non vedeva soddisfatte le sue richieste, e soprattutto perché non otteneva la restituzione del denaro "prestato" a Penati negli anni, Di Caterina si decise nel 2010 a vuotare il sacco coi magistrati.

 

penati bersani bersani penati PENATI BERSANIPIERO DI CATERINAbeniamino gavioGIORDANO VIMERCATIGiordano Vimercati