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CHI FA IL PIANO VA SANO E VA LONTANO – L’ITALIA DEVE CORRERE SUL RECOVERY PLAN: LO HA CONFERMATO IL MINISTRO DANIELE FRANCO CHE ANCHE SE HA PARLATO DEL “BUON LAVORO” FATTO DAL GOVERNO CONTE HA FATTO CAPIRE CHE I PROGETTI SCRITTI DA “GIUSEPPI” E COMPAGNIA VANNO RISCRITTI - LA DOTE SARÀ 191,5 MILIARDI E IL SUO IMPATTO SUL PIL POTREBBE SUPERARE IL 3%

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Paolo Baroni per "La Stampa"

 

Il Recovery plan, secondo le ultime stime, potrà contare su una dote di 191,5 miliardi anziché i 196 di cui si parlava nelle settimane (con una prima tranche di fondi in arrivo già entro l'estate) e il suo impatto sul Pil potrebbe superare il 3% stimato finora. Ma i tempi, avverte il ministro dell'Economia Daniele Franco, «sono stretti»: il governo ha a disposizione meno di due mesi per finalizzare il Piano di ripresa e resilienza e il lavoro da fare è davvero tanto.

GIUSEPPE CONTE PAOLO GENTILONI ROBERTO GUALTIERI

 

«Per il nostro Paese il Piano Next Generation EU è una occasione molto importante. Rende possibile affrontare in modo coordinato e con rilevanti mezzi alcuni problemi strutturali che affliggono la nostra economia da tempo», come bassa crescita, occupazione e temi come Sud, giovani e disparità di genere.

 

Ma questo richiede di «focalizzare molto bene gli investimenti» e di «completare e dare concretezza» ai programmi.

 

daniele franco

Le missioni e le riforme

Il titolare del Mef si presenta per la prima volta in Parlamento davanti ai rappresentanti di sei diverse commissioni di Camera e Senato (Finanze, Bilancio ed Affari europei), e dopo aver superato prima un guasto tecnico e poi le proteste di Fratelli d'Italia per il contingentamento dei tempi, fa il punto della situazione.

 

Confermando innanzitutto il «buon lavoro» fatto dal governo Conte e le sei missioni già individuate (digitalizzazione, transizione ecologica, infrastrutture, scuola e cultura, disparità di genere e salute) oltre alla necessità di rafforzare il piano puntando su precisi obiettivi strategici.

mckinsey

 

Quanto alle riforme, avanti con pubblica amministrazione, giustizia e semplificazione normativa; mentre quella del Fisco, che resta una «priorità» del governo, «non può essere affrontata» nel Pnrr. L'opera, «alquanto complessa», che il governo ha di fronte non solo richiede una governance «robusta», ma impone anche un vero e proprio «cambio di passo», visto il modesto utilizzo fatto in questi anni dall'Italia dei fondi europei.

 

Di qui la necessità di avviare «un deciso rafforzamento delle strutture tecniche ed operative»: al Mef, a cui spetta il ruolo di coordinamento coi vari ministeri, ha spiegato Franco,è già stato costituito un gruppo di lavoro composto da 50 persone impegnate a tempo pieno sul Pnrr, destinate a breve a crescere di numero.

 

daniele franco

Poi ci sarà una unità di audit indipendente, «responsabile delle verifiche sistemiche, a tutela degli interessi finanziari dell'Ue e della sana gestione del progetto», e presidi a livello dei singoli ministeri con funzioni di controllo e di monitoraggio.

 

In meno di due mesi l'Italia dovrà consegnare un piano «coerente e ben disegnato» e «dovremo assicurarci che i progetti di riforma e investimento siano effettivamente completati nei tempi previsti dal Piano», ha spiegato ancora Franco avvisando che a fronte di «tempi molto stretti», «non possiamo permetterci battute d'arresto».

MARIO DRAGHI MCKINSEY

 

Il «caso» McKinsey

Il ministro non ha risposto alle domande sui singoli settori, «per non invadere il campo degli altri colleghi», ma invece è tornato sulle polemiche legate all'incarico assegnato ai consulenti di McKinsey assicurando che «il contratto, che era già aperto, riguarda aspetti metodologici nella redazione del piano più editoriali che di sostanza, per cui non c'è alcuna intromissione nelle scelte». E comunque «nessuna struttura privata prende decisioni o ha accesso a informazioni privilegiate o riservate» nella definizione del Recovery plan.